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Giacomo Puccini Manifesto. A Lucca, pubblicità e illustrazione oltre l’opera lirica
Mostre
«In un momento storico come il nostro, che vede la comunicazione in tutte le sue forme al centro del vivere sociale, la mostra si pone come un importante compendio sull’impatto culturale del grande artista sul suo tempo, sul racconto della musica come linguaggio universale e su come Puccini attraverso la sua modernità è divenuto un simbolo della sua terra nel mondo» ha dichiarato il sindaco di Lucca Mario Pardini all’apertura di Giacomo Puccini Manifesto. Pubblicità e illustrazione oltre l’opera lirica, la mostra che raccoglie 100 manifesti originali e racconta per la prima volta il rapporto tra il compositore e il cartellone pubblicitario.
La mostra, organizzata dal Comune di Lucca e sviluppata da Lucca Plus, è inserita nel calendario ufficiale del Comitato Nazionale per le Celebrazioni pucciniane, patrocinata da Ministero della Cultura, Comitato nazionale per le celebrazioni pucciniane, Direzione regionale Musei Veneto, Museo Nazionale Collezione Salce, Musei Italiani, Fondazione Giacomo Puccini, Puccini Museum-Casa natale, Teatro del Giglio, Provincia di Lucca, Associazione Lucchesi nel Mondo, Camera di Commercio Toscana Nord-Ovest, Associazione Italiana Archivi e Musei d’Impresa, Aci Lucca, Associazione Civiltà del Tabarro. Main sponsor è Enel, sponsor tecnico Martinelli Luce. Media partner è Rai Cultura.
Quattro atti – per ricordare la struttura dell’opera lirica – scandiscono il percorso espositivo che racconta, spiega il curatore Simone Pellico «il Maestro ad ampio spettro: la sua opera, le sue passioni, la sua epoca e la sua vita, che si apre e si chiude in un parallelismo costante con la storia del cartellone pubblicitario». Dalle opere liriche, quindi, e più precisamente dal manifesto di Edgar, primo manifesto in Italia, a quello di Turandot, la mostra muove, indagando, «i legami personali di Puccini con cartellonisti importanti, la sua passione per la velocità e la tecnologia e i suoi rapporti da ‘testimonial’ per marchi storici dell’industria italiana. Sono esposti cento manifesti storici della Collezione Salce, la più grande d’Italia, insieme alle opere contemporanee di Riccardo Guasco, eccellenza italiana dell’illustrazione. Una mostra quindi che non guarda solo al passato, come si addice al sempre attuale Puccini», conclude il curatore.
Da Edgar a Turandot, nel primo atto, testimoniano una parte importante della storia del manifesto lirico, primo settore in Italia in cui si è sviluppato il cartellone pubblicitario: l’Italia, infatti, si affaccia al manifesto pubblicitario solo sul finire dell’800, e la grafica, proprio nel settore lirico, aveva già avuto il suo rodaggio negli avvisi d’opera e negli spartiti. L’era pucciniana coincide con una fase di espansione, in cui si prepara il salto di qualità del manifesto lirico, attraverso l’opera della squadra di illustratori che Ricordi mise a servizio completo della produzione cartellonistica. Sono proprio Edgar (1889), all’inizio, e Turandot (1926), alla fine del percorso, a segnare i limiti di un discorso critico intorno al manifesto storico in mezzo al quale si svolge la vicenda del manifesto lirico. In questo atto sono esposti altri cartelloni legati a opere di Puccini marcano passaggi fondamentali: Manon Lescaut di Vespasiano Bignami, Tosca di Hohenstein, Madama Butterfly – doppio manifesto che segna il passaggio di testimone, all’interno delle Officine Ricordi, tra l’illustratore di origine russa e Leopoldo Metlicovitz – e La fanciulla del West di Giuseppe Palanti.
«Qui finisce l’opera perché a questo punto il maestro è morto», celebre citazione di Arturo Toscanini (Milano, La Scala, 25 aprile 1926), segna il passaggio all’atto II, “Oltre Puccini”, che offre uno sguardo più approfondito sugli autori dei manifesti delle opere di Puccini. Tra loro Adolf Hohenstein, vero padre nobile del manifesto italiano, pittore, pubblicitario, illustratore, scenografo e figurinista, che fu il primo direttore artistico di Casa Ricordi, a cui giunse insieme a Puccini per una collaborazione ventennale. Ma anche Leopoldo Metlicovitz, che prima affiancò Hohenstein e poi gli succedette: entrò in Ricordi nel 1892 come direttore tecnico e divenne cartellonista nel 1896. Questo Atto II ci dà dimostrazione visiva di come Hohenstein e Metlicovitz scardinarono l’ottocentesco, e spesso ridondante, descrittivismo di immagine+testo in favore di una nuova forma espressiva rappresentata dall’avviso figurato: un manifesto artistico che, grazie anche all’avvento della tecnica cromolitografica, già si era conquistato ampio spazio autonomo fuori d’Italia e soprattutto in Francia.
Dopo di loro, fu Giuseppe Palanti, allievo di Vespasiano Bignami – tra i fondatori della Famiglia Artistica Milanese, associazione nata con lo scopo di agevolare interazioni tra artisti e intellettuali di differenti genere ed estrazione – ed erede del tardo Romanticismo e della Scapigliatura, a raccogliere il testimone: fu figurinista e cartellonista fino al 1916 per il Teatro alla Scala. Il percorso dà testimonianza anche dell’operato di Aleardo Villa, attivo alla Ricordi dalla metà degli anni ‘90, che incarna più di ogni altro le perplessità, le riluttanze, le contraddizioni provocate dall’irrompere del modernismo internazionale sulla scena dell’illustrazione italiana fin de siècle; e Riccardo Guasco, che si inserisce perfettamente in questa evoluzione, citando e rinnovando la tradizione della stagione d’oro del manifesto italiano. I suoi riferimenti alle avanguardie del Novecento sono chiari, il suo occhio è quello del disegnatore pubblicitario e tra i suoi padri putativi rientrano anche gli autori esposti.
Dagli eccezionali premi per gli abbonati del Corriere della Sera, a Bitter Campari, da Calderoni il gioielliere a Chantecler, il poema in 4 atti di Edmond Rostand al Teatro Goldoni (il 12 gennaio 1912), dalle Distillerie Italiane all’Esposizione Internazionsale delle Indvstrie e del lavoro (Torino, 1911), il percorso espositivo traccia una corrispondenza tra la “giovine scuola” italiana dell’opera lirica, con Giacomo Puccini suo indiscusso protagonista, e una “giovine scuola” che si stava affermando nel campo delle arti grafiche: due innovative correnti che scorrevano parallele, talora confluendo con esiti sempre più felicemente complementari. È così che si arriva all’Atto III che, spiega Simone Pellico, «serve a completare un po’ il quadro di questo racconto di Puccini attraverso i manifesti e a spiegare il ruolo che Puccini ha avuto per la storia del manifesto mondiale, un aspetto mai sviscerato. Di solito pensiamo a Puccini e al manifesto con le immagini esposte nel primo atto, quelle delle opere liriche più famose. Approfondendo la sua funzione storica all’interno di Ricordi si mette in evidenza la funzione propulsiva che il Maestro ebbe nella storia del manifesto italiano».
“Oltre l’opera lirica”, questo Atto III offre una vista sui manifesti di artisti con cui Puccini ha avuto legami significativi, a partire da Leonetto Cappiello, amico del compositore che dette lo scatto alla sua carriera proprio grazie a una sua caricatura, reduce dal successo della Bohème a Parigi. Cappiello rivoluzionò l’affiche con il suo arabesco: l’idea-forza che appare con un tratto continuo da un fondo scuro, emergendo come una visione che lega l’attenzione dello spettatore a un’immagine e, per via subliminale, a un prodotto. Spazio anche Plinio Nomellini, e a Galileo Chini, che che divenne il referente principale per la messa in scena delle opere di Puccini, a partire dal 1918. Ma anche a Duilio Cambellotti, uno degli artisti con cui il maestro toscano entrò in contatto grazie a Nomellini, e a Leonardo Bistolfi, che seppe esprimere la sua vicinanza alla ‘giovine scuola’ di Puccini e Umberto Brunelleschi, e ancora a Luigi Illica o Uberto Bonetti.
L’Atto IV chiude il percorso espositivo continuando a raccontare Giacomo Puccini a più livelli. Il curatore parla di una sintesi di arte e pubblicità, spiegando – anche nel testo in catalogo edito da Dario Cimorelli Editore – che «la componente artistica dei manifesti inserisce questo progetto nella più ampia ricerca sul rapporto tra Puccini e le arti visive: una relazione stabile e importante che ha toccato sia il piano professionale sia quello personale». E prosegue: «il compositore lucchese sarà infatti un testimone anti litteram per varie aziende e renderà iconici alcuni prodotti, dal sigaro toscano al cappello Borsalino». Era, del resto, proprio lui, Puccini, ad affermare che «L’ispirazione è un risveglio, una fuga da tutte le facoltà umane, e si manifesta in tutte le grandi conquiste artistiche».