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Giovanni Chiamenti con ‘Interspecies Kin’ allo Spazio Volta, Bergamo
Mostre
Affacciato su piazza Mercato delle Scarpe, Spazio Volta, lo spazio espositivo no-profit guidato da Edoardo De Cobelli è stato trasformato da Giovanni Chiamenti in un fondale marino ove si profetizza una nuova forma di coesistenza e coabitazione tra l’uomo e le creature – anche ibride, animali-vegetali – che abitano il mondo in cui viviamo.
In un tempo in cui gli individui si ritrovano ad annichilire il concetto di umanità pur di preservare la propria incolumità, l’azione di Chiamenti è focalizzata sulla creazione di una nomenclatura pseudoscientifica, per ricreare tutta una tassonomia di nuove specie viventi. Convertire la paura del diverso in curiosità sembra essere uno dei capisaldi della filosofia di Giovanni Chiamenti, nonché uno dei più importanti messaggi che ci vengono trasmessi da Interspecies Kin.
Come se le creature in mostra non fossero altro che uno specchio riflettente, un nostro alter ego nel futuro prossimo: due facce della stessa medaglia, due reietti all’interno di un sistema corrotto, e corruttibile. Entrambi soggetti passivi – loro creature e noi uomini – nell’empatia che si auto-genera sembra rivelarsi quel sentimento di compassione che, citando Schopenhauer, porta un individuo a estendere la propria personalità nel corpo di altri individui, con lo scopo di trovarvi conforto.
Il deep blue di Giovanni Chiamenti non è accessibile all’uomo ma solo a macchine robotiche eppure l’uomo è riuscito a inquinarlo attraverso le microplastiche integrate da creature e batteri marini. Centrale nella ricerca dell’artista è lo studio dell’Idonella sakaiensis, batterio della famiglia Comamonadaceae capace di nutrirsi, digerire e poi demolire completamente il polietilene tereftalato (PET) attraverso l’idrolisi delle catene polimeriche. Come questo, molte sono le creature a noi ignote che abitano i fondali marini, fino a 200 metri sotto il livello del mare, dotate di filtri mucosi in grado di inglobare tutto ciò che trovano nel loro percorso, comprese le microplastiche, appunto, che poi rilasciano sottoforma di feci che si stagliano sul fondale. Differenti creature, differenti risultati, ora a danno ora a beneficio dell’uomo e dell’ecosistema.
Da qui è nata l’idea, profetica, di Giovanni Chiamenti di mettere in mostra un nuovo archivio di specie ibride che potrebbero presentarsi sul nostro pianeta in qualunque momento, a breve o a lungo termine, integrando, nel loro processo evolutivo e nelle loro cellule, il dato “plastica”.
Il corpus di opere scultoree in mostra è realizzato in ceramica raku, termoplastica e bioplastiche lavorate con polimeri naturali, come la Carragenina, fibra polimerica naturale estratta da alghe rosse provenienti dalle Hawaii ma sparse in tutto il mondo, e il Chitosano, polimero della D-glucosammina che compone i gusci dei crostacei e dei molluschi. In un connubio, sapientemente maneggiato dall’artista, tra elementi sintetici ed elementi naturali, ci troviamo di fronte alla possibilità di ribaltare l’idea di esseri che potrebbero abitare il nostro futuro essendo completamente realizzati in plastica.
La sensazione è che in un mondo abbastanza distopico, anche se non così tanto, che potrebbe presentarsi a noi, l’evoluzione delle specie possa battere sul tempo la scienza: già oggi molte specie mostrano di fatto una capacità di adattamento a un mondo di plastica cui cercano di sopravvivere avanzando.
Torna in mente Schopenhauer, secondo cui “La compassione è la base della moralità”. Ma anche il capolavoro di Guillermo del Toro, The Shape of Water, che ha fatto di questo atteggiamento una cifra distintiva: è sulla base di una salda elevazione morale che si materializza la successione di eventi che porta a prendere decisioni discutibili per l’epoca, ma ragionate e colme di consapevole senso del dovere.
Di fronte alla capacità, volutamente restituita dal punto di vista artistico-visivo, delle bioplastiche di essere completamente biodegradabili, come dei polimeri di creare delle muffe, non ci resta che prendere atto che solido, liquido e aeriforme sono stati e stati d’animo che noi attraversiamo in modo progressivo nel corso della visita: possiamo diffidare da ciò che riteniamo estraneo alla comfort zone, solo fino a quando lo sguardo empatico con le creature non scioglie ogni riserva e abolisce il concetto di restrizione sociale.
È il contatto con esse, favorito dalla comunicazione per la quale è indispensabile la nomenclatura di Chiamenti, a determinare un’evoluzione del rapporto, sotto forma di conoscenza magnetica.