«Un continente, così presente nella nostra vita negli ultimi decenni, mostra il suo misurarsi con una realtà che è la nostra, da un punto di vista che è il loro» afferma Vittorio Sgarbi che, mosso dall’urgenza della conoscenza e condividendo l’idea di Silvio Cattani, ha accolto favorevolmente l’opportunità di presentare al Mart una mostra sulla nuova pittura cinese.
L’espressione «Nuova pittura» Lü Peng – curatore della mostra insieme Paolo De Grandis – ha iniziato a usarla collocandola tra Realismo cinico e Pop politico: «Ciascuna di queste correnti – spiega nel testo in catalogo che accompagna la mostra – rinuncia alle riflessioni sull’esistenzialismo per rivelare problemi reali, si allontana dagli standard puramente occidentali per abbracciare un atteggiamento universale e globale. Nella Nuova pittura non ci sono più critiche a ideali condivisi, ognuno esprime il suo particolare conflitto; non si discute più di cosa sia l’arte, ma si sostengono le posizioni della storia dell’arte; non esistono interpretazioni univoche della realtà ma concetti espressi in modo chiaro e limpido».
La mostra inizia da Rovereto, per poi proseguire per poi proseguire a Belgrado, Praga e Londra, con un’importante selezione di opere di Bi Jianye, Chen Xuanrong, Chi Ming, Feng Zhijia, Fu Meijun, Ge Hui, Ge Yan, Huang Qiyou, Lin Wen, Liu Yuanyuan, Meng Site, Meng Xiaoyang, Meng Yangyang, Qi Wenzhang, Qiao Xiangwei, Shen Muyang, Tang Dayao, Wang Yilong, Wu Qian, Xiong Tao, Xu Dawei, Zhai Liang, Zhang Zhaoying, Zheng Mengqiang. Gli artisti, nati tra il 1980 e il 1995 in un contesto caratterizzato dalla globalizzazione e da continui cambiamenti, sociali, economici, geografici e sanitari «classificati spesso come pittori globali – spiega Peng – beneficiano del rapido e inevitabile sviluppo della globalizzazione e dell’economia di mercato. Osservano il mondo che cambia e mettono l’accento sul dinamismo del linguaggio pittorico, prestando uguale attenzione alla forma e al linguaggio, al concetto e all’espressione. La rappresentazione frammentata del loro sentire non è altro che una testimonianza della nostra realtà: grazie al contesto culturale diversificato, le voci individuali sono tutte accettate come autentiche manifestazioni della storia, e si confondono in un nuovo riverbero».
Il percorso espositivo prende le mosse da alcune opere di Zhang Zhaoying che, nel processo creativo, manomette accuratamente alcune immagini per estrarle dal contesto originario allo scopo di creare nuove scene. Tra i lavori esposti – Life Props – Heading to a splendid coloror Field painting exhibition e Life Propos – Gleaning after work – è forse Life Props – Art Logistics a trasmettere un’immediata familiarità espressiva di derivazione occidentale (lo squalo di Damien Hirst, il letto di Felix Gonzales Torres e la Fontana di Duchamp valgano come esempi) nutrita, per contrasto, di una soggettività orientale. Se Zhaoying non costruisce per forza una trama e le sue scene possono talvolta rivelarsi prive di logica, Chi Ming si concentra invece sulle esperienze personali, orientandosi verso una pittura narrativa che dà nuova nuova vita artistica a ricordi di famiglia e fatti di vita reali, come potrebbe esserlo per un artista sporcarsi le mani con i colori nel proprio studio. La tradizione occidentale non è del resto estranea agli interni degli studi degli artisti: ecco, nel caso di Chi Ming sembra rafforzarsi l’idea di Silvio Cattani secondo cui «gli artisti si abbeverano di culture altre, anzi, in certi casi giocano all’imitazione; si beano nel confronto e sempre gioiscono in questo andirivieni fra una sponda e l’altra degli oceani».
A proposito di sponde – «anche i nostri artisti storici hanno vagato fra i moti delle culture e si sono caricati di nuove visioni» ricorda sempre Cattani – le opere si Zheng Mengqiang sono in gran parte guidate e basate dalle emozioni che ha vissuto. Il processo creativo di Mengqiang, ben espresso da lavori come Beihai park e Home landscape, affonda nei ricordi personali e nella percezione del sé per cogliere la fugacità di emozioni che trattiene sulla tela astraendo le figure e i paesaggi e segmentando i colori. I soggetti di queste opere potremmo essere anche noi, tanto sono in bilico tra ambiguità e distacco, intimità e vulnerabilità. Come l’immaginario di Mengqiang è emotivamente trascendente, così «ricostruire un’immagine vicina all’immaginazione» è ciò che fa Meng Xiaoyang che, basandosi sui ricordi della sua città natale, crea scene narrative e ricostruisce immagini fedeli a ciò che immagina. In questo delicato e introspettivo racconto della natura umana, si inseriscono anche le tele della serie Sleep di Tang Dayao, proiezioni di emozioni in maniera calma e contenuta in un ben radicato equilibrio tra conoscenza ed esperienza, e quelle intuitive ed emotive di Xu Dawei, che si focalizza sulla proiezione e sull’espressione di sentimenti ed emozioni.
Con uno stile disinvolto ed espressivo Meng Yangyang intreccia ricordi passate e fantasie future esplorando la complessità delle relazioni all’interno della società contemporanea e le sfide dell’isolamento. L’attenzione alla sfera psicologica degli individui di Yangyang assume un carattere più sociale con Qiao Xiangweu, che indaga nelle sue opere gli individui per rivelare le tracce del tempo: è il caso per esempio di Individuals in the process of urbanization o The rabbit of desire, in cui viene usato uno spettro di tecniche pittoriche per esprimere questioni sociali e internazionali per mezzo dell’abbinamento di elementi della cultura popolare con lo scorrere della vita quotidiana. Vita quotidiana e ricordi personali si mescolano anche nelle tele di Zhai Liang e in quelle intrise di un potente linguaggio nazionale utopico di Meng Site. La sua opera, Galaxy dust, è emblematica dell’attitudine di lasciare che gli strati della pittura riempiano i personaggi – di tempi sconosciuti – con una luce abbagliante di irrealtà.
Nel percorso, che comprende ben 108 opere, c’è spazi anche per chi ricolloca la scultura classica nello spazio (Ge Yan); per chi usa l’esperienza di vita come punto di partenza per riflettere sugli aspetti spirituali della società (Lin Wen); per chi costruisce paesaggi surreali scomponendo e riconfigurando immagini del corpo umano, di animali e di piante (Ge Hui); per chi indaga sui confini e i punti di contatto tra l’astrazione razionale e quella percettiva facendo collidere inchiostri orientali e pittura occidentale (Wu Qian) e per chi imita gli effetti visivi del taglio e del collage (Fu Meijun). E ancora, le opere di Bi Jianye rispondo a immagini di storia dell’arte e fungono, al contempo, da riflessi di vita reale nel suo mondo interiore; quelle di Feng Zhijia sono evoluzioni dinamiche; mentre quelle di Liu Yuanyuan rivelano le contraddizioni e i conflitti nella vita di tutti i giorni in modo non coercitivo, e quelle di Shen Muyang sembrano avere un vero e proprio meccanismo di proiezione visiva.
Chen Xuanrong osserva e ricerca sperando di interpretare le tendenze della cultura giovanile attraverso la Street Art e i graffiti; Huang Qiyou costruisce un nuovo vocabolario di luoghi e personaggi partendo dall’esperienza, propria, e dalla conoscenza dei testi classici; Wang Yilong crea moderne allegorie sociali, usando la pittura per raccontare le intuizioni della vita.
Il simbolismo di Xiong Tao, che crea opere di grandi dimensioni del tutto simili a favole umane in cui – inevitabilmente – vive il dramma dell’esistenza umana (Judgement in Utopia) e i personaggi solitari di Qi Wenzhang (The painter’s story e Modernity no. 3), espressivi della realtà ostile che viviamo – tutti, da una sponda all’altra – completano Global Painting. La Nuova pittura cinese: più di una mostra, tanti punti di vista che negando ogni definizione concorrono alla scoperta di quella prospettiva universale che porta in sé la convergenza culturale e la condivisione di esperienze vissute, indotte e accelerate dalla globalizzazione.
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