05 marzo 2024

Gratia Plena, di Andrea Saltini, nella Chiesa di Sant’Ignazio a Carpi

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Realizzata con il patrocinio del Comune di Carpi e della Diocesi di Carpi, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, SoGeSi Spa e BPER Banca e con la collaborazione di Concentrico Art, la mostra personale di Andrea Saltini, “Gratia Plena”, sarà visitabile fino al 2 giugno

Andrea Saltini, Natanaele... un israelita in cui non c'Š falsit… (Gv 1,47), 2024, tecnica mista su tela, 120x120 cm

Della ventina di opere esposte, tutte in tecnica mista su tela e di tema esplicitamente religioso, le principali sono dodici, significativamente come il numero degli Apostoli, spiega Andrea Saltini in occasione dell’apertura della sua Gratia Plena. Le grandi tele emergono dalla suggestiva penombra della chiesa di Sant’Ignazio di Carpi e concedono così al visitatore di interrogarsi sul significato di questi episodi nati appositamente per destare diverse letture e interpretazioni.  

Ed è proprio il confronto che sta alla base del concetto di spiritualità di cui sono intrisi i soggetti incorniciati in questa mostra. Quella di Saltini è una spiritualità che non per forza deve includere Dio – spiega Don Carlo Bellini -, ma che muove innanzitutto dal confronto con noi stessi e con gli altri. E man mano che Gratia Plena prendeva forma, l’artista racconta come si sia rivelato di incredibile ispirazione il dibattito che si andava a creare tra lui e Don Carlo Bellini riguardo la lettura delle opere. D’altronde, continua Saltini, ogni sua opera esposta è nata appositamente per aprirsi a diverse interpretazioni, e sorridendo racconta di come il Tommaso Apostolo del “…non crederò”, un ragazzo che ci appare incredibilmente contemporaneo, se per lui è un Tommaso già santo, proprio perché ha creduto, per Don Bellini si tratta chiaramente di Gesù. 

Andrea Saltini, San Giovanni detto il Battista, 2024, tecnica mista su tela 190×130 cm

Non solo gli altri, ma anche chi prima di lui è stato artista viene coinvolto in questo confronto che supera il tempo. Come afferma Cristina Muccioli, nessun artista è orfano, tutti sono figli dei precedenti. Così ad aprire la mostra è lo scorcio mantegnesco del Pescatore di Uomini, un San Pietro che – secondo la lettura di Don Bellini -, disteso senza forza su uno specchio d’acqua, “a sua volta attende di essere ripescato”. Oltre a Mantegna, anche Caravaggio partecipa di questo continuo dialogo tra diverse interpretazioni ed epoche. Con Caravaggio Saltini ha in comune la volontà di creare un ponte con il contemporaneo, di prendere in causa il presente. E allora ecco che il Cristo deposto diventa un motociclista “con una tutina verde un po’ glam” e il casco, retto dal celebre motivo del braccio inerte. Sono anche queste memorie iconografiche, spiega Muccioli, che ci dimostrano che la pittura resiste, a differenza di quanto pensavano chi la dava per finita con il digitale, e che anche l’arte contemporanea è in grado di comunicare la spiritualità.

Andrea Saltini, Pescatore di uomini (ascensione di Pietro), 2023, tecnica mista su tela, 180×180 cm

Sono i corpi frananti i protagonisti di queste grandi tele, come quello che vediamo nel Paraclito, che rimanda alla serie precedente di Andrea Saltini, realizzata durante il periodo del Covid. Chi ci può salvare? Era questa la domanda che si poneva l’artista, così come tanti altri, vivendo il dramma della pandemia. È in questa tela che Saltini trova una risposta. Il corpo di questo giovane – che anche in questo caso diremmo “deposto” – è dignitosamente accolto dalle braccia di un astronauta la cui presenza ci può spiazzare. Eppure è proprio in questo astronauta, che rappresenta lo Spirito Santo, che Saltini ha trovato la sua risposta.  

Andrea Saltini, Paraclito, 2024, tecnica mista su tela, 190×130 cm

Sono proprio gli invisti e gli invisibili – spiega Cristina Muccioli -, quindi i bambini, gli afflitti, ma anche i morti, i protagonisti delle riflessioni di Andrea Saltini. E forse sorprende un po’ che il termine “grazia” derivi dal latino “carus”, ovvero “costoso”. Ancora prima la radice è da cercare nel greco “Charis”, quindi “carestia”, “carezza”, ma anche “gratis”. D’altronde chi ci è caro ci costa, proprio perché per lui siamo pronti a dare moltissimo di noi senza pretendere un tornaconto, completamente disinteressati. Noi siamo costantemente esposti alla sofferenza e al dolore – continua Muccioli nella sua introduzione -, eppure la grazia è sempre qualcosa che ci sembra di non meritare. Ma è proprio quando siamo in “carestia” di affetto, di salute, di stabilità, che abbiamo bisogno della grazia, di qualcuno che ci sorregga. E prendendo come esempio il suggestivo trittico alle sue spalle che dà il nome alla serie, Gratia Plena, conclude che la grazia è innanzitutto spoliazione e per essere pieni di grazia, per quanto possa sembrare un controsenso, bisogna essere pronti ad alleggerirsi di una parte di sé. 

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