Negli ultimi tremila anni gli uomini di culture differenti hanno prodotto colori intrecciando a materiali organici e industriali visioni, simboli, codici decorativi, storie, identità, emozioni. Hiva Alizadeh (nato a Kerman, in Iran, nel 1989) “dipinge” paesaggi cromatici, porzioni di spazi con ciocche di capelli sintetici multicolori per cogliere l’essenza della simultaneità globale partendo dalla sua cultura nomadica insita nei tappeti iraniani. Dall’arte della tessitura della sua millenaria tradizione, dalla morfologia dell’incantevole paesaggio iraniano, dai pattern delle piastrelle delle moschee, l’artista prende l’ispirazione per elaborare opere indicatrici di meccanismi culturali complessi. Un’altra sorgente di grande ispirazione per questo artista sono le vetrate delle moschee persiane e i riflessi di luce che esse proiettano sul pavimento. Molti altri elementi trasfigurati creano un immaginario complesso, dai sofisticati intrecci cromatici.
Oriente e Occidente si compenetrano attraverso extension di capelli in nylon. I tappeti pop-poveristi di Alizadeh, strutturati su una gamma vivacissima di colori, sono da toccare, pettinare, oltre che da guardare. Le ciocche vaporose si sovrappongono e intersecano generando ritmi, voci e suoni, in una complessa fenomenologia percettiva.
L’artista curdo-iraniano ha iniziato la sua carriera seguendo il percorso del padre, cineasta sperimentale. Da allora, egli ha raggiunto una forma di espressione più personale che combina nuovi media e la tradizione tessile della sua regione.
La morfologia del paesaggio iraniano e le frequenti visite dell’artista in aree isolate del paese inducono Alizadeh a riprodurre e reinterpretare i colori della natura in chiave global-contemporanea, utilizzando per le sue composizioni vibranti ciocche di capelli sintetici dai colori improbabili e fluo.
Nella mostra curata da Jacqueline Ceresoli, una serie di “arazzi” tessuti con capelli sintetici, di produzione cinese, ricomposti in originalissime palette, fluttuano nello spazio bianco della galleria. Il codice espressivo richiama il linguaggio in pixel fibrosi tipico della cultura digitale, in un appeal visivo e tattile in cui materia e pigmentazione evocano viaggi oltre il tempo e lo spazio. Le ciocche di capelli sintetici generano, nuance dopo nuance, molteplici livelli di significato, in una tensione estetica che esplora i legami tra riferimenti geografici arcaici e una concezione del tappetto come icona globale del viaggio.
Le tradizioni iraniane ordiscono relazioni con elementi iper-consumistici occidentali. La sostituzione della tavolozza di colori con filamenti polimerici implica una riflessione sul valore espressivo del materiale in sé quale metafora di esperienze diverse: commercio, tecnologia, comunicazione in tempo reale e differenti strutture sociali scoperte attraverso i viaggi dall’artista, che considera l’“altrove” come porto ideale. Le sue opere presentano una forma di “realismo glocale” nella scelta di fibre acide, dal mood digitale, che identificano una nuova pittura di matrice “impressionista”, carica di soggettività percettiva. Sono “tappeti” saturi di sensazioni di luce, che annullano la distanza tra tradizione e contemporaneità. Nelle sue cascate di capelli dalle tonalità luminose, la materia diventa l’elemento dinamico e di seduzione visiva. Diventa spazio pittorico che si dilata nella luce abbagliante emanata dai colori. Naturale e artificiale, materia e luce, ritmo e sconfinamento tra pittura e scultura materializzano profondità impercettibili con opere di un’astrazione lirica e poetica che avrebbero sedotto Claude Monet e suggestionato l’immaginario di Alighiero Boetti.
Gianluca Sgalippa
mostra visitata il 13 settembre
Dal 13 settembre al 31 ottobre 2019
Hiva Alizadeh, Nomad Chants
The Flat – Massimo Carasi
Via Frisi 3
Orari: Martedì, Mercoledì, Giovedì, Venerdì, Sabato dalle 14:00 alle 19:30
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