Home Sweet Home MAIO, Urban K-Type Foto/Photo: Melania Dalle Grave, DSL Studio
In occasione del centenario della Triennale, la mostra Home Sweet Home riflette sull’idea di casa e di abitare, partendo dalla storia dell’istituzione e delle Esposizioni Internazionali della Triennale per arrivare alla contemporaneità. Curata da Nina Bassoli, la mostra conduce un’indagine sull’abitare, sulla trasformazione degli spazi domestici e del loro significato nella società contemporanea. Home Sweet Home si articola attraverso cinque sezioni storiche tematiche, commissionate a cinque storiche dell’architettura, e dieci installazioni site-specific, progettate da studi di architettura, gruppi e centri di ricerca internazionali. La mostra si compone infatti, scrive la curatrice Nina Bassoli, di quindici mostre nella mostra, il cui allestimento curato da Captcha architettura è un prezioso riutilizzo di supporti verticali e basamenti progettati originariamente per altre mostre e conservate nei magazzini di Triennale Milano.
Come è cambiata negli anni l’idea di casa e di abitare? Quale è stata l’evoluzione dello spazio domestico? Nutrita da un patrimonio di teorie e progetti che dal Novecento ad oggi hanno espresso visioni e sperimentazioni, ed alimentata dal confronto con l’attualità, la mostra offre una riflessione sull’idea di casa attraverso ricerche d’archivio con il tentativo di veicolare nuove aspirazioni etiche e nuovi programmi per l’architettura. Le cinque sezioni storiografiche nascono come delle incursioni negli archivi storici di Triennale, e ripercorrono i cento anni della storia dell’istituzione, dal 1923 al 2023. Muovendosi con libertà tra edizioni ed epoche, senza intenti di esaustività e capillarità, le cinque sezioni propongono un assaggio degli archivi fotografici di Triennale, intervallate dagli ambienti site-specific.
La natura è di casa, a cura di Annalisa Metta, indaga forme e relazioni tra lo spazio domestico e la natura-mondo. A questa continuità tematica, si collocano l’installazione Parlamento delle piante della paesaggista Céline Baumann che riflette la dissonanza cognitiva tra decorativismo e colonialismo, e l’opera site-specif Diorama per essere umani della designer Matilde Cassani che suggerisce per l’abitazione dell’essere umano le forme e le caratteristiche architettoniche di un bioparco. Il processo di domesticizzazione della vita sociale è curato da Gaia Piccarolo in Casa ludens, in cui rintraccia sentimenti e pratiche dei temi del riposo e della cura del corpo, ideologicamente in conflitto con l’installazione L’architettura della longhouse, del gruppo di ricerca Dogma che propone una riflessione tipologica sulla separazione tra spazi per la vita e per il lavoro.
Abaco di finestre, a cura di Maite García Sanchis, esplora il tema del dispositivo di mediazione ambientale e di controllo confrontandosi con il riallestimento di Three Windows, opera concepita nel 1986 nell’ambito della 17ª Esposizione Internazionale da Diller+Scofidio per Il progetto domestico, che interpreta la finestra come un limite tra un’interiorità ed un’esteriorità di stato mentale. In questo percorso si inseriscono altri ambienti site-specific. Tra di essi Trasformare, non demolire, incentrato sulle trasformazioni dei Grands ensemble francesi a opera di Lacaton & Vassal, ed il lavoro Lifespan incentrato sul principio del disegno tecnico dell’architetta Maria Giuseppina Grasso Cannizzo.
Come un’operazione politica e di riscatto, lo spazio dedicato alla preparazione del cibo viene raccontato in Cucinare all’italiana 1923-2023, a cura di Imma Forino, evolvendosi da luogo privato a spazio pubblico, come nei casi di cucina comunitaria nel mondo, attraverso l’installazione di un prototipo di cucina urbana dello studio MAIO. Affine al tema di ribaltamento, la mostra affronta la relazione tra maschile e femminile nella sezione L’angelo del focolare ed attraverso l’installazione Caro, bastava chiedere, curate dal gruppo di ricerca Sex & the City, facendo luce sulle dinamiche che tradizionalmente vedono uomini e donne assumere ruoli ben definititi nell’ambiente domestico.
Congedato il frastuono figurativo della mostra, avanzano diverse domande aperte sul futuro dell’architettura domestica. È ancora dolce la nostra casa? La mostra Home Sweet Home chiude con l’eloquente e simbolico lavoro A Section of Now, un estratto della mostra allestita a Montréal dal Canadian Center for Architecture. Della pervasiva velocità delle trasformazioni sociali, l’installazione offre un’immagine chiara di come la società stia cambiando oggi, indicando alcuni segmenti di spazio e di vita propizi ad un intervento dell’architettura. In uno stato di asimmetria tra architettura e società, in un contemporaneo scenario dell’urgenza, nel quadro della situazione abitativa del nuovo millennio, la casa è ancora la prima condizione per abitare il mondo.
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