Un’osservazione profonda del corpo, portando lo sguardo fino al livello cellulare, tra colori e geometrie che possiamo immaginare nascosti in noi stessi, alla ricerca di una forma ricorrente, di un ritmo visivo. Questa la tensione dei Corpi in Attesa di Aldo Salucci, in mostra fino al 31 maggio da A.MORE Gallery, a Milano. Curata da Domenico de Chirico, l’esposizione presenta una serie inedita di lavori che l’artista romano, meneghino d’adozione, ha realizzato negli ultimi anni.
«Le opere, si prefiggono l’obiettivo di sviscerare un universo infinito e articolato fatto sia di rimandi sia di sensi, le cui venature si compongono, a loro volta, di un groviglio di attese e di speranze, di traumi e di dolori, di vivaci relazioni interpersonali in antitesi con stati di profonda solitudine e patimento», si legge nel testo di de Chirico.
Punto di partenza, dunque, la biologia e l’anatomia umana. Realizzate attraverso l’utilizzo del microscopio elettronico e di reagenti chimici, le opere si presentano come figure indistinguibili e frattali che, se osservate attentamente, possono riportare alla mente neoplasie e cellule tumorali. Salucci porta in scena, mettendola sotto una luce diversa, una delle più grandi paure provate dall’uomo ma per esortare alla speranza.
«Questo nuovo impulso sconquassa visceralmente la dialettica portata avanti da Salucci in cui, ancora una volta, i colori vividi, stranianti e intensi pongono l’accento sull’onnipresente e strabordante impulso della natura che sovente imperversa in tutta la sua trepidante imponderabilità», continua Salucci. «Ciò che ne consegue è il tentativo di elaborare un’arte autentica, quella che i greci chiamavano téchnē – afferma il curatore della mostra Domenico de Chirico – Assecondando una personalissima visione olistica, Salucci, così facendo, non intende valorizzare esteticamente qualcosa che è chiaramente fonte di dolore prostrante bensì di ritrarlo esattamente così com’è e più da vicino, in un moto perpetuo che lo analizza dentro e fuori, nei pieni e nei vuoti, attraversandolo in tutta la sua fisionomia sia corporea sia trascendentale. Salucci ci suggerisce di penetrare nel dolore e di leggerlo in tutta la sua disumanizzante autorità».
In mostra una ventina di opere caratterizzate da uno stile semplice, vivace e immediato. L’artista utilizza sfumature cromatiche brillanti e colori accesi. Nelle opere troviamo ferite e lacerazioni che Aldo Salucci ricuce intervenendo con della polvere d’oro ispirandosi alla tecnica giapponese del kintsugi o kintsukuroi (“riparare con l’oro”), utilizzata dai ceramisti per riparare tazze per la cerimonia del tè. Questa pratica nasce infatti dall’idea che dall’imperfezione e dalle ferite possa nascere una forma maggiore di perfezione estetica e interiore. «Ed è proprio raccogliendo tutti quei frammenti di testimonianze del nostro passato, tra prove superate e altre mancate, nel tentativo di rimetterli armonicamente insieme, possiamo comprendere che solo quando ci lussiamo possiamo scoprire esattamente come e di cosa siamo fatti realmente», afferma il curatore.
Una selezione del nuovo ciclo di fotografie di Aldo Salucci verrà esposta nello stand che A.MORE gallery presenterà quest’anno a MIA Photo Fair, dall’11 al 14 aprile 2024, a Milano.
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