A Stampa, nel Cantone Grigioni, in Svizzera, il Centro Giacometti, negli spazi di un’avita casa Giacometti prospiciente l’atelier del celebre scultore svizzero, ospita la mostra “I volti di Soshana e Giacometti. Memoria, Assenza, Trauma”, a cura di Virginia Marano (Università di Zurigo), organizzata dagli Amici del Centro Giacometti (Stampa), con prestiti di Amos Schueller (Vienna). L’allestimento è a cura dello Studio Alder Clavuot Nunzi Architekten GmbH ETH SIA (Soglio, Svizzera).
«Soshana (Vienna, 1927-2009) – artista dalla vita intensa e drammatica, nata a Vienna nel 1927 con il nome di Susanne Schüller, emigrata in America in seguito alle leggi razziali naziste – utilizza per la prima volta il suo nome d’arte nel 1948 per una mostra al Círculo de Bellas Artes dell’Avana. A Parigi, negli anni Cinquanta, usa come studio gli spazi che furono di Derain e Gauguin; conosce artisti come Brâncusi, Calder, Chagall, Ernst, Klein, Picasso, intellettuali come Sartre, e naturalmente Giacometti, con cui nasce una profonda amicizia. A quest’artista esule e donna pittrice libera, che la stampa parigina definiva “Cassandra della tela”, il Centro Giacometti di Stampa dedica la mostra “I volti di Soshana e Giacometti”», ha spiegato l’istituzione.
La mostra si avvale del sostegno del Comune di Bregaglia, degli Amici del Centro Giacometti, della Fondazione Centro Giacometti, dell’Ufficio della cultura dei Grigioni / Swisslos, della Regione Maloja.
«Attraverso 9 opere su carta, 27 tele – tra cui un celebre ritratto dell’artista svizzero, intitolato Giacometti (1962) – e parte dell’epistolario tra Giacometti e Soshana, provenienti dalla collezione di Amos Schueller, figlio dell’artista, la mostra restituisce non soltanto la poetica della pittrice ma anche la storia di un’amicizia.
Le opere esposte indagano il rapporto tra spazio, storia, genere e sessualità in cui il legame con l’opera di Giacometti si manifesta nello studio figurativo inserito in uno spazio immaginario.
Una galleria di ritratti, volti, figure sottili che si appoggiano a tende scure o si proiettano su sfondi dorati, e si possono dividere in tre gruppi. Il primo, che comprende il ritratto di Isaku Yanaihara– filosofo giapponese di riferimento per Giacometti– rappresenta una riflessione sul ruolo della memoria; il secondo, in cui i volti ritratti richiamano il profilo dello scultore e sottolineano l’incontro tra i due artisti, riguarda il mistero dell’assenza; il terzo è dedicato al trauma della guerra, in cui entra prepotente il continuo esilio vissuto dall’artista in quanto ebrea.
Nel documentare e testimoniare il rapporto esistenziale tra i due artisti, ancora per molti versi poco approfondito, I volti di Soshana e Giacometti racconta la loro comune ricerca dell’assoluto inteso non come perfezione artistica, ma come possibilità di rendere il visibile, da un punto di vista artistico», si legge nel comunicato stampa.
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