«Faremo la nostra seconda mostra insieme in galleria. Ho visto alcuni lavori. Sarà pazzesca», ci aveva raccontato Thomas Brambilla la scorsa estate in occasione della presentazione di alcuni lavori di John Torreano in Puglia (ne avevamo parlato qui). Quel momento è arrivato, Looking In Looking At si è aperta lo scorso sabato nel cuore della città di Bergamo, dove la galleria ha sede.
Terrie Sulton ha ben lasciato testimonianza di come «Le colonne di Torreano affermavano uno spazio illusorio estendendo il suo dipinto lontano dalla parete pur rimanendovi attaccato e, così facendo, interrompevano l’enfasi della pittura astratta su un piano d’immagine piatto ed esteso. Proiettando la pittura nel regno della scultura, queste opere erano anche incrostate di gemme che potevano essere viste per quello che erano, punti fisici e decorativi e metafore di stelle nello spazio profondo; ma non potevano essere colte tutte insieme: i loro riflessi e le loro sfaccettature cambiavano e si spostavano man mano che gli occhi dello spettatore si muovevano intorno alle opere». E dunque, cosa succede a Bergamo?
Looking In Looking At offre una panoramica dei lavori più recenti di John Torreano, tra cui le iconiche colonne e i dipinti, che non soltanto rappresentano appieno la sua ricerca artistica, ma anche alterano radicalmente la concezione tradizionale di pittura, presentando le tele in forma tridimensionale e, al contrario, le colonne sotto forma di vere e proprie composizioni pittoriche. In entrambi, dipinti e colonne, Torreano usa le sue caratteristiche gemme acriliche, che sempre aggiungono un alone di incanto all’opera, creando costellazioni di punti scintillanti che interagiscono con il movimento dello spettatore e sfidano le prospettive gerarchiche, offrendo un’esperienza di fruizione partecipativa, in cui ogni angolazione porta alla rivelazione una nuova sfaccettatura dell’opera.
«Non sapevo di essere una persona ribelle ma ricordo che scrivevo sul mio quaderno meno è meno, più è più, né più, né meno. E ho iniziato a fare una pittura che avesse tutti i diversi modi possibili di creare l’illusione, pur rimanendo astratta. Così avevo una parte di pittura spessa e una sottile. E poi avevo queste fasce prospettiche. E poi ho usato il punto come mezzo per creare l’illusione. All’epoca non pensavo alle stelle. All’epoca ero con il mio amico Murray Hochman e lo presi in mano. E ho detto: “Wow, questo fa qualcosa che i punti fanno in modo minore», racconta Torreano che, guidato dal suo entusiasmo per l’immensità del cosmo, ha sempre cercato e sostenuto l’interazione con il corpo altrui.
Il significato di queste opere, va detto, non è definito o limitato all’oggetto: emerge anzi (e proprio) attraverso l’esperienza personale di ciascun osservatore. La ricerca di Torreano è di fatto un sistema aperto, un dialogo tra l’opera, l’ambiente ed il suo pubblico, che nel vortice esperienziale diventa a tutti gli effetti l’autore. I bordi arrotondati delle tele, per esempio, ne accentuano la fisicità e contribuiscono a proiettare l’opera fuori dalla parete, creando così una presenza immediata e tangibile. Inoltre, ogni gemma riflette la luce in modo differente, costringendo lo spettatore ad avere una visione attiva ed unica dell’opera.
E dunque, guardare dentro (Looking In) o guardare concentrandosi su qualcosa in particolare, dirigendo il proprio sguardo su qualcosa di preciso (Looking At)? L’una e l’altra, insieme – come di incanto – muovendosi intorno a queste superfici dinamiche, lasciando che le prospettive di ognuno diventino parte integrante dell’esperienza – quell’esperienza che di per sé li porta e ci porta a osservare ed esperire il proprio percorso attraverso il dinamico universo dell’artista.
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