Iris – tradotto letteralmente in italiano con iride, dal latino iris –is o –ĭdis e dal greco ἴρις -ιδος, col significato fondamentale di arcobaleno – designa, non solo semanticamente, ma anche nelle intenzioni di Regine Schumann i colori che, nella teoria newtoniana, sono sette e sono visibili nell’arcobaleno: rosso, aranciato, giallo, verde, azzurro, indaco, violetto. La scelta del titolo, che richiama anche la personificazione dell’arcobaleno, nella tradizione, non è casuale ma nasce dal dialogo tra Schumann e il curatore Alberto Mattia Martini a proposito della messa in esposizione nello spazio interno ed esterno di Dep Art Gallery, della luce che vive nel colore. E, a proposito di luce, iride è – in anatomia – la porzione della membrana vascolare dell’occhio, che permette il passaggio dei raggi luminosi.
Le opere esposte, venti in tutto e appartenenti a un nucleo nuovo, lasciano che il visitatore accolga, facendone esperienza, tutti quegli aspetti determinanti che fanno riferimento alla luce, senza dubbio, ma anche al colore. Regine Schumann stessa lo sostiene affermando che «il materiale utilizzato – vetro acrilico colorato e fluorescente che assume un ruolo importante nel suo lavoro – si illumina quando gli viene fornita energia luminosa, sia sotto forma di luce naturale che di luce artificiale». Per arrivare a questo punto, focale nella sua ricerca, l’artista ha dedicato anni, di analisi e considerazioni, all’approfondimento degli studi sul colore, concernenti le teorie di Newton, quelle di Itten, ma in particolare quelle di Goethe.
Di Newton, per esempio, è noto che fece passare un raggio di luce attraverso un prisma e lo proiettò su uno schermo a una distanza di oltre 7 metri concludendo, in maniera del tutto rivoluzionaria, che la luce solare è costituita da raggi diversamente rifrangibili: «La rifrazione, anziché alterare o confondere la purezza della luce, era allora un meccanismo che ne separava le diverse componenti cromatiche, rendendole visibili individualmente. Svelava i colori celati nella luce bianca, non li creava». Con Goethe la sintonia nasce dall’ipotesi che l’emergere del colore possa consistere dall’interazione tra la luce e il buio: riteneva egli che la teoria di Newton fosse insufficiente a spiegare la natura del colore e arrivò a ragionare sul fatto che l’occhio e la mente umana tendono a influenzare attivamente la costruzione delle sensazioni cromatiche.
E in effetti quel che accade da Dep Art è la prova manifesta che i contesti modifichino le sensazioni dei colori, la cui percezione è un comportamento dell’organismo, in particolare dell’apparato visivo, che reagisce agli stimoli luminosi provenienti dal circostante: «Io amo i colori e i colori senza luce non esistono», afferma Regine.
Sul piano rialzato della galleria, nella luce diurna, opere come Colormirror soft fluo yellow glowing after milan, Colormirror rainbow grooves green orange milan, Colormirror rainbow grooves red yellow milan, Colormirror pastel glowing after hipro 3 milan, Colormirror transparent rainbow pink orange 4 corners milan e Colormirror transparent blue and satin blue with red corner perimetrano lo spazio mostrandosi, alla luce diurna, in tutta la loro delicatezza. Se la luce cambia, e si fa buia, mutano completamente e la delicatezza cede il passo all’intensità. Lo spazio si trasforma, radicalmente, l’occhio si muove punto di vista dopo punto di vista, attraversando gli strati di luce e di colore conservandoli, sapendoli distinguere senza distruggerli, per raggiungere la coappartenenza di piani luminosi e colorati sulla superficie stessa del visibile.
Il gioco di luci e di prospettiva che anima questi lavori dà alla mostra un carattere esperienziale: è irresistibile muoversi intorno, guardare attraverso, concentrarsi sui corner – che Schumann accentua e sottolinea con una colorazione differente (da un punto di vista formale, l’artista racconta che la scelta stilistica di smussare gli angoli è nata dalla rottura, in passato, dell’angolo di un’opera, che ha saputo trasformare in punto di forza) – finanche talvolta specchiarsi per scoprire quante più possibili apparenze sempre diverse. Lo stesso accade nel piano interrato, che si raggiunge dopo uno sguardo ravvicinato con Colormirror satin dark violett red brussels, esposta in ingresso, con una superficie satinata rossa, rossa intensa. Ma è davvero rossa? Guardando, appunto, attraverso, lo sfondo è di un colore viola che, venendo in superficie, tramuta e illude l’occhio disorientandolo.
L’occhio, una volta scesi, corre velocemente verso la scultura in vetro acrilico fluorescente Colormirror innerlight orange grooves mieres, affiancata dall’installazione a 5 pezzi Colormirror satin red glowing after mieres: il gioco di luci, di prospettive e di superfici – iridescente, traslucida, satinata, soft, pastello o trasparente – si ripropone e l’occhio non può fare a meno di perdersi in una dimensione atemporale, senza limiti di confini per lo sguardo. La mostra si completa con una serie di opere su carta fatta a mano dipinta con vernice spray fluorescente, con un’edizione di Colormirror mini (di diversi colori) e con l’opera Colormirror red red softblue milan, esposta nel garage esterno e non c’è che dire, sono proprio gli occhi ad avere un ruolo determinante nelle opere di Regine Schumann.
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