Un fico d’india che sembra dissolversi pian piano sotto il cielo, un vaso sfuggito da un dipinto del Veronese, la chioma scintillante di un volto che scompare in un azzurro abbagliante. Sono, queste, solo alcune delle eteree visioni che ci accolgono nella prima sala di Il dormiente nella valle, seconda personale di Giulio Malinverni presso la Galleria Marignana Arte di Venezia, spazio con cui l’artista collabora già dal 2020 e che, per l’occasione, espone il corpus più recente del giovane piemontese. La mostra è accompagnata da un testo critico della storica dell’arte Cristina Beltrami.
Il titolo scelto per l’esposizione è lo stesso di una celebre poesia di Arthur Rimbaud del 1870: nei versi del grande francese la dolcezza e il tiepido calore della natura si scontrano con la crudezza e gli orrori della guerra franco-prussiana di quegli anni, che lascia dietro di sé corpi freddi e immobili. Questo inconciliabile contrasto tra pace e tormento è lo stesso che ritroviamo nel mondo del sonno, dove inquietudini e desideri si fondono in una selva di immagini a volte incomprensibili (anche e soprattutto) per noi stessi. Proprio questo è l’immaginario che nell’ultimo periodo Giulio Malinverni si prefigge di esplorare con la sua pittura.
I suoi sogni, si potrebbe dire, sono quelli di un nuovo surrealista che gioca con assonanze e contrasti, con miriadi di riferimenti e citazioni che si addensano in opere di piccolo formato quali Crocicchio, ma anche in grandi tele come l’imponente Il sogno, un dipinto di quasi tre metri di larghezza dove un viandante senza volto dorme placido sotto frutti succosi.
Proprio come nei sogni, inoltre, descrizioni minuziose si alternano a contorni sfocati ed instabili e a questa sensazione Malinverni arriva non soltanto giocando con la rapidità delle pennellate, ma anche sperimentando con la reazione dell’olio a vari supporti. Questo è il caso, ad esempio, di Natura viva, un olio su carta fiammata in cui due uccelli del paradiso si muovono su consistenze calcaree, ma anche di La parabola dei ciechi e Il trionfo della morte, ispirati ai capolavori di Pieter Bruegel, dove le lastre di marmo Iron Grey e Verde laguna fanno da sfondo ad un reticolo di brillanti puntini di colore e foglia d’oro.
Il percorso dell’esposizione, un po’ come farebbe quello di una notte tormentata, si conclude con l’atmosfera luciferina e irrequieta di Sogni piccanti, opera site-specific composta da cinque grandi dipinti che avvolgono completamente il visitatore nell’ultima sala della galleria, immergendolo in una folta giungla di peperoncini, dove citazioni della grande storia dell’arte si fondono con i talismani della cultura popolare. Qui i grandi frutti rossi si trasformano sotto i nostri occhi in imbarcazioni dantesche, o forse in gondole cremisi, riportandoci così tutto d’un tratto a Venezia: la città d’elezione di Malinverni, che qui si è trasferito nel 2013 per frequentare l’Istituto Veneto per i Beni Culturali e dove tutt’ora vive e lavora.
Con quest’ultimo avvolgente spazio si conclude dunque il percorso di Il dormiente nella valle, un’esposizione calibratissima, in cui ogni opera si pone come frutto di una ricerca ormai matura, sia dal punto di vista artistico che umano; dove, sulle pareti bianche, i dipinti sembrano affiorare come preziosi messaggi dal nostro subconscio.
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