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Il gusto dei genovesi, dal Seicento al contemporaneo: la mostra a Palazzo Reale di Genova
Mostre
L’incursione del contemporaneo all’interno di spazi espositivi storici fortemente connotati dal proprio passato non è di per sé nulla di nuovo nell’ambito di allestimenti museali o mostre temporanee. Con esiti più o meno felici e con dialoghi più o meno fruttuosi, i progetti che hanno visto questa integrazione sono innumerevoli. We linked passages. Maestri del ‘900 dalle collezioni private genovesi è, in questo filone, uno degli appuntamenti più recenti. Per l’esattezza, nel palazzo genovese che fu di proprietà delle illustri famiglie Balbi, Durazzo e Savoia, si tratta del primo ingresso del contemporaneo.
Allestita al piano nobile di Palazzo Reale a Genova, visitabile fino al mese di settembre, la mostra nasce da una contingenza. Lo spostamento di alcuni pezzi della collezione permanente destinati a prendere parte ad Highlights. Maestri dal ’500 al ’700 dai Musei Nazionali di Genova, negli spazi del Teatro Falcone dello stesso palazzo, suggerisce a Leo Lecci, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Genova e curatore di We linked passages con Luca Leoncini e Anna Manzitti, rispettivamente direttore e conservatore delle collezioni, una possibilità. Molto di più, come afferma Leoncini all’interno del catalogo: «Un’occasione irripetibile».
Il team di curatori preleva, dopo attenta selezione, 19 opere firmate da tredici artisti e prova un’integrazione nella reggia, quasi a immaginare una continuazione nel contemporaneo della collezione di Palazzo Reale. Del resto, le opere hanno una provenienza ben delimitata: le ricche collezioni private genovesi che danno conto anche del ruolo importante della città di Genova nel secondo Novecento rispetto alle ricerche artistiche più aggiornate. Le stesse scelte allestitive provano, con successo, a dare forma a una situazione domestica. Le opere non campeggiano al centro delle sale, non prevaricano sugli ambienti ma anzi, ricalcano in qualche caso le posizioni che hanno assunto da tempo all’interno delle loro case.
Il percorso si avvia e si conclude con opere di Ben Patterson, tra i fondatori del movimento Fluxus, e si snoda tra le sale con lavori di César, Piero Dorazio, Tano Festa, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Mattia Moreni, Michelangelo Pistoletto, Gerhard Richter, Mario Schifano, Ettore Spalletti, Ben Vautier. Artisti che non hanno bisogno di presentazione e che danno vita a inaspettati quanto ben riusciti accostamenti.
Per citarne solo alcuni, nella Sala delle Battaglie si potrà scorgere Structure (1972) scultura modulare di uno dei padri del Minimalismo, LeWitt, appoggiata su una consolle e amplificata nella forma ripetitiva da un gioco di specchi. Anche Compression-Renault (1968) di César, scultura cubica formata da lamiere d’auto compattate, in una posizione analoga, si inserisce tra i candelabri dorati che adornano le sale. Ben Vautier è presente nella Camera da letto della Regina con Ce n’est que la decoration (1981) e altri suoi tableaux-écriture fornendo al visitatore un commento ironico sullo sfarzoso e ricco arredamento dell’ambiente.
Nel Bagno del Re compaiono tre opere della serie Quadri specchianti, serigrafie a colori su acciaio lucidato a specchio di Michelangelo Pistoletto. Pappagallo (1971), Uovo (1962-1987) e Gabbietta (1973) si inseriscono così alla perfezione a incorniciare il Narciso del fiammingo Jan Roos (1630 circa), costringendo il fruitore a porsi nella stessa posizione del personaggio mitologico. Emozionante poi il confronto con Gerhard Richter che, nella Sala delle Udienze, domina la scena con la potenza del colore e della pennellata in Rot, Blau, Gelb (1972).
Una mostra ben studiata, quella genovese, che potrebbe diventare il numero zero di un appuntamento fisso che, come suggerisce il titolo preso a prestito da un’opera di Patterson, possa veramente “collegare” storie e cronologie, patrimoni di estremo valore prodotti in epoche diverse ma tutti riconducibili al raffinato gusto dei genovesi.