La terra, la casa, la famiglia, il corpo, per Francesco Schiavulli (Bari, 1963) tutto è dimora, involucro protettivo e salvifico che merita di essere indagato, tutelato, celebrato. Le sue opere, siano esse pittoriche, installative, performative, appaiono il risultato di un rito catartico attraverso il quale l’io infonde nel noi e l’alterità si connette all’individualità. Una ricerca capace di esplicarsi in svariati linguaggi e di abbracciare molteplici temi, dal ricordo alla cultura come fattore identitario, dalle tradizioni popolari alla socialità, dalla tutela per l’ambiente alla percezione del sé. I risultati di questo continuo peregrinare della mente sono oggi visibili in “Schiavulli (solo) exhibition”, un’ampia personale con dichiarate propensioni antologiche, organizzata a Barletta, dall’Associazione Eclettica – Cultura dell’Arte, nell’ambito del Circuito del Contemporaneo, format ideato e curato da Giusy Caroppo che mira a creare un sistema diffuso del contemporaneo in Puglia.
Curata da Barbara De Coninck, la mostra è stata inaugurata il 21 agosto, giorno della morte del celebre pittore barlettano Giuseppe De Nittis, a cui è titolata la Pinacoteca in Palazzo della Marra che, insieme ai sotterranei e al lapidarium del Castello, ospita le opere di Schiavulli. Il titolo della mostra, giocando sulla traduzione della terminologia inglese di “mostra personale” rinvia al contempo all’individualità (ma non solitudine) dell’artista, al suo essere “outsider”, artefice e orchestratore della propria ricerca. Nella visita si parte dai sotterranei del Castello. I
ncipit dell’esposizione sono i dipinti della serie Nero, realizzate nel 2000, “icone al negativo” per la curatrice, da mettere in relazione con la tradizione ortodossa di Bari. Figure emaciate, afflitte, scarnificate, gravate dall’esistenza, condizione a cui rimanda il fondo nero, ottenuto con ampie stesure di catrame. Esposti di rado, questi dipinti illustrano già l’interesse dell’artista per il corpo, indagato nelle sue potenzialità plastiche ed emotive, elemento individuale e sociale insieme.
L’esposizione prosegue con installazioni ambientali come La libreria del professore, Il misuratore di orecchie del 2004, Carne del 2002, progetto giovanile in cui, attraverso mani nodose, modellate ad arte, riprende il dramma dei Neri, Le scacchiere ed Ex libris, entrambe del 2017. Tutte opere di ampio respiro, più simili a work in progress che ad opere finite, estendibili ad libitum. Lavori in cui l’artista si fa catalogatore, misuratore degli oggetti, del corpo, del sapere, del materiale e dell’immateriale. L’intento è quello di registrare e archiviare la vita, nel tentativo di conoscerla fino in fondo, ma anche in quello ancora più vano di bloccarne l’ineluttabile flusso.
Chiude il percorso nei sotterranei Vorrei svuotare il mare del 2019, già esposto alla Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare. Un video intenso, dedicato al tema del pellegrinaggio come rito di espiazione e condivisione, che nel titolo, rivelatore di utopiche intenzioni, si ricollega a Sant’Agostino e alla sua riflessione sull’imperscrutabiltà del disegno divino. Le orecchie, elementi scultorei con una loro specifica plasticità, tornano anche nell’installazione L’Ultima Cena del 2017, sintetica riproposizione del cenacolo vinciano, riprodotto riprendendo le posizioni delle sole orecchie. Dietro l’operazione iconoclasta Schiavulli riduce il discorso per celebrare l’ascolto.
Risultanze performative oltre che installazioni sono le opere dislocate tra lapidarium e Palazzo della Marra. In quest’ultimo, in un allestimento della collezione De Nittis completamente ripensato, si distinguono l’installazione multimediale Oggetti esseri feroci del 2021 e il video multicanale S.o.s.ste / Verde del 2008. La prima è allestita nella sala del giapponismo, con cui si pone in diretto contatto. Mentre i ventagli dipinti da De Nittis sul finire del XIX secolo sono rievocazioni dell’Oriente, gli oggetti di Schiavulli sono feticci mnesici, testimonianze memoriali del suo luogo di vita, del qui ma non dell’ora. I ventagli di De Nittis guardano a ciò che è soggettivamente lontano, gli oggetti di Schiavulli, invece, testimoniano l’attaccamento per ciò che è teneramente vicino.
Anche S.o.s.ste / Verde si pone in dialogo con la stanza che la ospita. Una serie di volti discute sul colore verde e sulle suggestioni ad esso legate, proseguendo idealmente la conversazione che De Nittis sembra aver bloccato in uno dei suoi capolavori, Colazione in giardino. Il dialogo privato di un nucleo familiare interrotto nell’opera di De Nittis, nell’opera video di Schiavulli si allarga alla collettività, in un discorso di sensibilizzazione ambientale di rilevanza planetaria. La trasformazione dell’io nel collettivo è completa.
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