31 dicembre 2024

Il tempo della materia: Angelo Casciello a Villa Campolieto di Ercolano

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Nei suggestivi spazi di Villa Campolieto, nel cuore del Miglio d’Oro di Ercolano, in mostra le opere di Angelo Casciello, per un percorso che intreccia tempo e materia

A. Casciello - Campo -Lieto, 2024

La Fondazione Ente Ville Vesuviane, con il patrocinio della Regione Campania e il matronato della Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee Museo Madre, presenta negli spazi di Villa Campolieto, a Ercolano, la suggestiva mostra Opere 1980-2024, dalla collezione dell’artista di Angelo Casciello. Curata da Stefania Zuliani, l’esposizione offre una panoramica profonda su oltre 40 anni di produzione artistica, attraverso una selezione di più di 60 opere.

La mostra, ospitata nella splendida cornice di Villa Campolieto, sarà visitabile fino al 15 gennaio 2025. Ad accompagnare l’esperienza espositiva, un catalogo pubblicato da Editori Paparo, arricchito dagli scatti di Fabio Donato, un saggio introduttivo della curatrice Stefania Zuliani e contributi critici di Angela Tecce e Andrea Viliani.

Angelo Casciello, Il fiore, 2004

Angelo Casciello, artista originario di Scafati, Salerno, ha costruito un percorso che intreccia pittura, scultura e installazioni in un dialogo continuo tra memoria, tempo e natura. Formatosi nel fertile contesto del Miglio d’Oro e collaborando con figure chiave come Lucio Amelio, Casciello ha esposto più volte alla Biennale di Venezia e in prestigiose rassegne internazionali, mantenendo sempre un saldo legame con le proprie radici. Le opere esposte in quest’ occasione dialogano profondamente con gli spazi monumentali di Villa Campolieto diventando espressione tangibile di una riflessione sul tempo, sul passato e sul presente, attraverso forme che coniugano leggerezza e solidità, arcaico e contemporaneo.

A. Casciello, Aria, 2000

Ferro, pietra, legno, carta sono i materiali che l’artista interroga, creando un equilibrio tra progetto e improvvisazione. La scultura Fiore (2004), che accoglie i visitatori all’ingresso della Villa, con la sua verticalità monumentale e poetica, è solo uno degli esempi della sensibilità architettonica del linguaggio di Casciello. Le Maquettes (1980-2024) in esposizione, presentate per la prima volta, aggiungono un ulteriore livello di lettura alla mostra, rivelando l’approccio fragilmente concreto che sottende la sua pratica, sempre in dialogo con l’antropologia dei territori e del vivente che li abita nel presente e nel passato, come nel caso delle opere Vento di Velia (1995), Pompei (2024) e Casa dei misteri (2020).

A. Casciello, maquettes, 1980 – 2024

«In questo insopprimibile radicarsi, piuttosto che riferirsi, al passato», scrive Andrea Viliani nel catalogo, il momento dell’esposizione non si configura né come una semplice retrospettiva, né come un’antologia cronologica. È piuttosto un viaggio attraverso l’universo artistico di Casciello, dove ogni opera è un tassello di una narrazione più ampia che esplora le tensioni e le energie della materia, il dialogo tra l’individuale e il collettivo, tra lo spazio privato dell’atelier e la monumentalità degli spazi storici della villa vesuviana.

A. Casciello, Pompei, 2024

Nel saggio presente in catalogo, Angela Tecce sottolinea che Casciello «Non è rimasto sempre identico a se stesso, anzi la vastità del suo territorio creativo – dalla carta al ferro, dalla tela al paesaggio – lo ha sempre spinto a forzare e render più duttile e malleabile una poetica nata già matura. Duttile perché il rischio di individuare fin da subito la propria cifra può costringere un’artista a rimanere fermo per non perdere quella chiave di accesso privilegiata alla propria immaginazione, malleabile perché è nella sfida delle materie e delle dimensioni, nel rischio di mettere a repentaglio il già dato in vista del nuovo che si misura la forza e la coerenza di una pratica artistica senza cedimenti né diversivi».

A. Casciello, Stanza rossa

Un percorso espositivo che non si limita dunque a profilare la storia di un artista, ma invita il visitatore a immergersi in un’esperienza sensoriale e intellettuale, in cui ogni opera diventa una finestra aperta sul tempo, sulla memoria e sulla capacità trasformativa dell’arte, interrogandoci sul futuro. Nei suoi lavori risuonano Mirò, Picasso e Giacometti conciliando vivacità cromatica, scomposizione spaziale e monumentalità fragile. Ma anche Calder, Klee e le sculture aborigene, come rilevano sia Angela Tecce che Stefania Zuliani nei saggi presenti nel catalogo. L’elemento preponderante resta però la natura ctonia dell’arte di Cascello; la sua scultura, racconta Stefania Zuliani, secondo Filiberto Menna è «Il risultato di un procedimento in cui la spinta che viene dagli strati profondi (l’infanzia, l’arcaico) cerca incessantemente un esito verso la superficie mentre l’artista si dispone a un ascolto pronto a registrare, con la sensibilità di un sismografo, questi movimenti tellurici».

A. Casciello, Seme, 2020

Un’arte spaziale della felicità concreta. Angela Tecce in tal senso afferma che «Tutto sommato la felicità con cui Casciello si mette alla prova emerge dalle sue opere, il ricreare senza sosta la forza dei rami che si protendono al cielo, l’immensa e rugosa superfice di una foglia ingigantita, i tronchi dei alberi scavati e trasformati in incastro di piani, il distendersi di un cielo corrucciato nel rosso di un tramonto…è una felicità che attinge alla natura (è per questo che le sue sculture si incastrano così bene tra uno spazio aperto e l’azzurro che fa da sfondo) ma che al dato naturale “diretto” spesso rinunciano per farsi iconografie arcaiche». Una gioia che ci assale passeggiando tra i segni concreti dell’opera Campo-Lieto (2024) realizzata sul terrazzo della villa.

A. Casciello, Lo scheletro del mondo, 2005

Un’irrefrenabile “lietezza” man mano ci investe nel silenzio sospeso delle sale di Villa Campolieto in cui le opere abitano lo spazio, lo trasformano e lo fanno vibrare per noi. Le forme dialogano con gli ambienti storici, i materiali respirano la luce che filtra dalle ampie finestre, mentre ogni installazione sembra trattenere e restituire il passaggio del tempo. Ogni angolo, ogni superficie diventa un luogo di sosta e di ascolto, un invito a rallentare, a osservare, a lasciarsi attraversare dalla narrazione fenomenica della materia. Il tempo della materia si intreccia con quello dello sguardo attuale, in un dialogo senza fine tra l’arte, la storia e chi sceglie di perdersi o ritrovarsi nell’architettura mai monumentale eppur edificante delle tracce di Casciello.

A. Casciello, Le visioni del santo, 2021
A. Casciello, Tagliando l’aria, 1993
A. Casciello, L’ara del tempio del sacrificio, 1984

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