Di cani, lupi e meduse, di navi rompighiaccio e frutti dimenticati e poi di fake news, carezze virtuali, intossicazioni da Coca-Cola, Black Lives Matter. Di queste a altre storie ancora, tra grandi questioni sociali e intimi gesti poetici, raccontano le immagini in movimento dei 12 artisti invitati alla nona edizione di “VISIO-European Programme on Artists’ Moving Images”, progetto di ricerca e residenza promosso da Lo Schermo dell’arte, dedicato ad artisti under 35 e che, dopo seminari, talk, attività laboratoriali e tavole rotonde, trova il suo punto di arrivo in “Resisting the Trouble – Moving Images in Times of Crisis” mostra visitabile fino al 4 giugno negli spazi di Manifattura Tabacchi, a Firenze, a cura di Leonardo Bigazzi. Originariamente prevista per il 9 novembre 2020, l’apertura della mostra è stata spostata a maggio 2021, a causa delle misure di sicurezza previste per la pandemia.
«Finalmente anche Manifattura Tabacchi riapre al pubblico e, al fianco de Lo schermo dell’arte, presenta dodici emozionanti opere di videoarte allestite sullo sfondo suggestivo dei suoi spazi ex industriali», ha dichiarato Michelangelo Giombini, Head of Product Development di Manifattura Tabacchi. «La mostra “Resisting the Trouble” rinnova l’impegno a contribuire alla vita culturale di Firenze, che ha caratterizzato sin dall’inizio il processo di trasformazione del complesso. Con la recente apertura del cantiere della Factory, saranno realizzati oltre 20.000 mq di spazi rigenerati che ospiteranno atelier, negozi e spazi per uffici e coworking a partire da settembre 2022», ha concluso Giombini.
Prodotta e organizzata da Lo schermo dell’arte con NAM – Not a Museum, nell’ambito di una collaborazione che proseguirà anche con la 14ma edizione del Festival, dal 10 al 14 novembre 2021, l’esposizione rappresenta una summa della produzione visiva più attuale. A partire da un taglio generazionale comune ma geograficamente trasversale, con gli autori nati in diversi Paesi del mondo ma residenti in Europa, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, un lasso temporale fondativo della contemporaneità : Jonas Brinker (1989, Germania), Claudia Claremi (1987, Cuba/Spagna), Helen Anna Flanagan (1988, Inghilterra/Irlanda), Valentina Furian (1989, Italia), Megan-Leigh Heilig (1993, Sud Africa/Germania), Marcin Liminowicz (1992, Polonia/Olanda), Edson Luli (1989, Albania/Italia), Olena Newkryta (1990, Ucraina/Austria), Ghita Skali (1992, Marocco/Olanda), Peter Spanjer (1994, Nigeria-Germania/Inghilterra), Emilia Tapprest (1992, Finlandia-Francia/Olanda), Tora Wallander (1991, Svezia).
Ed è in questa densa varietà degli stili e delle narrazioni che si legge la filigrana di un territorio comune, di un sentire condiviso ed espresso, con evidenti e significative sfumature, nell’ampio linguaggio dell’immagine in movimento. «Durante il lockdown le immagini in movimento, più di ogni altro medium artistico, hanno dimostrato di avere la capacità intrinseca di superare i limiti dello spazio espositivo, sfruttando la mediazione delle tecnologie a nostra disposizione», ha spiegato Bigazzi.
«In questo contesto di incertezza e precarietà , può l’arte rappresentare uno strumento di resistenza all’alienazione e all’isolamento a cui siamo sottoposti? Come si può evitare un futuro distopico in cui le relazioni fisiche rischiano di essere interamente delegate alla dimensione digitale? In che modo possiamo recuperare una funzione attiva nel processo di cambiamento e incentrarlo sul valore della diversità , del rispetto e della solidarietà ? La mostra s’interroga sulla possibilità di immaginare modelli inclusivi di coesistenza in grado di scardinare le strutture di potere esistenti, e di superare canoni e stereotipi consolidati legati alla competizione e alla prevaricazione tra esseri viventi», ha continuato il curatore della mostra.
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