“Di tutte quelle grazie che spirano un nn so che di terreno, ma che movono più facilmente il mio cuore fatto anch’esso d’argilla” (Ugo Foscolo)
Grazie a un allestimento da film che promette scene sospese e clip fuori dal tempo, gli spazi espositivi del museo civico di Bassano del Grappa assumono maggior fascino per una mostra spettacolare che tira dentro il visitatore col suo sapore antico e avvolgente. L’esposizione “Io Canova. Genio Europeo”, dedicata al grande artista per il bicentenario della sua morte (1822), mediante numerosissimi prestiti racconta tutto ciò che è possibile immaginare sull’artista, sull’uomo e su alcune vicende cruciali d’importanti pagine della storia d’Italia. C’è infatti l’epica del passato ma anche quella del futuro immaginario. Ci sono rimandi a personaggi come grandi Papi e a Napoleone Bonaparte, e si parla pure di “mezzucci” e trafugamenti di opere (spedite dal Bonaparte per la nascita del Louvre) e per fortuna, di restituzioni.
È proprio grazie a Canova che tornano indietro molte opere e che finalmente si posa la prima pietra per il pieno riconoscimento del valore del nostro patrimonio artistico. E poi non mancano i dati del Bello, il gusto dell’antico che soltanto la scultura di Canova poteva esercitare, in quell’armonia impressa negli sguardi delle figure scolpite, delle divinità rese umane, dei personaggi storici, dei miti. C’è tanta dolcezza evocata in gesti semplici, in quelle mani affusolate o nelle delicate dita sul mento come nella celebre Danzatrice. Insomma, sono sculture come di burro: un effetto però appena percepibile, sia nei riccioli di capelli che sembrano volteggiare nell’aria, sia nei sottili strati di velature della materia, nonché nella creta grezza.
Canova, com’è noto, lasciava emergere il procedimento del suo lavoro e ciò è evidente anche dai punti di repere con cui molte sculture sono concepite, o nella leggera polvere di marmo rosato che dopo due secoli ancora trasfonde d’incanto le sale del museo di Bassano. Perché ciò che è eterno nell’opera di Canova è l’essenza dell’antico reso umano. Pensiamo alla curva dei fianchi della Danzatrice o al dolce sonno sulle palpebre di Endimione.
È ancora possibile che oggi uno scultore restituisca tanto ardore, candore, purezza, e carne? I nostri contemporanei, da Jago a Vezzoli, sanno portare questo in dote? Ma poi, soprattutto nella mostra di Bassano c’è lei, la Maddalena che s’abbandona tra i sensi. Non è un caso se il poeta John Keats di stanza a Roma nel secolo del Gran Tour, abbia dedicato un’ode incantevole dopo aver visto la scultura di “Amore e Psiche giacenti” commissionata da Campbell al grande artista Antonio Canova.
Casuale non è neppure che Bernard Berenson, il noto storico dell’arte lituano, nei primi del ‘900 si sia fatto fotografare accanto all’abbagliante scultura di Paolina Borghese (scolpita dal 1815) distesa su un letto di marmo nella sua dimora romana di Villa Borghese. Invece, al contrario, è pura fortuna se la “Maddalena giacente” (dal 1819) pezzo forte della mostra a cura di Giuseppe Pavanello e Mario Guderzo con la direzione scientifica di Barbara Guidi, sia stata esposta al pubblico e la sua meraviglia stia risuonando in tutta l’Italia.
Le ragioni del successo per cui la scultura è così ammirata (e i motivi per cui tutta la mostra sta davvero piacendo) vanno cercate lontano: non sono esclusivamente attribuibili all’intricata vicenda del ritrovamento della Maddalena o al (per noi fortunato) mancato acquisto all’asta londinese di Christie’s: non sparendo dalla circolazione nella villa di un qualunque magnate straniero – è oggi possibile vederla più facilmente o richiederla per un’esposizione.
C’è senz’altro però anche un dato formale di fragilità assoluta, appunto, un valore di bellezza candida intrisa nella sua essenza marmorea. Punto d’arrivo ma anche di partenza nella carriera dell’artista veneto, la statua “orizzontale” della Maddalena giacente, costringe a un totale ripensamento del lavoro di Canova scultore, almeno negli anni della sua esecuzione e non solo: induce anche a una riflessione sull’idea di estetica e bellezza di ieri e di oggi.
Facciamo il punto con il curatore Mario Guderzo e la direttrice del museo Barbara Guidi in una intervista doppia.
Come stava diventando il linguaggio di Canova in quella fase? Cioè, che sviluppo c’è stato nell’eseguire la Maddalena rispetto, ad esempio, alla composizione della scultura di Paolina? Dal punto di vista iconografico, materico e formale, gli anni di passaggio da una scultura all’altra non sono molti.
Guderzo: Alla fine della sua carriera di scultore Canova si concentra su una sequenza di figure distese: Dirce (Londra Buckingham Palace), Najade (Londra, Buckingham Palace), Endimione dormiente (Chatsworth UK), Ninfa dormiente (Victoria & Albert Museum) e Maddalena giacente (Collezionisti privati). Non è un caso, forse ci sono difficoltà fisiche. Sta di fatto che la Maddalena è l’ultima scultura: un tema religioso. Sono opere molto lontane da Paolina Borghese (1804-1808) che ha degli elementi di connotazione con il Cristo velato di Sammartino (Napoli, Cappella Sansevero), ma sicuramente degli antecedenti nelle Veneri di Giorgione e di Tiziano, tanto che Canova aveva realizzato due dipinti sullo stesso tema. Accanto a questo tema collocherei la Deposizione di cui al Museo di Possagno è conservato il modello in gesso. Il marmo non fu mai realizzato, ma dal modello fu ricavato un marmo oggi conservato a Terracina (chiesa di San Salvatore). Come si sa, sono pochi i soggetti religiosi nella produzione del Canova.
Perché l’esperienza di visita a mostre, esposizioni, musei dove Canova campeggia è ancora oggi così avvolgente? Perché, insomma, soprattutto la mostra a Bassano è stata “spiazzante” non considerando la raffinata e competente bravura dei curatori e del riuscitissimo progetto d’allestimento?
Guidi: La fascinazione che le opere di Canova esercitano su di noi è senz’altro un fattore importante. Tuttavia, una mostra è un amalgama complesso che va oltre la notorietà di un tema o di un artista; un amalgama fatto di serietà dei contenuti, bellezza delle opere, capacità di presentarle in un allestimento che le faccia dialogare con lo spazio e le valorizzi e, infine, l’efficacia nel comunicare a tutti i temi portanti attraverso un racconto che sia il più possibile coinvolgente. Il raggiungimento di questo equilibrio, unitamente al fascino che le opere di Canova possiedono, rende la visita appagante.
Guderzo: attira l’attenzione del pubblico per la sua contemporaneità. Lo Studio di Canova a Roma produce opere contemporanee. La sua ispirazione mediata dalla conoscenza della scultura romana, ha certamente una valenza nuova. Sia la mostra di Napoli (Canova e l’antico), quella di Roma (Canova eterna bellezza) e quella di Milano (Canova e Thorvaldsen, a vantaggio di Canova), hanno evidenziato molti aspetti delle sue sculture in marmo. Non va trascurato che alla morte di Canova la sua arte scompare. Considerato come artista cimiteriale, riemerge soprattutto negli anni Sessanta del Novecento grazie alla comparsa delle opere dei grandi collezionisti internazionali (George Washington in USA). Ed è allora che si percepisce la grandezza di questo scultore. Ringraziamo Argan e Hugh Honour.
Entrare nel museo civico di Bassano, e andare di stanza in stanza tra le opere di Canova, ha significato inciampare fatalmente di fronte alla “bellezza” neoclassica: ma questa è ancora l’unica bellezza che sappiamo riconoscere? È questo il motivo per cui dalla mostra di Bassano se ne esce così estasiati?
Guidi: La bellezza è un balsamo per il cuore. Dopo le vicissitudini e le difficoltà di questi ultimi due anni, credo che le persone abbiano un bisogno profondo di entrare in contatto con il bello e di farlo fisicamente. Ma Canova va oltre la dimensione estetica delle sue opere e, sotto l’involucro perfetto delle sue opere si scoprono anche dei valori profondi. E il pregio della mostra di Bassano è proprio questo, far conoscere un Canova a 360 gradi, non solo l’artista ma anche il collezionista, il diplomatico, il sostenitore dei giovani artisti, il protettore del nostro patrimonio artistico e culturale. Una figura affascinante e attualissima, dalla quale si può ancora imparare molto.
Guderzo: Dalla mostra di Bassano si esce ‘incantati’ perché abbiamo messo in evidenza un Canova a 360 gradi: uomo, artista, teorico, mecenate, diplomatico, ambasciatore, liberatore (“Napoleone ruba, Canova libera”), teorico del restauro e legislatore. Tra queste qualità emerge l’uomo: sensibilità, forza di volontà, accanito lavoratore, umile nelle relazioni, ma convinto. sono aspetti che non sono mai stati valutati. si è sempre preferito pensarlo eccezionale nei marmi lucidi.
Perché Canova nei secoli è stato e ancora è, un punto di snodo per un’esperienza estetica fuori dal comune?
Guderzo: Canova è il traghettatore di uno stile che procede spedito verso nuovi linguaggi, ma nello stesso tempo, Canova trasmette la bellezza che è pregna di umanità, non solo di idealizzazione.
Che impatto sociale, scientifico e culturale sta avendo la mostra sulla città che la ospita?
Guidi: Bassano è custode di uno dei fondi più ampi e importanti al mondo di opere di Canova, punto di riferimento per gli studi sull’artista. Celebrarlo nell’anno in cui ricorrono i duecento anni dalla morte era un atto dovuto che ribadisce il ruolo del Museo di Bassano nel panorama degli studi su Canova ma anche nel panorama museale del Veneto quale luogo in grado di produrre progetti culturali di ampio respiro. Si tratta di una mostra di alto valore culturale e sociale, ne è prova l’ampio ed entusiasta accoglimento da parte della città ma anche il successo di critica e di pubblico che sta riscuotendo.
Guderzo: Bassano Del Grappa è il deposito di un archivio documentario fondamentale (disegni, lettere, documenti, diari, gessi; dipinti, volumi d’arte). Possagno può essere pensato come l’archivio iconografico dato che conserva tutti i modelli.
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