Forse perché la sua scrittura era così visiva, legata a una dimensione delle cose tanto precisa, calata nel reale, quanto sfuggente, laterale, immaginativa. Forse anche per questo Italo Calvino è uno degli autori più citati in ogni ambito e, in particolare, nell’arte. La mostra che aprirà a ottobre 2023, a Roma, alle Scuderie del Quirinale, racconterà proprio tale relazione così strettamente intrecciata tra le parole e il mondo, un progetto visivo attraverso l’opera dello scrittore. E lungo i suoi molteplici interessi, i dialoghi, le ricerche, le scelte, l’impegno politico e civile, i luoghi. Pensata in occasione del centenario della nascita di Calvino (Santiago de las Vegas, Cuba 1923 – Siena 1985), la mostra è stata presentata in occasione della 35ma edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino e sarà curata da Mario Barenghi.
Particolare attenzione sarà destinata al rapporto di Calvino con le arti, di cui hanno parlato durante la presentazione, il curatore Barenghi e Marco Belpoliti, introdotti da Rosanna Cappelli, amministratrice delegata di Electa e Matteo Lafranconi, direttore delle Scuderie. Grazie al sostegno e alla disponibilità di istituzioni pubbliche e private nazionali e internazionali e di numerosi artisti e collezionisti, la mostra indagherà compiutamente, per la prima volta, il legame con le immagini, visualizzando, al contempo, il percorso creativo dello scrittore, dando forma all’immaginario, alle idee, alle teorie.
La mostra sarà scandita diacronicamente in dieci sezioni sui due piani delle Scuderie del Quirinale. Eterogeneo il materiale in esposizione: più di 200 prestiti, tra dipinti, sculture, disegni, illustrazioni di decine di artisti dal Rinascimento a oggi, codici miniati medievali, arazzi, armature, fotografie e ritratti d’autore, come quelli di Carlo Levi, e poi tutte le prime edizioni dei libri e quelle più significative.
Per Calvino l’arte fu un’inesauribile miniera di ispirazioni, a partire dalle scelte di copertina dei suoi libri, mai casuali, mai secondarie, con gli amati Klee e Picasso. E poi gli scritti dedicati a singoli artisti, come Giulio Paolini, Fausto Melotti, Giorgio de Chirico, Domenico Gnoli, Saul Steinberg, Luigi Serafini, Enrico Baj, Gianfranco Baruchello, Tullio Pericoli e tanti altri. Le opere e le installazioni direttamente ispirate ai suoi libri, “Le città invisibili” in primo luogo ma non solo, anche pensate e create per l’occasione da artisti viventi come Emilio Isgrò. Le illustrazioni per i suoi volumi, come quelle per le Fiabe italiane di Emanuele Luzzati, i bozzetti teatrali di Toti Scialoja, le esperienze artistiche più recenti accostabili per varie ragioni all’immaginario calviniano come quelle di Giuseppe Penone ed Eva Jospin.
Filo conduttore del progetto curatoriale è appunto la dimensione visuale, a cominciare da quell’immagine “che gira per la testa’’ di cui Calvino parla in uno dei suoi primi autocommenti, la “Nota 1960” ai “Nostri antenati”, illustrando la genesi delle sue opere. Afferma il curatore: «Il punto di partenza è un’immagine – “nata chissà come” – che si porta dietro a volte per anni; a poco a poco dall’immagine comincia a dipanarsi una storia, che gradualmente dispiega significati inattesi e acquista senso. Più tardi, a innescare la fantasia calviniana saranno fattori diversi: le teorie cosmologiche, gli arcani dei tarocchi, oggetti d’uso quotidiano. Costante rimane però l’avvio da uno spunto visuale, di cui il lento lavoro della scrittura rivela le potenzialità dandogli forma di racconto».
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