«I am standing on the corner of Stanton and Chrystie, waiting for the traffic light to change»: nessuno, come John Giorno, ha mai combinato versi di poesia con colori e tipografie di grande bellezza così generosamente e inaspettatamente. Del resto, «the medium is the message», confidava in una lunga intervista a Hans Ulrich Obrist ricordando, anche, di come quando iniziò a scrivere poesie l’ispirazione fossero Andy Warhol, Robert Rauschenberg e Jasper Jones: «I found words, phrases in newspapers and magazine. It became my poetic form. My influence was the Pop artists and how they used found images. My teachers were the Pop artists and Burroughs and the ‘60s. You should go to school and learn things, but your teacher is life. A live transmission».
Rose, narcisi, fiori di ciliegio, lavanda, peonie, papaveri: i Perfect Flowers che danno il titolo alla prima mostra personale di John Giorno a Bergamo, nella galleria di Thomas Brambilla, fioriscono nello spazio affondando le radici nella raccolta di poesie Welcoming the Flowers, come anche nella tradizione delle nature morte occidentali, nella pittura cinese, negli haiku giapponesi e nella spiritualità buddista (della tradizione tibetana nyingma) senza figurazione alcuna. Giorno non ha mai cercato di illustrare versi anzi, lasciando alle parole la libertà di elevarsi e amplificarsi sulle superfici di colore, ha dissacrato l’aridità visiva erroneamente presupposta di un’arte fondata sul linguaggio.
Ecco, allora, che lance purpuree di Iris sguainate in lotta con l’ira (Iris purple spears unsheathed wrestling wrathful) si impongono – in rosa su una superficie verde – centrali tra rosse orchidee (che) sono lingue che mentono su sfondo giallo – Orchids are the tongues that lied – azzurri nasturzi (che) sfoggiano trombe di fuoco stuzzicanti e demoniache – sempre su sfondo giallo, Nasturtiums flaunt trumpets of fire teasingly demonic – rosse ninfee che succhiano fango – Waterlilles sucking mud – e arancioni carillon di foxglove (digitalis purpurea) che piangono perle (su sfondo nero, Foxglove carillon crying pearls).
Ci si muove tra i Perfect Flowers incontrando anche la lavanda (che ride fiduciosa, Lavender laughing lusteful, su sfondo rosa), gialle Clematis aggrappate al celeste devoto su sfondo rosso e bianche su sfondo azzurro (Climatis clinging celestial devoted), neri narcisi su sfondo viola battezzati nel burro (Daffodils baptized in butter), gialle e nere peonie su sfondi azzurro e giallo che rovesciano latte di malizia (Peonies toppling milk of malice), fiori di ciliegio (che) sono lame di rasoio (The cherry blossoms are razor blades), azzurro glicine su sfondo rosso che afferra il vuoto (Wisteria grasping emptiness) e verdi e viola papaveri carichi di minacce di droga (su sfondo arancione, Poppies packed with drug threats).
Nessuno di loro è illustrato eppure ce li figuriamo tutti, uno dopo l’altro scanditi da un ritmo seriale e cromatico in perfetto stile pop, nella loro perfezione. Una perfezione che trascende l’analisi letterale e abbraccia, in pieno spirito buddista, l’impermanenza della vita e la natura della mente – quella verso la quale Giorno fu spinto da Burroughs, che gli aprì gli occhi sulla manipolazione negativa dei media da parte di forze malintenzionate per controllare le persone e schiavizzarne l’intelletto.
Ma, anche, una perfezione che John Giorno – in vita come post mortem – ha sapientemente equilibrato tra la parola scritta e quella parlata, usando l’intonazione per aggiungere strati di profondità, ritmi visivi e tonalità. Eccolo qui, allora, il segreto di Perfect Flowers: le 19 tele esposte si adattano perfettamente allo spazio, a ogni persona e a ogni situazione – come un testo scritto – prestandosi, nel mentre e proprio come un testo parlato, alla riproduzione sempre diversa e specifica nel tempo e nello spazio di ogni singolo interlocutore. John Giorno performava con la vita, e cos’è tutto questo se non vita che colpisce il nostro naso con un petalo di rosa (Hit my nose with the stem of a rose)?
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