Un viaggio nel tempo e nello spazio, nella materia e nella forma, nell’esistenza umana di oggi e di domani. Fondazione Modena Arti Visive celebra Kenro Izu e la sua fotografia sospesa nel tempo con “Requiem for Pompei”, un progetto che è più di una semplice mostra e si rivela basilare per l’imprescindibile necessità delle istituzioni museali contemporanee di fare rete, rendendosi forti di partnership straordinarie.
È, infatti, nel 2015 che si fondano le basi di questa mostra, quando Fondazione Fotografia Modena, ora parte di Fondazione Modena Arti Visive, ha iniziato una collaborazione con Kenro Izu per raccontare Pompei, la tragica sorte di una città e dei suoi cittadini, attraverso lo sguardo unico del fotografo giapponese, che ha fatto del legame fra presente e passato un tratto fondamentale del suo stile.
Fino al 13 aprile negli spazi espositiva del MATA di Modena, la mostra è il frutto di un progetto sviluppato negli anni e sviluppa un percorso di cinquantacinque immagini in bianco e nero che catturano e trasportano chi le osserva in un universo quasi magico, perfino intangibile, un mondo che è oltre il reale e trascende il tempo e lo spazio. Le fotografie, inedite, di cui trenta stampate appositamente per l’occasione dall’autore, fanno tutte parte della collezione della Fondazione di Modena e saranno prossimamente ospitate presso il Parco Archeologico di Pompei, il quale ha collaborato all’organizzazione della mostra stessa.
Attivo fin dagli anni Sessanta, Kenro Izu è affascinato dalla storia e dalla sua potenza, raccontata attraverso ciò che gli uomini hanno lasciato dietro di sé ad ogni loro passaggio. Da Stonehenge agli scavi di Palmyra, passando per le Piramidi di Giza e quelle di epoca Maya in Messico, il Machu Picchu e i templi disseminati fra Tibet, India e sud-est asiatico, l’artista giapponese racconta l’uomo presente attraverso le immagini di quei luoghi e monumenti che sembrano così lontani nella storia umana, ma che ogni giorno si rendono testimoni tangibili dell’esistenza materiale, della verità, della vita.
È così che i siti e gli scavi archeologici si fanno simbolo di un confronto profondo fra il mondo di oggi e quello di ieri, abbattendo i muri del tempo e dello spazio. È così che Pompei e i suoi abitanti diventano un simbolo della caducità dell’esistenza umana, oltre che un presagio catastrofico che incombe sull’uomo contemporaneo e la sua totale mancanza di rispetto verso la natura. È così che, negli scatti di Kenro Izu, copie dei calchi originali degli abitanti di Pompei si riappropriano degli spazi della città a quasi due millenni di distanza dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Gli scatti hanno loro stessi un che di vintage: l’artista giapponese, infatti, utilizza il banco ottico, fotocamera in uso fin dagli anni Quaranta dell’Ottocento, mentre la stampa prescelta è la platinotipia, tecnica antica che esalta i contrasti di luci e ombre e la matericità della pietra.
A rendere il tutto ancora più intenso ed emotivamente coinvolgente, Kenro Izu sceglie di inserire nel percorso i calchi utilizzati per le fotografie, in prestito dal Parco Archeologico di Pompei, a sottolineare la profonda collaborazione tra gli enti culturali per la realizzazione del progetto.
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