A che cosa serve una mappa? Una mappa si può utilizzare per trovare un luogo, un oggetto, per tracciare un percorso, può suscitare piacere estetico e permettere di esplorare uno spazio immaginario. Qualunque sia il suo ruolo, solitamente una mappa rappresenta una porzione di mondo che viene filtrata dal vissuto e dal modo di pensare dei cartografi, che si appropriano e deformano ciò che vedono o immaginano.
Le mappe esposte nella mostra dell’Osservatorio di Fondazione Prada Calculating Empires: A Genealogy of Technology and Power, 1500-2025 – ideate dai ricercatori Kate Crawford e Vladan Joler – scardinano le funzioni tradizionali della mappa. Si sviluppano contemporaneamente su una dimensione tematica, spaziale e temporale e sono come scatole cinesi composte da Black Boxes. Le scatola nere vengono impiegate dagli scienziati per indicare una parte di meccanismo o un insieme di istruzioni quando sono troppo complesse: i ricercatori disegnano al loro posto un piccolo rettangolo nero di cui si conoscono solo i segnali di entrata e di uscita, “sigillando” e ignorando i contenuti.
Le mappe di Crawford e Joler scoperchiano le scatole nere della tecnologia degli ultimi 500 anni ed esaminano le implicazioni che hanno con il potere. Per utilizzare la terminologia del filosofo Michel Foucault, le mappe riportano le analisi di una genealogia del presente: sviscerano un oggetto partendo da una domanda urgente della contemporaneità.
Questa profondità temporale della mappa è stata scelta perché nei primi anni del Cinquecento sono sorte le prime reti globali, culturali e mercantili. Proprio il riferimento a questo snodo è ciò che dà il titolo alla mostra e al dittico delle mappe: Calculating Empires. Infatti, Crawford e Joler ritengono che per decolonizzare completamente il nostro mondo sia necessario riflettere su come gli imperi abbiano plasmato il nostro presente. Solo affrontando gli intrecci tra il colonialismo, la militarizzazione, l’appropriazione e l’automazione, si può comprendere come essi continuino ad assoggettare la nostra realtà.
La mostra occupa tutti gli ambienti dell’Osservatorio di Fondazione Prada e si sviluppa quindi su due piani: il primo piano mostra una sorta di teatro anatomico dell’intelligenza artificiale, concentrandosi sulla dimensione spaziale; il secondo piano accoglie l’ambiente buio e immersivo della stanza delle mappe, approfondendo la dimensione temporale.
Il pezzo centrale dell’esposizione del primo piano è Anatomy of an AI System (2018) di Crawford e Joler e, come suggerisce il titolo, consiste nella mappatura dell’anatomia dell’intelligenza artificiale impiegata dall’assistente vocale Echo di Amazon. Vengono rappresentati i processi legati alle tre componenti cruciali dell’AI, ossia le risorse materiali, il lavoro umano e i dati. La mappa si può leggere a partire da tutte le direzioni: andando da sinistra verso destra si esamina lo sfruttamento dei processi geologici fino alla disgregazione dei rifiuti elettronici tossici nel terreno; andando dall’alto verso il basso ci si concentra sull’essere umano e viene evidenziato come i sistemi di AI dipendano dall’estrazione, dall’incorporazione e dalla mercificazione di tutta la storia del lavoro creativo e cognitivo.
Tutti i processi riportati nella mappa vengono approfonditi nelle altre opere presenti: la scorporazione fisica di un dispositivo Echo; Amazon worker cage patent drawing as virtual King Island Brown Thornbill cage (2016) di Simon Denny, ossia la riproduzione di un brevetto Amazon di una gabbia concepita per ospitare i propri operai dei magazzini logistici; e una teca con le risorse materiali contenute all’interno di un sistema AI, etichettate con la loro tossicità e la provenienza (solitamente zone di guerra).
Nel secondo piano si trova la stanza delle mappe, che si presenta come un dittico contenuto fisicamente in una scatola nera. Nella parte sinistra si trova la mappa dedicata alla Comunicazione e alla Computazione, mentre la parte destra è dedicata al Controllo e alla Classificazione. In entrambe sono stati selezionati i momenti, le idee e le infrastrutture che mostrano l’evoluzione sinergica di questi sistemi. Nel resto del piano è stata esposta parte della documentazione fisica utilizzata, come libri, carte geografiche storiche, calcolatrici. Inoltre, a disposizione dei visitatori, c’è una copia cartacea delle mappe di Calculating Empires, su cui ciascuno può scrivere segnalando degli approfondimenti. Proprio quest’ultimo elemento è indicativo della gestione collettiva del progetto: non solo per gli innumerevoli esperti che sono stati coinvolti, come ingegneri, grafici, filosofi, storici dell’arte, matematici, ecc., ma anche per l’interconnessione tra gli esseri umani e i protagonisti dei processi tecnologici e di potere che Crawford e Joler fanno emergere attraverso le loro mappe.
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