La personale di Alessandro Sambini a cura di Francesca Lazzarini è stata inaugurata presso la Galleria Michela Rizzo e rimarrà visitabile fino all’8 luglio. L’artista, il cui lavoro si colloca all’intersezione tra fotografia, video, realtà virtuale e performance, esplora da quasi un decennio la relazione tra le nuove tecnologie e le forme di percezione e conoscenza da esse attivate nel pubblico.
La mostra propone una selezione di opere tra le più significative degli ultimi anni, mettendo al centro della narrazione le riflessioni di Sambini sui mutamenti che la svolta digitale prima e computazionale poi hanno innescato nei modi di produzione e fruizione delle immagini. Il risultato è un percorso eterogeneo per media e temi, al cui interno è possibile ripercorrere la storia e l’evoluzione delle tecniche e dei linguaggi estetici che hanno caratterizzato la sfera del web negli ultimi dieci anni.
Sambini è consapevole della rapidissima e vertiginosa tendenza del web a digerire forme e tecnologie; per resistere a tale rischio di inattualità, l’artista mescola nel proprio approccio la critica al gioco, la serietà all’ironia. Sin dalla prima sala, dove la video-installazione Jean Claude Was Hit by a Train, realizzata nel 2016, si confronta con la tecnica del collage amatoriale di video e materiali preesistenti recuperati da Youtube e piattaforme simili. L’opera provoca nel visitatore una particolare forma di nostalgia: il greenscreen, il montaggio veloce, le grafiche videoludiche datate appaiono oggi come delle strane forme di fossili virtuali, testimonianza di un mondo che, per quanto recente, sembra oggi essere stato definitivamente superato.
Human Image Recognition, serie iniziata nel 2021 e tuttora in corso, affronta invece il tema del machine learning. Mutuando le modalità del riconoscimento visivo proprie delle reti neurali, l’artista gioca a farsi macchina, emulandone le forme col pennarello su una serie di celebri fotografie. Il percorso si conclude con il lavoro che da nome alla mostra, L’era dei giganti, realizzato nel 2023.
Si tratta di una performance in VR in cui lo spettatore, immerso in un onirico e surreale spazio virtuale, si trova a confronto con una gigantesca figura antropomorfa. Il lavoro si interroga sulle dimensioni, sia fisiche che spirituali, assunte dagli esseri umani nell’uso dei social, come nel caso di Tik Tok, in cui figure più o meno carismatiche dispensano consigli e verità assolute assurgendo al ruolo di oracoli dei nostri tempi. Il gigante parla all’utente, ma non si tratta di un vero dialogo, quanto piuttosto di una conversazione a senso unico. Che sia forse una reincarnazione virtuale del titano di Goya, presagio di sventura e disastro?
Sambini lascia aperta l’interpretazione, limitandosi a indicare, con la lucidità che gli è propria, l’irriducibile assurdità del mondo in cui viviamo.
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