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L’intruso inventato cioè l’asfalto veneziano: l’inaspettata riflessione in mostra a Venezia
Mostre
«E dov’è l’asfalto a Venezia?» – È questa la domanda che si pongono i visitatori dopo aver letto il titolo della mostra all’ingresso di spazio Panorama. Un interrogativo da cui sono partiti anche i curatori del progetto con la pubblicazione del volume “Guida incompleta all’asfalto veneziano”, edito della casa editrice El Squero. La guida, presentata lo scorso 3 luglio in occasione del vernissage, raccoglie le fotografie di Giacomo Bianco e Tommaso Mola Meregalli, che catturano alcuni degli angoli della città lagunare in cui si riscontra la presenza dell’asfalto. Gli scatti sono sufficienti a minare l’immaginario romantico di Venezia come città incontaminata e sospesa nel tempo.
Uno degli obiettivi dell’esposizione è quello di spogliare l’asfalto dai pregiudizi associati al grigiore e al caos delle città occidentali, cercando invece, attraverso un esercizio dello sguardo, di valutare questo materiale da un punto di vista artistico. La rappresentazione fiabesca di Venezia come un ambiente estraneo alla modernità viene messa in discussione dai fotografi e dagli artisti in mostra. Le fotografie di Bianco e Mola Meregalli – rispettivamente Untitled e Rio Terà Ognissanti, 2024 – introducono il visitatore in un paesaggio diverso, quello dell’altra Venezia, in cui la presenza dell’asfalto rompe il sogno ameno dei turisti.
La consapevolezza che anche Venezia non è immune dall’asfalto costituisce un punto di svolta e crea una duplice identità sulla quale insistono gli artisti con le proprie riflessioni. In una città priva di automobili risulta spiazzante la presenza di un giovane pilota che, accompagnato dalla sua ombrellina, percorre Rio Terà in cerca di una pista da corsa asfaltata. La performance BSPR (Being so paranoid at Rio Terà) di Francesco Fazzi sottolinea con ironia la peculiarità della città lagunare, in cui un pilota è fuori luogo a confronto con le figure in abiti carnevaleschi che abitano la città tutto l’anno.
Valentina Goretti, con la sua scultura Backpacks are still over there, cerca di alterare l’idea comune di asfalto e le connessioni che ne derivano. Si osserva una piccola stella cometa di resina tascabile che è metaforicamente in rapporto ai simboli dei videogiochi, come se fosse un punto sulla mappa. L’asfalto come una presenza intrusiva non solo fisica ma anche olfattiva, così Marina Marques (con Alessia Ugolin e Chiara Alexandra Young) con l’opera Petricore, Ritratto olfattivo dell’asfalto veneziano invade la galleria di petricore, ovvero l’odore dell’asfalto bagnato che sale con i temporali estivi. Estraneo dai profumi tipici di Venezia, il petricore si rivela bagnando la mouilette, che diffonde la fragranza e rende visibili le coordinate dei luoghi asfaltati.
Il processo di deterioramento dell’asfalto viene mostrato all’interno della galleria attraverso l’opera in frottage di carta carbone di Erica Toffanin, Rilievo della porzione sud del Ponte dei Mendicanti di Venezia. Una riproposizione grigia e iperrealistica dell’asfalto, calpestata dai visitatori, che si discosta dalle romantiche riprese en plein air dei paesaggi veneziani.
Fotografando e analizzando gli aspetti che caratterizzano l’asfalto, gli artisti in mostra rovesciano l’immaginario tipico di Venezia, proponendo così un punto di osservazione nuovo (più realistico) e dimostrando che, nonostante la sua unicità, si tratta di una città in piena evoluzione moderna.