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L’universo fiabesco di Wael Shawky prende vita nell’ala Tribuna di Palazzo Grimani a Venezia
Mostre
Fino al 30 giugno 2024 la sede del Museo di Palazzo Grimani ospita la mostra I Am Hymns of the New Temples – أنا تراتیل المعابد الجدیدة, in concomitanza con la partecipazione di Wael Shawky alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, dove l’artista è stato invitato a rappresentare la Repubblica Araba d’Egitto al Padiglione Egitto.
Il progetto curatoriale, sviluppato da Massimo Osanna, Andrea Viliani e Gabriel Zuchtriegel, si basa sull’interazione concettuale tra l’arte contemporanea di Wael Shawky (Alessandria d’Egitto, 1971) e gli ambienti storici di Palazzo Grimani.
La narrazione orientale risuona nelle quattro sale dell’ala Tribuna, dove l’artista egiziano sfida la concezione che la storia sia definitiva o univoca, suggerendo una dimensione in cui realtà e immaginazione si intrecciano generando una molteplicità di prospettive e interpretazioni. Opere scultoree in bronzo, ceramica e vetro abitano il percorso espositivo che conduce l’osservatore dal Camaron d’Oro alla Tribuna del palazzo, dando voce alle creature fantastiche che popolano il reame utopico di Wael Shawky.
L’allestimento delle opere supporta una coesistenza di spazi e tempi diversi, unendo presente e passato in un affascinante continuum narrativo che invita a riflettere sulle trasformazioni culturali avvenute nel corso dei secoli. Il percorso è concepito come strumento di ricongiunzione tra memoria e fantasia, in cui le sale antiche di Palazzo Grimani veicolano secoli di storia medio-orientale attraverso lo sguardo critico e giocoso dell’artista poliedrico, il cui linguaggio mescola tradizione araba e contemporaneità.
I disegni nella prima sala – raffiguranti animali, vegetali e minerali – anticipano i protagonisti dell’opera filmica I Am Hymns of the New Temples, da cui prende il nome la mostra, presentata a Venezia in anteprima museale internazionale. Prospetticamente in asse con la Tribuna, il film accoglie i visitatori, proiettandoli all’interno di un immaginario in cui l’artista testimonia la profonda connessione tra le civiltà che hanno plasmato Pompei come crocevia di racconti e identità. Attraverso una rilettura dei caratteri culturali, religiosi e artistici del Medio Oriente, sviluppata a partire da uno studio analitico di fonti storiche e letterarie, Shawky esorta a una maggiore consapevolezza verso la natura articolata delle testimonianze che definiscono la storia e la società, decostruendo e reinterpretando narrazioni storiche e culturali.
L’opera in mostra riassume racconti di altri tempi e autori come fossero nuovi inni con ulteriori interpretazioni e rivela come queste narrazioni si richiamino reciprocamente in una trama in cui storia e magia permeano in un unico eco, che riecheggia in nuovi templi per custodirne e celebrarne la memoria.
I colori sono il filo conduttore del viaggio metaforico di Wael Shawky, scandito da una cromia calda che richiama i tessuti e gli ornamenti tipici della cultura egizia. Il dialogo tra il film e la mostra che lo presenta si consolida nelle sculture della sala successiva, che ricordano le maschere dei personaggi, caratterizzate da tratti fisiognomici molto marcati e un’espressività carica di emotività. Il fascino fiabesco è destato dalla scelta dei soggetti, i quali spaziano da volti umani ad animali che occupano le estremità dei vasi alternando linearità a visioni scomposte, allegoria della visione dell’artista in cui convergono tradizione e arte contemporanea.
Una scultura in bronzo, in cui elementi delle antiche imbarcazioni egiziane si fondono a parti di animali e della vegetazione locale, rimarca l’unione di reale e fantastico e funge da collegamento con l’ultima sala. Nella Tribuna di Palazzo Grimani, nota anche come Antiquarium o Camerino delle Antichità, l’interazione tra la storia antica e l’arte contemporanea di Wael Shawky culmina con una scultura in cui una composizione di pesci in vetro corona un assemblamento di diversi tessuti e colori. Il fulcro delle narrazioni storiche e simboliche del Palazzo delimita così un processo di riconnessione con le antiche leggende, per riconsiderare l’evoluzione della moderna civiltà europea.
La mostra I Am Hymns of the New Temples anima un’esperienza evocativa e coinvolgente, in cui l’orientamento innovativo alla narrazione visiva e al confronto interculturale dell’artista provocano audacemente le convenzioni tradizionali. Shawky promuove una riflessione sulla complessità della storia e dell’attuale società, fornendo inediti punti di vista in cui elementi di favola e realtà giocano in un universo fiabesco quantunque reale.