Otto artisti per interpretare un’immaginazione sconfinata, coraggiosa, preziosa, al di là del tempo e dello sguardo: quella di Giacomo Leopardi. Con il progetto espositivo “InterValli”, la Biblioteca di Casa Leopardi, a Recanati, apre le porte al contemporaneo, nell’ambito dell’ampio programma che, nel 2019, ha scandito i festeggiamenti dei 200 anni di una delle poesie più lette, discusse, ammirate della storia della letteratura, L’Infinito (prima edizione del 1819, manoscritto originale conservato alla Biblioteca Nazionale di Napoli) di Giacomo Leopardi.
«Gli spazi della Biblioteca Leopardi, teatro dell’esposizione temporanea, sono luoghi vivi, non soltanto per il pubblico che ne fruisce o gli studiosi che ne consultano le opere, soprattutto perché hanno continuato a produrre cultura nel rispetto dello spirito che li ha visti nascere», ha dichiarato la contessa Olimpia Leopardi.
Tomaso Binga, Jeanne Gaigher, H.H. Lim, Maurizio Mochetti Melissa Lohman, Patrizia Molinari, Adrian Tranquilli, Narda Zapata, sono gli artisti coinvolti per la prima mostra del ciclo, curata da Antonello Tolve e ispirata a uno dei versi più citati e analizzati de L’Infinito, “io nel pensier mi fingo”. «La forza evocativa del pensiero che si finge, diventa in questa esposizione spazio in cui la ragione lascia il posto all’immaginazione», ha spiegato Tolve. Tra le opere esposte, la serie dei “Sassi segreti” del 2007 di Patrizia Molinari, un trittico di H.H. Lim del 2020, la “Sfera laser” del 1985 di Maurizio Mochetti, un’installazione di Adrian Tranquilli, in dialogo con l’ambiente carico di storie e suggestioni della Biblioteca, oggi costituita da 20mila volumi e iniziata per volere di Monaldo Leopardi e dove Giacomo trascorse lunghe e appassionate ore dedicate allo studio e alla conoscenza.
«Ciò che ha sempre contraddistinto l’opera svolta dalla famiglia Leopardi, sin dal gesto rivoluzionario del conte Monaldo, padre del Poeta, di aprirne le sale ai cittadini nel 1812 è quello di rendersi luogo di scoperta, territorio libero per un dialogo sul senso stesso della vita. Con questo spirito “Io nel pensier mi fingo” vuole essere un dono ai visitatori di Casa Leopardi, l’occasione per permettere loro di scoprire la connessione fra discipline all’apparenza distanti, come la letteratura e l’arte visiva», continua Olimpia Lepardi.
«Partendo da uno struggente verso de L’infinito, idillio scritto da Leopardi nel 1891, il primo appuntamento di InterValli propone un progetto intergenerazionale e internazionale con artisti nati tra gli anni Trenta e Novanta del secolo scorso che si confrontano oggi – alcuni di loro lo hanno già fatto in passato, di altri sono state scelte opere suggestive che hanno una particolare aderenza – con la figura di un poeta straordi- nario e con l’atmosfera che ha animato il suo impareggiabile itinerario intellettuale», spiega Tolve.
«La forza evocativa del pensiero che si finge diventa, in questa esposizione (un percorso organizzato tra la prima e l’ulti- ma sala della Biblioteca, dove le opere offrono al pubblico leopardiano alcune cifre suggestive su un racconto la cui latitudine mira a far sognare, a meravigliare, a sorprendere, a trasportare in una dimensione dove le cose si fanno eterne e dolci), spazio in cui la ragione lascia il posto all’immaginazione, situazione di scoperta con gli strumenti indispensabili e immancabili della fantasia che sottentra al reale: «alle volte l’anima desidererà ed effettivamente desidera una vedu- ta ristretta e confinata in certi modi, come nelle situazioni 16 17 romantiche», puntualizza (riflette) Leopardi in una pagina del suo Zibaldone», continua il curatore.
E a chiosare sulle potenzialità dell’immaginazione e dell’arte ma anche dell’illusione e della percezione, ancora le parole di Giacomo: «All’uomo sensibile e immaginoso, che viva, come io sono vissuto gran tempo, sentendo di continuo ed immaginando, il mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi. Egli vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli orecchi un suono d’una campana; e nel tempo stesso coll’immaginazione vedrà un’altra torre, un’altra campagna, udrà un altro suono. In questo secondo genere di obbietti sta tutto il bello e il piacevole delle cose», Zibaldone di pensieri, 30 novembre 1828.
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