29 ottobre 2021

La collezione di Fausto Paci alla Casa Museo Osvaldo Licini, a Monte Vidon Corrado

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Alla Casa Museo Osvaldo Licini la mostra "Fausto Paci, l’arte di collezionare: da Licini a Fontana, da Man Ray a Warhol". Fino all'8 dicembre

Quando si incontra una collezione si incontra un uomo e ci si avvicina profondamente a una peculiare personalità, ai suoi gusti e a una vita che si è imbattuta nell’arte, negli artisti, nei critici e negli intellettuali. Fausto Paci (1924 – 2019) è nato e cresciuto a Porto San Giorgio, marchigiano doc. Qui ha vissuto fino agli ultimi giorni della sua esistenza condividendo la passione per l’arte con sua moglie Eugenia che, sin dal loro primo incontro, ha percorso questa strada con lui accogliendo anche lei, nella loro casa a due passi dal lungomare della città, le numerose opere acquistate per circa sessant’anni. Scelte condivise dunque che hanno portato alla formazione di una consistente collezione che ritroviamo in parte (un nucleo di settanta opere tra le più significative) all’interno del Centro Studi e della Casa Museo Osvaldo Licini di Monte Vidon Corrado.

È Daniela Simoni, curatrice della mostra “Fausto Paci, l’arte di collezionare: da Licini a Fontana, da Man Ray a Warhol”, a dirigere l’orchestra con entusiasmo e rispetto nei confronti di una figura che ha conosciuto e frequentato sovente, di cui mi parla con grande entusiasmo, con la collaborazione di uno degli eredi, il figlio Carlo Paci. Il Centro non poteva che dare la dovuta attenzione a uno dei collezionisti storici di Osvaldo Licini – cinque sono le tele in possesso della famiglia Paci generosamente date in prestito in tante occasioni – che ha fortemente contribuito alla sua conoscenza e alla diffusione delle sue opere.

Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attesa, 1964, idropittura su tela, 41×33 cm

Amicizie, dialoghi, accoglienza, apertura e grande sensibilità son forse le parole chiave legate a questa mostra che decontestualizza un insieme di lavori che, dislocati, vogliono essere mostrati a un pubblico più ampio portato alla scoperta di legami artistici e umani. Ambasciatore cavelliniano e mail artist, Fausto Paci ha avuto negli anni la capacità di mettere insieme una raccolta di opere davvero eterogenea che mostra tanti degli aspetti della contemporaneità narrandola senza annoiarci. Molti gli spunti di riflessione, molti gli artisti e diversi i gusti di una persona che appare sempre aggiornata e attiva anche per l’impegno civico: fu proprio lui infatti a fondare negli anni Sessanta il Liceo Artistico Statale di Porto San Giorgio quando era sindaco della città.

Georges Mathieu, Senza titolo, 1969, gouache su carta, 50×70 cm

Siediti e osserva, sembra sussurrare una voce di sottofondo nella prima sala del Centro Studi in cui «si è voluto ricreare il senso di eterogeneità della raccolta», come scrive in catalogo la curatrice, e in cui scorgiamo immediatamente un bellissimo salottino Liberty circondato dalle opere, tra gli altri, di Mario Schifano, Emilio Isgrò, Ettore Colla, Enrico Prampolini e Luigi Bartolini. Incredibile ed evocativo lo Spartito di Giuseppe Chiari, musicista, pianista e artista visivo, unico italiano che fece parte del movimento Fluxus. Segni, parole e colore sulla partitura che mostrano la musica e ci ricordano le azioni eclettiche di questo artista poliedrico la cui presenza sottolinea la varietà degli approcci da parte del collezionista. In questo primo spazio si ha la percezione di poter attraversare velocemente tanti anni di storia dell’arte, dall’Ottocento alle Avanguardie, per poi giungere geograficamente, nella seconda sala, nell’Italia centrale, e cronologicamente fare un salto in avanti nel Secondo Novecento. Qui troviamo artisti marchigiani o che hanno lavorato nelle Marche, tra cui il monturanese Sandro Trotti, grande amico di Paci. È sua la prima opera in assoluto della collezione, I ragazzi nell’immondizia, che è anche il primo lavoro venduto dal giovane Trotti che a Roma conosce Guttuso e lo segue nelle cromie e nella scomposizione dei piani. Spiccano in questa sezione anche due nature morte di Sante Monachesi, incontrato a Civitanova Marche negli anni Sessanta, e due opere di Walter Valentini la cui ricerca ha un forte legame con la poetica liciniana.

Guglielmo Achille Cavellini, Fausto Paci e Guglielmo Achille Cavellini, 1986, stampa offset, 100×74 cm

Nella cantina di Casa Licini un nucleo di opere degli astrattisti italiani della galleria Il Milione di Milano: dal taglio di Lucio Fontana alla Composizione di Luigi Veronesi, dall’astrazione di Fausto Melotti all’amato Giulio Turcato che sperimentava l’uso delle sabbie in un tripudio di colori. Presente anche l’arte Optical e cinetica. Tra tutti Julio Le Parc, esponente di spicco, cattura l’occhio attraverso la luce e il movimento realizzando una sorta di magia visiva che ci fa vivere un’esperienza indimenticabile e a tratti divertente. Una particolarissima maternità realizzata con i pastelli, con un intreccio quasi incomprensibile di braccia e gambe, ci fa incontrare in mostra anche il surrealismo di Roberto Sebastian Matta. Dal Cile all’America: nel 1975 Fausto Paci apre la sua raccolta all’arte d’oltreoceano. È in quest’anno che Warhol presenta le dieci serigrafie dedicate alle drag queen e ai travestiti afroamericani e tre di questi lavori sono stati acquistati proprio da Paci che si apre all’Avanguardia e alla Neoavanguardia americana acquisendo successivamente anche un bellissimo disegno di Man Ray.

Man Ray, Les Heures Heureuses, inizi anni ’70, tecnica mista su carta, 53×36 cm

Grande amante dell’arte concettuale, il collezionista marchigiano aveva adottato insieme alla moglie una delle querce del progetto di Joseph Beuys, 7000 querce, il cui certificato è in mostra insieme a un cartone del vino F.I.U. (Free International University) che rappresenta una delle iniziative portate avanti in Abruzzo dall’artista sciamano. Un viaggio, quello di Eugenia e Fausto Paci, che è ricco di legami, amicizie e grandi aperture, per far sì che da questo percorso scaturisca uno nuovo, anzi  scaturiscano una moltitudine di percorsi per la conoscenza, la diffusione e soprattutto per una nuova invenzione che non termini mai.

Andy Warhol, Ladies and gentlemen, 1975, serigrafia, 110,5×72,4 cm

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