È attraverso le opere di Hayez, Matteini, Molmenti, Grigoletti, Schiavoni, Lipparini, tra gli altri che Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna decide di raccontare il ritratto veneziano dell’Ottocento nella mostra a cura di Elisabetta Barisoni e Roberto De Feo, che sarà visitabile fino al 1° aprile 2024.
«Ma l’oscurità dell’arte veneziana dell’Ottocento ha anche una altra causa, forse più forte di tutte: e questa è la nostra apatia». (Nino Barbantini, Catalogo della mostra Il ritratto veneziano dell’Ottocento, 1923)
Quali sono allora i motivi di questa mostra? Per prima cosa la volontà di esporre e vedere le collezioni dell’800 di Ca’ Pesaro mettendo a confronto gli autori con opere disseminate in musei e raccolte private del territorio. Il percorso dell’arte del XIX sec. non è certo semplice, un secolo certo di grande storia e pittura ma anche di profonde trasformazioni sociali, politiche, economiche.
«L’esposizione inoltre consente di individuare, in questo secolo le punte e le novità di numerosi artisti riattribuendo, laddove necessario, la paternità di alcune produzioni», spiega la curatrice.
Un racconto che attraversa il primo secolo dell’età contemporanea che a Venezia apre, idealmente, con la caduta della Serenissima e prosegue in tutto il Paese con la Restaurazione, passando per i moti del ‘48, il Risorgimento, l’Unità d’Italia. Tutto questo attraverso i volti dei suoi protagonisti.
L’idea non è nuova. Rimanda in realtà alla grande mostra che Nino Barbantini, primo Direttore della Galleria di Ca’ Pesaro, organizzò e allestì esattamente cento anni fa, nel 1923, sullo stesso tema e con lo stesso titolo: Il ritratto veneziano dell’Ottocento.
Una mostra che fu incredibilmente innovativa, tra le prime retrospettive dedicate a questo secolo, un’esposizione “blockbuster” per il tempo, coronata da un grande successo di pubblico, di stampa e di critica, realizzata con criteri museografici attualissimi e con un numero eccezionale di opere e prestiti, provenienti da tutto il Triveneto: 241 lavori di 50 artisti, pittori, scultori, miniaturisti, tutti operanti dall’inizio dell’Ottocento fino al penultimo decennio del secolo, che per lo studioso si apriva con Teodoro Matteini e si chiudeva con Giacomo Favretto.
«La mostra del 1923 – ricordano i curatori dell’attuale, Elisabetta Barisoni e Roberto De Feo – riscosse grandissimo successo di pubblico e una vivace risposta della stampa. Ancora oggi è considerata una rassegna di capitale importanza per la riscoperta dell’arte veneziana di un intero secolo, per l’avvio della conoscenza dei suoi protagonisti e la valorizzazione di molti dei capolavori che vi furono esposti. La riproposizione nella medesima sede di così tanti capolavori dei più rappresentativi artisti veneziani dell’Ottocento, […] ripalesati quando perduti, ristudiati quando già noti, permetterà anche di visualizzare i tratti dei protagonisti veneziani di un intero secolo, scelti nel 1923 da Barbantini per istinto e grazie alle sue pionieristiche conoscenze di allora e, un secolo dopo, ancora capaci di affascinare e stupire il pubblico di Ca’ Pesaro».
I volti che ci accompagnano nella visita sono quelli di liberali e da patrioti, rivoluzionari e reazionari, nobili e borghesi, intellettuali e artisti romantici, neoclassici, realisti, veristi, che hanno visto la nascita delle Pinacoteche, dei musei civici, de La Biennale di Venezia.
Una storia che conosciamo ma che se riletta attraverso gli occhi scintillanti di chi l’ha vissuta ha tutta un altro fascino.
A livello organizzativo è stata frutto di una lunga ricerca, l’elenco L’elenco realizzato da Barbantini, organizzato per ordine alfabetico, oltre a scarne notizie biografiche degli autori, riportava i nomi dei proprietari di allora. Da queste informazioni ha preso avvio lo strenuo lavoro di ricerca e di identificazione delle opere dopo cento anni dalla loro esposizione a Ca’ Pesaro. Molte di esse, anche grazie al successo dell’esposizione, confluirono in raccolte pubbliche, mentre altre rimasero presso gli eredi o confluirono in collezioni private. Se un esiguo numero è andato definitivamente perduto, tuttavia altre opere attendono di essere rintracciate poiché l’ubicazione è ad oggi sconosciuta. Una decina di lavori furono donati proprio a Ca’ Pesaro dopo la mostra del 1923, e l’istituzione passò così da essere galleria ad essere un museo.
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