«Quando le porte della percezione saranno purificate, tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite». Questa famosissima frase di William Blake (1757-1827) è stata d’ispirazione per generazione di artisti, musicisti e letterati per secoli. Solo per citare gli esempi più noti, si trova sull’esergo del libro di Aldous Huxley che ispirò la beat generation (Le porte della percezione, appunto, datato 1954), mentre è a proprio a queste porte che si riferivano Jim Morrison & co scegliendo il nome della loro storica band, appunto The Doors. Ma non finisce qui: pare che Carl Gustav Jung si sia ispirato alle opere d’arte visiva e alle poesie di William Blake, oltre allo Zarathustra di Nietzsche. mentre redigeva il suo mitico Libro Rosso. Insomma, l’influenza di William Blake sulla cultura e l’arte dai suoi tempi fino ad oggi è stata ed è amplissima e profonda. Eppure mentre era in vita l’opera di Blake non ricevette l’attenzione che meritava, anzi, il suo genio, che ora ci appare tanto attuale, fu sostanzialmente ignorato dai contemporanei.
Ora è però possibile immergersi nelle atmosfere intense e cariche di mistero evocate dalle opere di William Blake grazie a una mostra alla Reggia di Venaria che resterà aperta al pubblico fino al prossimo 2 febbraio. Si tratta di una mostra parzialmente ereditata da una più sostanziosa, svoltasi qualche tempo fa alla Tate di Londra. La versione torinese è realizzata, appunto, dal Consorzio Residenze Reali in collaborazione con la Tate e conclude, in qualche modo, una trilogia sul romanticismo e simbolismo inglesi iniziatasi qualche anno fa, con le mostre alla Reggia di Venaria dedicate prima all’opera di John Costable e poi a quella di William Turner. Questa mostra si snoda in un percorso espositivo complesso e vivace, che si articola attraverso 112 opere, tra tele, acquerelli, disegni e opere grafiche di vario tipo. Accompagnano i molti lavori di Blake altri gioielli di artisti a lui coevi e di comune ispirazione come Fuessli, West, Mortimer e altri (ma ci sono persino un paio di opere Turner).
Al centro dell’immaginario di William Blake, così come delle altre opere presenti in mostra di altri autori, è il tema dell’immaginazione, dove atmosfere oniriche si fondono a rappresentazioni simboliche dal gusto visionario e gotico. Blake produsse parallelamente opere letterarie e di arte visiva e già solo per questo è possibile pensare al suo lavoro e genio come qualcosa di molto attuale, in grado di parlarci da vicino. Blake illustra le proprie stesse opere, dando vita a un universo mitologico personalissimo popolato da mostri e creature fantastiche, dove la ragione (Urizen, che letto in inglese suona come “Your Reason”) lotta contro il più fragile Luvah (che chiaramente suona come “love” ed è espressione della creatività, e appunto dell’amore e del sentimento). Nasce così un universo complesso e variegato, che pare emergere direttamente dall’inconscio, ma nello stesso tempo si forma attraverso simboli e rimandi molto specifici e consapevoli, frutto di una lucida riflessione sui temi del bene e del male, della religione e della libertà interiore.
Ma Blake non si limita a dare vita a un suo proprio mondo. Oltre alle proprie creazioni, illustra capolavori letterari del passato come la Divina Commedia, Paradise Lost di Milton e alcune opere di Shakespeare – in primis La Tempesta, ma anche Macbeth, Re Lear e A Midsummernight dream. Sempre, le sue opere e illustrazioni sembrano nascere da una necessità interna, sgorgando dall’interiorità. I suoi lavori si qualificano certamente e sempre come il frutto di un lavoro di immaginazione attiva simile a quello teorizzato più tardi da Carl G. Jung, opera di un personale, vivacissimo e intenso, mitologhéin. I toni sono tipicamente oscuri, gotici. Le immagini sono sempre dense di dettagli, tutti studiatissimi e allusivi di verità e realtà superiori. Le atmosfere sono quelle tipicamente dark di molta parte della cultura e tradizione artistica e letteraria britannica. Le visioni di Blake rendono conto, coraggiosamente, della povertà e disperazione di una condizione umana stremata da un malessere esistenziale profondo, che si fa cosmico, totale, scontrandosi a viso aperto con i temi eterni del dolore, della morte e del senso. Ed è così che le tematiche religiose, soprattutto nelle opere che rappresentano momenti dell’Antico Testamento, ma anche in alcune illustrazioni dantesche, sono affrontate in maniera vivida, con una sincerità che non fa sconti e non chiede permesso, capace di interrogarsi senza timori reverenziali sul senso del bene e del male, della colpa e della redenzione.
Sembra che la risposta al dolore e alla sofferenza umana, se ne esiste una, per Blake sia compresa proprio in quella capacità di andare oltre, giungere ad un più alto livello di coscienza in cui l’alto e il basso, il santo e il demonico arrivano quasi a confondersi, fino a capovolgersi l’uno nell’altro grazie a uno sguardo finalmente libero e scevro da convenzioni. È questo il gesto espresso nella frase che esorta a purificare le porte della percezione. Per Blake il senso sta lì, in quell’infinitezza propria di tutte le cose che nella cieca e consueta quotidianità stentiamo a cogliere.
Le opere in mostra a Venaria permettono allo spettatore di tuffarsi nell’universo simbolico di Blake e degli autori a lui coevi, che lo ispirarono e che con lui condivisero l’interesse per le tematiche di cui abbiamo parlato. La mostra è così insieme un’occasione di approfondimento storico artistico, una bellissima esperienza estetica e un momento di riflessione su temi che sempre, allora come oggi, risuonano nell’animo umano come presenti e attuali.
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