Aprirà il 24 gennaio 2024, presso la Chiesa di San Gregorio Nazianzeno al Complesso di Vicolo Valdina, a Roma, la mostra di Marta Czok, curata da Jacek Ludwig Scarso e intitolata De Innocentia. Ricordando i bambini nella Guerra e nello Shoah. «Le opere di Marta Czok hanno da sempre utilizzato l’arma della satira per esplorare tematiche sociali e politiche di interesse globale: la guerra torna come motivo ricorrente nei suoi dipinti, per denunciare i circoli viziosi in cui ricade un’umanità accanita di potere, avida di ricchezze, pateticamente desiderosa di onnipotenza», si legge nel testo critico che accompagna la mostra.
«Nel 2008, tuttavia, Marta Czok crea una serie di opere che si concentrano sulla guerra dal punto di vista delle sue vittime più vulnerabili: i bambini. Qui la satira è intenzionalmente omessa; qui manca l’umorismo che ci aspettiamo da questa artista, perché di fronte alla totale innocenza dei bambini in guerra, non può esistere ironia, ma solo vergogna». A quello stesso anno risale la mostra I bambini nella Guerra e nello Shoah, presentata a Palazzo Ferrajoli di Roma. In seguito, le opere di questa serie sono state esposte in svariate mostre e ora fanno parte della collezione permanente della Fondazione Marta Czok, con sede a Roma e Venezia.
A distanza di anni, le immagini hanno ancora la loro attualità , riferibili ai conflitti in corso di svolgimento di cui continuiamo a ricevere agghiaccianti aggiornamenti. I territori del Medio Oriente e dell’Est Europeo sono i contesti nei quali Marta Czok si è formata.
Nata in Libano nel 1947, Marta Czok proviene da una famiglia di rifugiati politici polacchi: la famiglia di sua madre, all’inizio della guerra, risiedeva nella città di Ostrog, ora parte dell’Ucraina, e fu deportata in Siberia, prima di riunirsi all’esercito polacco e agli Alleati. Negli orrori della Seconda Guerra Mondiale, i suoi familiari vengono sottoposti a campi di prigionia e lavori forzati, vivendo il massacro di Katyn, dove 25mila ufficiali e membri dell’intellighenzia polacca, tra cui suo nonno Stanislaw Zurakowski, furono fucilati per mano sovietica. Durante la Guerra e alla fine, la sua famiglia si trova in Medio Oriente: in Iran, in Libano, in Palestina, poi di ritorno in Libano, prima di arrivare in Egitto. Impossibilitati a tornare in Polonia, trovano asilo politico a Londra, dove Marta Czok sarebbe cresciuta fino poi a trasferirsi in Italia negli anni Settanta.
L’infanzia di Marta Czok è dunque segnata dall’impatto della guerra, ascoltata nelle storie raccontate dai suoi familiari e vissuta nella precarietà di rifugiata, nella paura di un’ulteriore deportazione e nell’insorgere di nuovi conflitti
«Nelle quattro opere che vediamo in questa selezione, provenienti da un gruppo di 16 tele, troviamo questa sensazione di precarietà , vista dall’immaginario del bambino», prosegue il testo critico. «Se, come detto prima, non c’è satira qui, non vi è nemmeno la presenza di dettagli melodrammatici: non occorrono, ci ricorda l’artista, perché la tragedia è inerente e non ha bisogno di essere sottolineata».
«Si dice che dovremmo imparare dalla storia», racconta Marta Czok nella sua prefazione al catalogo originale. «Ma l’unica lezione che la storia ci insegna realmente, e a fondo, è che non impariamo niente – così le guerre continuano e le loro vittime principali sono sempre i bambini. Pertanto il mio tema, pur avendo inizio più di mezzo secolo fa nel mio paese d’origine, comprende tutte le giovani vittime, chiunque siano, dovunque siano e, tristemente, dovunque saranno».
Mentre i conflitti odierni continuano, questa serie di immagini diventa, nel suo insieme, un monumento visivo all’infanzia perduta nella guerra, inteso sia come un richiamo alla memoria che come un’ammonizione per il futuro, affinché opere di questo soggetto perdano finalmente la loro attualità .
La mostra sarà visitabile fino al 2 febbraio 2024 e gode del patrocinio dell’Ambasciata di Polonia a Roma e con gli auspici della Presidenza Commissione Cultura della Camera dei Deputati.
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