Visitabile fino al 9 giugno 2024, al Museo dell’Antiquariato Ivan Bruschi ad Arezzo, l’esposizione La libera maniera, rassegna a cura di Marco Bazzini che raccoglie le opere della collezione Intesa Sanpaolo di artisti che hanno lavorato in Italia nell’immediato Dopoguerra fino ai primi anni Sessanta del Novecento. L’esposizione rientra all’interno del progetto che prevede una prima tappa ad Arezzo e una seconda a Jesi e che celebra, attraverso una serie di importanti eventi nella città, il genio aretino Giorgio Vasari.
L’esposizione raccoglie 34 opere, realizzate tra gli anni ‘40 del Novecento e l’inizio degli anni Sessanta. Difatti, quella dei Cinquanta, in Italia, è la decade della ricostruzione, da un punto di vista non solo urbanistico e architettonico ma anche indennitario e culturale: dopo il ventennio fascista, l’Italia si aprì a venti molto più internazionali e si mescola con essi per dar vita ad un nuovo modo di concepire e produrre l’arte.
In linea con la nuova arte informale di Fautrier, Dubuffet, Tapies e Alberto Burri, le opere in mostra si collegano alla breve esperienza astratta che si sviluppa in Italia tra le due guerre attraverso le tele di Alberto Magnelli e Corrado Cagli, sino ad arrivare ai linguaggi poetici e alle sperimentazioni spaziali su tela di Fontana. A essi si aggiungono le opere segniche di Carla Accardi – artista cui è attualmente dedicata una retrospettiva a Roma a sottolinearne la centralità nelle avanguardie artistiche italiane – che, insieme ad Achille Perilli e Antonio Sanfilippo, le cui opere sono esposte in mostra, compose il gruppo Forma1, come sintesi del desiderio di proporre un’arte che desse importanza alla forma e al segno nel loro significato basico essenziale, più che alla rappresentazione meramente realistica.
Nelle sale espositive di Casa Bruschi si incontra così anche Emilio Vedova, artista informale tra i più significativi, che affida alla gestualità, alla materia e al segno una sorta di verità pittorica che si allontana dalla figurazione tradizionale. In esposizione, poi, i lavori del Movimento Arte Concreta, movimento milanese che nacque nell’immediato Dopoguerra per dare voce al desiderio di proporre un’arte libera da riproduzioni del mondo esterno, rappresentato in questa occasione dalle tele di Gillo Dorfles, Bruno Munari, Atanasio Soldati, Gianni Monnet.
Il percorso propone infine lavori che indagano l’universo fisico attraverso le opere dedicate a macro e microcosmo di Enrico Baj e Guido Biasi, sino ai lavori di Birolli e Morlotti che descrivono la natura attraverso opere di intensa forza espressiva e pittorica, segnando quindi, anche in questo caso, una presa di posizione avanguardista nei confronti della pittura più tradizionale. Infine, la presenza di opere di artiste del calibro di Carol Rama, Renata Boero, Regina e Paola Levi Montalcini, sanciscono l’impegno e il rilievo che anche le donne ebbero all’interno di questo nuovo processo di concezione dell’arte postbellica, volto all’affermazione di una visione autonoma e svincolata dai tradizionalismi figurativi.
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