-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
La “natura che cura”, al MUSE tra scienza e arte
Mostre
di Erica Baglio
Già ospitato in una sua prima versione dal Museo della Montagna di Torino, nelle sale MUSE The Mountain Touch si aggiorna con opere realizzate appositamente per l’occasione e con nuovi approfondimenti scientifici. Il tema principale, che si apre a infinite possibilità di dialogo, è il rapporto tra salute e natura e l’impatto benefico che può avere su di noi, raccontato mediante i complementari linguaggi di scienze e arte, chiavi di lettura efficaci per la comprensione anche dei concetti più complessi.
In mostra 17 artisti nazionali e internazionali declinano secondo molteplici interpretazioni il rapporto «conflittuale, necessario e benefico» che sussiste tra umanità e natura, spiega Patrizia Famà, direttrice Ufficio Programmi per il pubblico MUSE. Unendo per la seconda volta le forze, il MUSE e il Museo Nazionale della Montagna, riaffermano con forza «l’impegno dei due musei nello sviluppare una coscienza ambientale nel pubblico, quello più giovane in particolare» – continua Daniela Berta, direttrice del museo torinese -, un’importante responsabilità che accomuna scienza e arte. Dalla maestria di due esperienze museali che hanno fatto dell’educazione ambientale una parte fondamentale della propria mission, nasce una mostra consapevole, estetica, multisensoriale, che punta a coinvolgere il visitatore, sia esso adulto o bambino, in un’esperienza partecipativa.
In origine c’era la mostra Ecophilia, racconta il curatore Andrea Lerda, prima collaborazione con il museo torinese e allestita in pieno periodo pandemico. Inevitabile fu la nascita di ulteriori riflessioni sulla relazione, talvolta positiva e talvolta negativa, che instauriamo con l’ambiente circostante. Fu lampante notare, dopo il lungo periodo forzati tra le mura sempre più strette di casa, come, non appena fu possibile evadere, l’umanità sia stata immediatamente attratta dalla natura. Del richiamo biologico dell’uomo verso il naturale e degli effetti benefici che possono scaturire dall’esposizione alla natura eravamo già tutti a conoscenza, chi consapevolmente e chi meno, ma è questo un concetto che ha sicuramente acquisito nuovo e inestimabile valore dopo l’esperienza pandemica.
Non a caso la mostra si apre con un salotto, il cui divano si affaccia sulla natura, in questo caso mediata, dell’opera fotografica di Peter Stridsberg, che in In a slow gare from the horizon’s speckled cheek propone un panorama nordico e innevato. L’installazione site specific è quasi un dejà vu in cui lo spettatore si ritrova a tirare un sospiro di sollievo alla consapevolezza di avere uno sprazzo di natura di cui poter beneficiare, seppur impossibilitato ad addentrarcisi. Studi e dati scientifici inconfutabili provano gli innegabili effetti positivi che su di noi ha l’esposizione alla natura, sia essa diretta o mediata. È un tema, quello della natura mediata, che la mostra affronta da diversi punti di vista. È il caso dell’installazione audio INLAND di Fernando Garcia-Dory, dove i sussurri delle antiche e riscoperte tradizioni, unite al ronzio delle api, invitano il visitatore a immergersi completamente in questi suoni, ma anche della scultura morbida di Paola Anziché, La terra suona, dove il visitatore può sdraiarsi sotto una ragnatela variopinta di tessuti naturali imbevuti in cera d’api, il cui inebriante profumo sembra donare tranquillità e calma. Infine, un vero e proprio esperimento sugli effetti della natura mediata sull’uomo è testimoniato in uno degli scatti della serie fotografica Human Nature di Lucas Foglia. Contributi scientifici, ricerche antropologiche e creatività di artisti collaborano nella creazione di un percorso che possa conquistare l’attenzione del visitatore su inconfutabili saperi scientifici, ricerche ancora in corso, ma anche inevitabili dubbi su un futuro in cui la natura mediata potrebbe diventare per molti l’unica effettivamente accessibile, suggerisce il curatore.
Non solo, l’arte di Zora Kreuzer si allea con le neuroscienze nella sua indagine sui colori e sugli effetti che hanno sull’uomo. Green Room è un’installazione – un “bagno cromatico”, come è scritto nel catalogo della mostra – in cui il visitatore è invitato a entrare e a sperimentare su se stesso l’effetto che provoca il verde delle pareti illuminato dalla luce ultravioletta. Sono quindi infinite le riflessioni a cui apre The Mountain Touch, la cui indagine sui benefici che scaturiscono da una consapevole relazione tra uomo e natura non si limita agli spazi espositivi del MUSE, ma si espande anche nello spazio montano circostante. Feel the Mountain Touch è il programma di eventi collaterali della mostra e prevede quattro appuntamenti, a partire dal 28 luglio, nel corso dei quali il visitatore ha la possibilità di poter vivere e comprendere appieno i temi affrontati nel percorso espositivo e riscoprire la natura che lo circonda.
The Mountain Touch è un percorso immersivo e conoscitivo che accompagna il visitatore nell’assimilazione di concetti scientifici che spesso ci appaiono ancora troppo remoti e per questo spesso vengono ancora ignorati o sminuiti, ma che qui hanno l’occasione di essere mediati attraverso la chiave di lettura delle arti. D’altronde, – spiega anche George Steinmann, che ha in mostra la sua installazione The soul of remedies, – così come gli scienziati, anche gli artisti hanno una forte responsabilità nei confronti di un futuro che sia sostenibile.