David Horváth, Never ending light. Courtesy the Artist and Ciaccia Levi, Paris - Milan ©Photographs: Sebastiano Pellion di Persano
Entrando nella sede milanese di Galleria Ciaccia Levi, in via Gioacchino Rossini 31, veniamo circondati dai lavori di David Horváth, giovane artista emergente di nazionalità rumena. Nato nel 1998, dopo essersi laureato in pittura all’Università di Arti e Design di Cluj-Napoca torna a Baia Mare, la sua città natale, dove attualmente vive e lavora. L’artista collabora dal 2022 con la galleria di Nerina Ciaccia e Antoine Levi e ha partecipato a varie esposizioni collettive, tra cui ricordiamo, in Italia, Estetica dei visionari (2023), a cura dell’Archivio Casorati, Collezione Giuseppe Iannaccone e, naturalmente, Galleria Ciaccia Levi. Never Ending Light, la sua prima personale italiana, è aperta al pubblico dal 8 febbraio al 30 marzo.
Horváth presenta nella sua prima personale italiana una selezione di autoritratti e paesaggi che culminano nella perfetta fusione dei due soggetti nell’opera Red self-portrait facing outwards (2024). Le esperienze soggettive dell’artista convivono, tra impressioni e visioni, in un racconto pittorico estremamente personale. Echi di richiami alla pittura dei Fauves, un po’ di Gauguin, di Cézanne, risuonano nel pennello dell’artista che definisce la sua espressione creativa «in bilico fra adolescenza ed età adulta». Lo stile di Horváth si contraddistingue per le sue tonalità intense e le figure estremamente semplificate; la proverbiale maestria della tradizione est-europea nel disegno a mano libera è evidente proprio in queste ultime che, se ad un occhio meno attento possono risultare semplici ed eseguite da una mano acerba, sono invece la dimostrazione lampante di una abilità acquisita e superata, perfetto esempio di un artista che padroneggia la tecnica e la fa sua.
L’energia dirompente delle pennellate trasforma la superficie pittorica in un coacervo di tratti forme e colori che sono la diretta e tumultuosa espressione di Horváth. Ad esempio in Red self-portrait no. 1 (2023), Red self-portrait no. 2 (2023) e Red self-portrait no. 3 (2023) l’artista cerca di esprimere con i colori la climax delle sue emozioni, raffigurandosi come una figura scarlatta che, rossa di rabbia, assiste all’impetuosa evoluzione del suo stato d’animo. Esagerando i tratti fisionomici e le saturazioni cromatiche dei soggetti dei dipinti, il giovane artista vi inserisce indizi che rivelano tratti della sua personalità, trasformando un ritratto o paesaggio in una istantanea dell’Io.
«Spinto dalla costante curiosità di conoscere il mio posto nel tempo presente, le figure umane che di solito appaiono nei dipinti sono riferimenti della mia persona, legati agli eventi di una infanzia scomoda», racconta David Horváth a exibart, aggiungendo poi, «anche se questi ricordi si sono dissolti nel tempo, oggi ritornano e parlano attraverso gli strumenti con cui lavoro in studio, in termini di tecnica e ideali visivi».
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