08 ottobre 2024

La poetica dei calchi di Agostino Bergamaschi

di

Dal 24 settembre al 16 novembre 2024, la galleria Marina Bastianello di Venezia ospita “Forma persa”, personale di Agostino Bergamaschi accompagnata da un testo critico a cura di Luca Maffeo

Forma persa, Installation view, ph. Francecsco Piva

Per Agostino Bergamaschi (Milano, 1990), l’arte si configura come una finestra privilegiata, attraverso la quale è possibile ammirare il continuo contrarsi ed espandersi del tempo. Ma l’arte, per lui, è anche un modo per cogliere e cristallizare, in questo continuo fluire,  un momento preciso e irripetibile, che altrimenti sfuggirebbe al nostro sguardo. Ne sono un chiaro esempio i suoi nuovi lavori, ospitati fino al prossimo 16 novembre a Venezia, nella piccola – o meglio, intima –  e suggestiva personale Forma persa presso Marina Bastianello Gallery.

In questa esposizione, tutto ruota attorno al concetto di calco, inteso come pratica capace di incapsulare e riprodurre una particolare forma ed un particolare momento.

A loro modo, infatti, sono calchi i rayogrammi di Bergamaschi: queste stampe a contatto catturano il passaggio dell’acqua sulla carta fotografica, lasciando impresso non solo l’immagine della forma-matrice, ma anche il suo processo di trasformazione, come un’impronta che racconta il movimento del tempo stesso.

Agostino Bergamaschi, Studio di figura, braccio, cm 30 x 30 x 158, 2024, bronzo patinato

Ma sono calchi anche le sculture presentate in mostra: frammenti di un corpo scomposto che si distribuiscono nello spazio. Realizzati in bronzo patinato, con un colore che ricorda la leggerezza del gesso, questi involucri congelano una transizione in atto. Sono braccia, busti e gambe, ma al tempo stesso sono gusci colmi di un vuoto generativo. Ci parlano di ciò che è assente, di ciò che rimane e, soprattutto, di un processo che diventa in sé stesso opera d’arte.

Il Senza titolo del 2022, che accompagna e completa il corpus di questi nuovi lavori, rappresenta un ulteriore esempio della capacità dell’artista di utilizzare materiali diversi per esplorare la dialettica tra tempo e forma. Si tratta di un prezioso marmo di Candoglia, celebre per essere lo stesso impiegato nella costruzione del Duomo di Milano, su cui l’artista cola del bronzo fuso, che, successivamente, viene patinato. Si crea, così, un raffinato dialogo tra materiale metallico e minerale, con le increspature bronzee che vanno a rincorrere le venature della pietra.

Agostino Bergamaschi, Senza titolo, cm 10 x 18 x 60, marmo di Candoglia, bronzo patinato,2022

Anche in questo lavoro, seppur con un approccio diverso, Bergamaschi ci invita a riflettere sul processo del fare arte. L’azione dell’artista – il versare, il modellare, il patinare – diventa parte integrante dell’opera, rendendo visibile il percorso creativo attraverso cui la materia si trasforma in forma. Qui,  i materiali stessi, con le loro qualità fisiche, non sono semplicemente mezzo, ma bensì opera compiuta. Il risultato è una scultura che non solo cattura un momento, ma lo prolunga, facendo sì che l’atto creativo continui a vibrare nello spazio e nel tempo.

Scrive Luca Maffeo, nel testo critico che accompagna l’esposizione: « Cosa raccontano, allora, le opere di Agostino Bergamaschi se non la compiutezza di un istante? Da dove sorgono se non dall’esperienza e dal quotidiano? Cosa narra la scultura se non lo stato di una forma che prende consapevolezza di sé? Che si muove e si esprime nell’intuizione di una forma-matrice, inizio e fine el suo agire artistico? ».

Agostino Bergamaschi, Studio di figura, gamba, cm 30 x 50 x 50, bronzo, 2024

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui