Entrando nella galleria di Caterina Tognon, respiri subito un’atmosfera che arriva prima della focalizzazione dei lavori, predisponendoti in un istante a una visione che solletica il tuo desiderio di conoscenza. Sulla sinistra, una grande scaffalatura piena di cataloghi fa intravedere gli spazi di lavoro e, mentre giri lo sguardo intorno a te, per capire come direzionare i tuoi passi, ti accorgi di essere già circondato da alcune opere che, sapientemente, danno la cifra della mostra. La sala espositiva verrà dopo ma, in qualche modo, senti già di aver capito.
Sei nella storia, nella storia del vetro. Non sei in una vetrina, peccato veniale che accompagna tanta dell’arte muranese, ma ti senti catapultato in un centro studi in stile nordico. Qui quello che accade è una mostra satellite di “Venezia e lo Studio Glass Americano” alle Stanze del Vetro, una personale di Richard Marquis, artista americano appunto rappresentato in Europa da Caterina Tognon già dal 1998.
Marquis è una delle anime principali ad aver fondato lo Studio Glass americano, a lui è attualmente dedicata “Keepers”, una grande retrospettiva ospitata dal Museum of Glass di Tacoma, WA, Usa. Tutto a partire dall’esperienza diretta fatta a fine anni Sessanta in un’isola di Murano di certo molto meno coinvolta dai movimenti pacifisti e libertari che stavano attraversando gli Stati Uniti dell’epoca. Qui nasce uno dei pezzi che accolgono lo spettatore appena entrato in galleria, la American Acid Capsule, una pillola con i colori della bandiera americana in scala 10:1, finemente conservata all’interno di un’elegante bustina di stoffa. Inizia un percorso che lega Marquis al vetro, traghettandolo dalla ceramica a questo materiale che continuerà a coltivare per l’intera vita, anche e soprattutto dopo essere tornato in America.
I fili che legano l’isola di Murano agli Stati Uniti sono fittissimi, il percorso che Marquis inizia qui però è davvero destinato a lasciare il segno e soprattutto a configurare uno stile personalissimo fatto di grandissima abilità tecnica e di stupefacente ironia. Cerca l’asimmetria quando gli altri soffiatori darebbero tutto per riuscire ad abbandonarla. Dissacra la purezza del materiale unendolo a object trouve che colleziona con insaziabile pervicacia. Trasforma la murrina in un elemento foriero di mille patterns che nulla hanno a che fare con la tradizione veneziana ma che riescono, invece, a proiettare il vetro all’interno di un’estetica quasi pop, fatta di colori opachi, straniamenti e deviazioni di percorso.
Notevoli i pezzi in mostra, dalle teche contenti murrine e filigrane alle opere sormontate da oggetti ready made che ne travalicano la perfezione sgargiante. Saltano all’occhio l’uso del vetro pasta, la minuzia nella decorazione, l’utilizzo di frammenti come se fossero cellule che vanno a costituire un organismo complesso. Sono pezzi da cui emana il coraggio di mescolare e confondere categorie in molti casi contrapposte tra il concettuale e il manuale, tra ciò che ambisce a essere unico e prezioso e la produzione seriale.
In una Glass Week che offre centinaia di proposte disparate, qui emergono una preparazione curatoriale e una consapevolezza espositiva degne di nota, proprie di chi da sempre dedica a questo materiale una ricerca attenta e minuziosa.
La cittĂ tedesca di Chemnitz sarĂ capitale europea della cultura del 2025, insieme a Gorizia e Nova Gorica: il programma…
Cabinet de curiositĂ©s: nella sede romana di Tornabuoni Arte, un progetto inedito che mostra l’intimo del mondo di Alighiero Boetti.…
Memorie personali e storia collettiva si intrecciano in un drammatico racconto visivo: alla Galleria Fonti di Napoli, la prima mostra…
Una rassegna di alcuni lotti significativi dell’anno che sta per finire, tra vecchi maestri e artisti emergenti in giro per…
Curata da Stefano Raimondi, MOCKUPAINT di Oscar Giaconia al Museo d’Arte Contemporanea di Lissone rimarrĂ aperta fino al 26 gennaio…
Il 2024 l'ha dimostrato, l'architettura roboante e instagrammabile è giunta al capolinea. Forse è giunto il momento di affinare lo…