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Dopo l’esposizione dedicata alla ricerca plastica di Giorgio Andreotta Calò, continuano le mostre della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro che mirano a valorizzare e dare nuova luce ad artisti parte della collezione museale.
In questo caso, in particolare, il focus è su una stagione dell’arte veneziana che si tende a dimenticare: quella degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Proprio a questo periodo —fertile ma complesso— appartengono i lavori presentati nella personale Raoul Schultz. Opere 1953-1970. Si tratta perciò di un’occasione unica per approfondire la breve —ma variegata— produzione di Raoul Schultz (Lero, Egeo 1931 – Venezia, 1971), di cui sono presentate sia opere appartenenti al patrimonio di Ca’ Pesaro che da collezioni private.
Il percorso artistico di Schultz prende avvio con la partecipazione alle storiche collettive della Fondazione Bevilacqua La Masa, dove presenta opere figurative dedicate alle architetture veneziane, per poi evolversi, nei primi anni Sessanta, verso ricerche più mature. È proprio in questo periodo che nasce la profonda e duratura amicizia con Tancredi e la condivisione dello studio a Palazzo Carminati, un momento di intensa sperimentazione in cui entrambi affinano un linguaggio visivo originale.

Come dimostra lo stesso percorso espositivo, Schultz sviluppa una ricerca tutt’altro che lineare, caratterizzata da continui ritorni al disegno, alle annotazioni, alle cancellature e a opere concettuali di straordinaria attualità. Un fil rouge dai sentori surrealisti attraversa l’interezza della sua produzione, intrecciandosi con l’improvvisazione dadaista e le pratiche dell’arte comportamentale, fino a una radicale decostruzione del linguaggio. Grazie a una naturale propensione all’interdisciplinarità, si muove con disinvoltura dal fumetto al cinema fino agli assemblage e alla ripresa del collage.
Come spiega Elisabetta Barisoni, dirigente Area Musei – Ca’ Pesaro e Museo Fortuny e curatrice del progetto: «La mostra si inserisce nella volontà programmatica della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia di valorizzare e riscoprire opere ed autori delle proprie collezioni civiche e, attraverso questi, suggerire la ricostruzione di momenti meno noti della storia dell’arte italiana. Secondo questa linea programmatica, appare oggi necessaria un’esposizione dedicata ad un autore come Raoul Schultz, per lungo tempo scomparso dai radar delle grandi mostre nazionali e tuttavia da comprendere tra gli innovatori delle arti in laguna nel periodo che va dagli anni Cinquanta ai Sessanta. Numerosi sono i collegamenti che l’articolata ancorché originalissima produzione di Schultz suggerisce, a partire dall’opera che per prima è entrata nelle raccolte di Ca’ Pesaro, Nuove strutture 1665, 1965 acquisita alla 53ma Esposizione Collettiva Bevilacqua La Masa nel 1965. Quello che emerge dall’esposizione è il ritratto di un artista che rappresentò il corso di una generazione appena successiva a quella di mezzo».
