Galleria Continua, negli spazi del St. Regis Hotel di Roma, presenta la mostra “Toccante”, visitabile su appuntamento fino al 17 aprile del 2021.
Valentina Ornaghi e Claudio Prestinari sono un duo di artisti di base a Milano e che collaborano attivamente insieme dal 2009. Entrambi con un background universitario, l’una di disegno industriale e l’altro di architettura al Politecnico di Milano, hanno tenuto la loro prima mostra personale a New York nel 2016 presso la New York University – Casa Italiana Zerilli-Marimò. La coppia si distingue l’approccio multidisciplinare facendo del design, della storia dell’arte e dell’architettura parti integranti della loro ricerca. Nel 2017 hanno presentato la scultura pubblica Filemone e Bauci per il nuovo parco ArtLine di CityLife a Milano. Tra le personali dedicate al duo ci sono quelle alla Galleria Continua di San Gimignano del 2014 e 2018, e al MAMbo – Casa Morandi a Bologna nel 2017.
A Roma il duo presenta “Toccante”, una mostra incentrata sul tema dell’incontro e della relazione con l’altro proprio in un momento storico in cui il contatto umano ci è proibito. Ornaghi & Prestinari si spingono al di là di ogni limite e presentano il loro modo di vedere l’incontro.
Si parte dalla dimensione domestica dello stare insieme con Ritrovarsi, grandi piatti in ceramica spaccati e poi ricomposti con delle parti smaltate in oro, che vanno a rievocare il momento della convivialità a tavola, parte integrante della vita di tutti noi. Si prosegue con Rintocco, un macchinario che fa incontrare due bicchieri da vino che, scorrendo su una mensola, si muovono fino a incontrarsi in un sonoro “cin”. E ancora Sfiorare, un dittico di due tele che si incontrano e toccano, per forza di gravità, poiché appese al muro solo in due punti. Si conclude con Vuoti, un dipinto con tre vasi ricavati in negativo e Sentimento, una fotografia dal sapore malinconico e quasi alienante.
Le opere sono state sapientemente realizzate con materiali differenti, caratterizzati ognuno da una natura propria; dalla fotografia alla ceramica, dal marmo alla pittura e infine un meccanismo elettronico, il tutto condensato in una mostra che tenta di esplorare in maniere differenti il difficile tema – purtroppo, allo stato attuale – dell’incontro e della relazione con l’altro indagando la dimensione più fragile e intima delle cose.
Abbiamo intervistato gli artisti per farci raccontare di più sull’esposizione:
Ci potete raccontare com’è nata l’idea di questa mostra?
L’idea è nata dall’invito da parte di Galleria Continua che è avvenuto a novembre. In concomitanza con questo invito c’è stato il secondo lockdown in Italia e quindi i lavori esposti sono stati realizzati tutti nel nostro studio. Essendo stati creati in un momento di chiusura, anche le tematiche affrontate nelle opere rispecchiano il momento che vivevamo.
Proprio al proposito del tema affrontato, che è quello dell’incontro e della relazione con l’altro, in questo momento storico in cui non ci è permesso vederci e toccarci, il tema della mostra è nato proprio in relazione a ciò che stiamo vivendo?
In realtà questo è il tema su cui lavoriamo in generale e su cui impostiamo la nostra ricerca, ma in questa occasione, è diventato maggiormente esplicito e di “statement”. In passato, abbiamo ideato mostre, in cui sono stati altri i temi che sono stati messi in primo piano rispetto alla tematica della relazione con l’altro. Essendo un duo, tutto il lavoro si fonda sul dialogo. In questo caso, abbiamo scelto questa tematica in relazione al periodo e soprattutto in relazione al “toccare”. Inoltre, per tal motivo, abbiamo voluto anche collegare il pensiero di Jean-Luc Nancy sulla leggerezza e pesantezza.
Quale criterio vi ha guidato nella scelta dei materiali? Li avete scelti in rapporto all’opera da realizzare o viceversa?
Sperimentiamo sempre con materiali diversi anche con quelli, diciamo, più tradizionali, come la ceramica e il marmo. Abbiamo lavorato molto in studio però allo stesso tempo abbiamo cercato di mantenere delle relazioni anche con degli artigiani con cui stavamo lavorando già da prima. Già dal 2017 noi lavoriamo con la ceramica, per questo abbiamo voluto proporre questi lavori con questo materiale. Questa volta invece di usare come oggetto i vasi abbiamo scelto di utilizzare dei piatti che sono tipici della tavola condivisa. L’idea del materiale è nata sulla base delle possibilità e delle relazioni che avevamo con quell’artigiano. Con i quadri volevamo fare un lavoro più essenziale: Sfiorare e Vuoti sono delle semplici tele di lino grezzo con del pigmento. Nel caso di Sfiorare quello che ci interessava è l’avvicinamento delle due tele, appese solo su due chiodi che per gravità si poggiano l’una all’altra. Per cui più che un lavoro sulla pittura è un lavoro sull’incontro. Appendimarmi è realizzato con due scarti di marmo che apparentemente possono dare un senso di leggerezza. Per quest’opera abbiamo collaborato con un’azienda che ci invita sempre a riutilizzare i marmi che sono costretti a scartare perché non utilizzabili dai loro clienti. Alcuni scarti presentano delle difformità che sono considerate difetti; questo porta a galla anche il tema di un ideale di bellezza che non esiste, perché quella che viene percepita come una macchia è il prodotto di un processo del tutto naturale.
Essendo un duo, come impostate il lavoro?
Se c’è un tema già prestabilito, indirizziamo la nostra ricerca verso quella tematica e quindi non concepiamo le opere solo seguendo le intuizioni che abbiamo ma indirizziamo il lavoro verso un discorso più corale. Alle volte partiamo da uno schizzo, un pensiero. Lavoriamo un po’ come un team di ricercatori; partiamo da qualcosa ma non sappiamo bene dove arriveremo. Quindi ci muoviamo per piccoli passi ma mischiamo insieme i concetti e le forme per poi arrivare all’opera finita.
Qual è secondo voi, tra le opere in mostra, quella che esprime al meglio in concetto di incontro?
Secondo il nostro punto di vista – perché il giudizio è sempre molto soggettivo – l’opera per noi più rappresentativa è Rintocco l’incontro dei due bicchieri. Forse perché siamo partiti da quest’opera e poi abbiamo creato la costellazione di tutte le altre. Non so se è quella che rappresenta di più la mostra ma di sicuro è quella da cui abbiamo iniziato. Mentre la fotografia che c’è all’ingresso, Sentimento, non è un’istallazione ma proprio un’immagine che abbiamo scattato mentre passeggiavamo sul lago Maggiore. C’è questo chiosco che si chiama “Sentimento” che d’estate è molto frequentato. Abbiamo scattato questa foto proprio nel giorno in cui hanno annunciato il lockdown e quindi ha dato letteralmente un po’ il sentimento del momento emanando un’atmosfera malinconica.
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