L’artista Arcangelo Sassolino (Vicenza, 1967) presenta, fino al 18 gennaio 2025, la sua personale alla Repetto Gallery di Lugano, dal titolo No Flowers without contradiction, a cura di Luca Massimo Barbero, tra forme di armonia e disequilibri. Si tratta di opere in cui la moltitudine diventa materia prima in trasformazione, come soluzione non finale ma in divenire e in costante mutamento, in uno stadio di transizione, di fragilità e di incertezza. Vi è nella materia un forte senso di precarietà dovuto alla dimensione del rischio che il non finito comporta e che determina un forte impatto nel visitatore. A questo si accompagna una dimensione poetica impellente in un artista che interroga non solo la scultura ma i suoi presupposti. Sassolino crea la possibilità di esperienze sensibili dove il senso del lavoro artistico, e la sua urgenza, sta nella sospensione e nella transizione, ovvero nel passaggio da uno stadio ad un altro, nel cambiamento e nella sua imprevedibilità. Le opere costituiscono condizioni intermedie indefinite, implicano l’idea di una evoluzione in atto, che accade proprio dinanzi ai nostri occhi e che l’artista riesce a sintetizzare suggerendo dinamismo e conflittualità. I suoi lavori rivelano un’azione, il manifestarsi di un comportamento, indotto o spontaneo, di cui l’opera è specchio ma anche risultato, del cambiare e del cambiarsi, portando a soluzioni non premeditabili, a contraddizioni.
Il tema d’indagine è proprio rispetto alla transizione e al conflitto piuttosto che alla materia, che diventa un tramite, una modalità o messa in scena attraverso cui poter esplorare il tema della variazione. La sensazione è quella di essere circondati da tracce di passaggi, di cambiamenti per loro natura sfuggevoli ma che in qualche modo l’artista cristallizza, rende palpabile. Se in natura tutto è in stato di costante trasformazione, allo stesso modo nella messa in scena di Sassolino ogni oggetto, ogni materiale è in uno stato di instabilità, di irrequietezza a causa delle situazioni a cui è sottoposto. Tutto è allora non finito, intermedio, inarrivabile, in stadi di urgenza che interrogano i tempi e le tensioni, manifestando gli istinti.
L’artista lavora su condizioni di equilibri iniziali, intervenendo e portando a nuove stabilità, a nuove circostanze: è lo stato delle cose che cambia, nulla è definitivo. Non rimane allora che la caducità, che diventa un valore, la qualità delle cose destinate a venire meno, a cadere. Tutto è provvisorio, avvolto da un senso di incertezza, che poi è proprio anche dell’uomo. Quindi più che di materia e di meccanica, di azioni e di transizioni, Sassolino lavora sulla condizione umana, sulla sua natura più intima, più precaria, come in Non separare il sì dal no: una contrazione tra forze opposte, in bilancio instabile, con elementi in tensione tra loro e il vetro che potrebbe frantumarsi da un momento all’altro. La possibilità del collasso è parte stessa della realizzazione artistica delle opere, declinate spesso in senso disfattista. Poiché elemento fondamentale dell’esperienza, il fallimento è contemplato, possibile poiché reale, umano. Le otto opere presentante, quasi tutte realizzate appositamente per la personale, dialogano con l’ambiente circostante di carattere semi industriale, in cui l’artista propone costanti sconfinamenti della forma, esplorando le possibilità della materia. Anche il tempo diventa oggetto del suo lavoro, da manipolare, comprimere e di cui conservare la memoria dentro alla scultura.
In questi lavori l’intervento, l’atto trasformativo determinato dall’operazione artistica, avviene attraverso l’incontro. Da un lato l’oggetto, dall’altro il confronto e lo scontro di questi oggetti fra loro. Questo è evidente in Violenza casuale, che può essere risolta come l’incontro e l’urgenza del rapporto artisticamente determinato, forte e di grande impatto, che mostra le conseguenze del contatto così come la sua irreversibilità, da cui siamo disturbati. È spesso un dialogo tra corpi e consistenze, tra diversi tipi di texture e differenti pesi messi in relazione. Sassolino accosta infatti il duro e il fragile, il trasparente e l’opaco, il pesante e il leggero, in un dialogo tra colori, forme e dimensioni, come in Sospensione della scelta, in cui la disparità crea quasi allarmismo e insicurezza, o in I.U.B.P., dove l’artista ritorna ad usare il pneumatico. In queste tante transizioni Sassolino sviscera l’atto, in cui vi è sempre uno scambio di energia, l’alternarsi di ordine e disordine nella dinamica dei corpi; sono relazioni fatte di confronti tra differenti reazioni e diverse inerzie, come nel caso di Ipotetica ma anche di Geografia del conflitto. Approfondisce le proprietà della materia, giunge a penetrare la loro natura più intima, riportandole ad un grado di essenzialità, alla parte fondamentale. Il suo processo artistico è un’indagine, intima e minuziosa, del reale che si unisce poi ad un’intenzione, in contesti dove l’opera esiste a prescindere e nonostante, come prodotto non più controllabile di uno scopo. Emblema di questo è l’ipnotica No memory without loss, centro nevralgico della mostra, che consiste nell’esplorare il comportamento dell’olio industriale che scivola, si accumula e cola a terra, come materia viva soggetta al movimento rotatorio del sistema elettrico. L’interazione tra le parti è data dal comportamento meccanico, in un costante scambio tra arte e fisica, interrogando le loro leggi e le conseguenze della fisicità delle forze applicate.
Ogni lavoro è frutto di ricerca e consapevole pianificazione, rappresentando le possibilità dell’equilibrio e della forza che, da o attraverso un oggetto, ne condizionano le proprietà fisiche. Le sue opere sono una riflessione contemporanea sull’aspettativa, giocando con le configurazioni del possibile attraverso la scultura e l’installazione, determinando significati nuovi, alla ricerca del vero. Oscillando tra l’attesa e la consapevolezza del rischio, Sassolino costruisce una mappatura dell’esistenza, in cui c’è il corpo e c’è la macchina, la resa di un’azione, di un movimento calcolato ma dagli esiti solo in parte prestabiliti. Vengono messe in scena opere che a volte sono repentine ed inafferrabili, altre volte pericolose ed instabili, che portano in sé la possibilità del fallimento, in tentativi di delineazione della materia, rispetto a fenomeni come la pressione e la gravità, forze che diventano esse stesse parte dell’indagine artistica. Sono situazioni intermedie tra stadi di inattività e differenti gradi di azione e di movimento determinati, come la frantumazione o la resistenza, nella spazialità della loro presenza e nell’estensione della forma nella superficie e nel tempo.
Siamo in costante transizione, siamo passaggio e tracce di questo passaggio, in stadi perenni di fragilità, costantemente fuggevoli e precari, in trasformazione, e altro non ci rimane che lo scambio. L’artista ci ricorda quello che è sotteso nel cambiamento: tante nuove possibilità a prescindere dal fallimento a cui potrebbero portare, in quei precisi momenti in cui qualcosa diventa qualcos’altro. Un viaggio attraverso l’esplorazione delle relazioni.
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