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La SECONDA RISONANZA alla GAM con le mostre di Fausto Melotti, Alice Cattaneo e Giosetta Fioroni
Mostre
La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino presenta la SECONDA RISONANZA, la seconda parte del progetto diretto da Chiara Bertola, ispirato questa volta al ritmo, alla struttura e al segno. Il programma rivede una riorganizzazione della collezione permanente e presenta l’importante mostra antologica Fausto Melotti. Lasciatemi divertire!, a cura di Chiara Bertola e Fabio Cafagna, proseguendo con la mostra personale Alice Cattaneo. Dove lo spazio chiama il segno, a cura di Giovanni Giacomo Paolin, per finire con un progetto dedicato ai film dell’artista Giosetta Fioroni, a cura di Elena Volpato, fino al 7 settembre 2025.
Dopo la prima risonanza dedicata alla tematica della luce, del colore e del tempo che ha visto come protagoniste le artiste Mary Heilmann, Maria Morganti e Berthe Morisot, la GAM presenta il secondo capitolo, dedicato al ritmo, alla struttura e al segno. Attraverso una riorganizzazione dinamica delle opere della collezione, anche la seconda parte della programmazione espositiva offre una visione coerente, capace di creare una continuità di pensiero tra gli artisti proposti.

La GAM ospita l’importante retrospettiva di Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986), la seconda presentata dall’istituzione dopo oltre cinquant’anni. Le prime opere in mostra sono geometrie angeliche delle candide sculture astratte con proporzioni delicate ed eleganti. Questi lavori, prodotti dagli anni Trenta agli anni Settanta, rappresentano un’eccellenza della scultura italiana del Novecento. Nell’ordinata e virtuosa produzione scultorea di Fausto Melotti si evince una formazione musicale e scientifica, plasmata dallo studio accademico e dal confronto con alcuni grandi artisti, come Lucio Fontana e Adolfo Wildt, compagni di studio a Brera. Nel suo universo prezioso, quasi alchemico, anche la melodia sembra prendere forma. Nel 1935 partecipa alla prima mostra collettiva di arte astratta nello studio di Felice Casorati, influenzato dagli scritti del cugino Carlo Belli, critico d’arte, musicologo e pittore. Il trattato intitolato Kn, scritto da Belli, è un’elaborazione teorica delle sperimentazioni degli artisti che frequentano il Bar Craja a Milano e viene definito dallo stesso Vasilij Kandinskik il “Vangelo dell’arte astratta”.

Per trent’anni Fausto Melotti si dedica alla ceramica, collaborando e lasciandosi guidare dall’architetto e designer Gio Ponti. In mostra una selezione di ceramica smaltate policrome mettono in evidenza la maestria nella realizzazione di vasi, sculture di piccoli animali, gioielli, figure femminili e molto altro. Con il tempo il suo segno scultoreo si alleggerisce, diventando sempre più lineare. Le sculture diventano poetiche architetture sottili, così geniali da ispirare Italo Calvino nelle sue Città Invisibili.
La luna è un elemento che si ripete molto nella sua produzione scultorea, La luna al sole (1973) dà un’idea della gioia di Fausto Melotti nella creazione dei suoi capolavori. In quegli anni realizza una serie di sacre cosmologie dalle forme geometriche, alcune in oro e argento. Le sculture sono caratterizzate dall’uso di una ermetica simbologia, quasi alchemica. Melotti sperimenta l’uso di differenti materiali associati al metallo, ne La zingara (1971) il tessuto è il componimento essenziale per dare vita al personaggio ritratto. I suoi Teatrini nascono a metà degli anni quaranta come esigenza espressiva intima e i protagonisti dei suoi racconti visivi sono racchiusi in scatole di terracotta come se fossero dei tabernacoli. Le sculture narrano scene che appartengono all’immaginario poetico dei suoi componimenti letterari, pubblicati dal 1944. Nell’ultima parte della mostra si comprende l’essenza della sua poetica, attraverso sculture capaci di fluire libera e leggere come la musica. Forme astratte, simboli, grovigli e contrappesi esprimono l’intensa carica espressiva di Fausto Melotti. Con La pioggia (1966) riesce a dare forma alla natura attraverso l’ottone, replicando la leggerezza e insistenza della pioggia che cade.
La grande antologia presentata dalla GAM, con oltre 150 opere, ricostruisce la produzione di uno dei massimi esponenti della scultura italiana. Fausto Melotti, con la sua intensa creatività e originalità, ha lasciato un’importante traccia nell’arte contemporanea, influenzando e ispirando gli artisti successivi.

Alice Cattaneo. Dove lo spazio chiama il segno
Mantenendo una connessione con la visione di Fausto Melotti, l’artista Alice Cattaneo (Milano, 1976) trova nuovi equilibri e punti di contatto in una costruzione concettuale di forme, segni e linee. Lo spazio espositivo del piano seminterrato viene alterato dalla ricerca visiva e scultorea di Alice Cattaneo. Le sue architetture incompiute invitano a riscoprire lo spazio difforme. Le sue sculture proteiformi nascono in vetro di murano si trasformano in segno pittorico, così come dal vetro passano al metallo per ritornare nuovamente alla materia trasparente. Compagini di differenti materiali come legno, vetro, plastica, carta, ferro diventano prolungamenti del suo pensiero che raggiungono ogni coordinata della superficie spaziale, ad ogni livello. Il progetto espositivo è corposo e riflette una pratica artistica processuale e di ricerca intenta ad indagare il ritmo, la struttura e il segno.

Giosetta Fioroni nella Videoteca
La collezione della GAM conserva e presenta il quadro La ragazza della TV (1964) di Giosetta Fioroni (Roma, 1932), realizzato con smalto industriale di color argento, parte del Museo Sperimentale di Eugenio Battisti. L’opera è un fotogramma rappresentativo della sua ricerca volta allo studio delle immagini cinematografiche. Nella stessa sala sono proiettati in contemporanea i film muti in bianco e nero: Coppie, Gioco, Goffredo e Solitudine femminile. Gli originali 8 mm sono stati donati da Giosetta Fioroni alla GAM nel 1999. L’artista afferma “Cercavo la leggerezza quasi di un’antica sequenza dei fratelli lumière, del primo cinema, qualcosa che proprio trascorre […], qualcosa che poteva suggerire in chi guardava un che di tremulo, di estremamente lieve: un’apparenza, una dissolvenza.”