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«Nella vita ho imparato tutto da solo e anche a fare tutto senza poter stare da solo». Vera o falsa che sia, questa affermazione, un frammento del freestyle proposto nella mostra “Tenebra” di g. olmo stuppia, racchiude in sé il senso delle opere proposte dall’artista. Nonostante la pandemia e il lockdown siano elementi spesso presenti nei nostri discorsi, non abbiamo ancora affrontato una reale ed efficacie metabolizzazione degli eventi che stanno cambiando le nostre vite. Questo è ciò che ci propone l’artista: sublimare la tenebra della pandemia. Da una parte si tratta quindi di rischiarare il buio tramite atti di vita autentica, d’altra parte si sta cercando di mantenere il chiaroscuro dell’esistenza, evitando la luminosità della nostra epoca che appiattisce ogni anomalia.
Viene proposta come una denuncia sociale (e inevitabilmente lo diventa), ma ciò che è in mostra è il percorso individuale di g. olmo stuppia, specialmente le sue paure e le sue fragilità. La conferma arriva dal titolo stesso dell’esposizione, che denota che la riflessione sul rischio che ha comportato ciò che è stato e sull’incertezza che questo provocherà, è ancora sospesa sul momento della paura e non ha ancora avuto uno sviluppo risolutivo. Ecco perché la mostra, attraverso la storia individuale, può farsi carico delle esigenze e dei turbamenti universali: accettando di rielaborare il proprio vissuto, l’artista permette a tutti noi di riflettere sulla nostra condizione. In altri termini, si tratta di una narrazione asincrona rispetto alla storia, ed è proprio questa la caratteristica che le permette di osservare con lucidità i fatti e proporne una diegesi, una rappresentazione indiretta, in grado di coniugare eventi reali e vissuti individuali.
Nonostante sia personale, la mostra non è autobiografica. g. olmo stuppia ha strappato dalle tenebre personaggi, ruoli e simboli. La sala del piano terra contiene una breve introduzione alla mostra e una fotografia di un canale di Venezia, che è stata scattata nella solitudine del lockdown di marzo e su cui l’artista è intervenuto con del colore blu. Passando alla parte dell’esposizione che è quasi totalmente immersa nel buio, sulle scale è stata disposta la testa deteriorata di una statua della libertà disseppellita dall’artista in Sicilia, operazione documentata da un video proposto nella sala successiva. La simbologia della statua evoca il ritorno dell’Occidente ai suoi albori, non come imposizione, ma come scherno alla sorte: nonostante sia in rovina, la libertà come la statua, esiste ancora.
In altre due sale sono presenti delle piccole sculture in argento. Nel primo caso si tratta di un candelabro che riprende la forma del Menorah ebraico con due piccole candele accese, la cui durata è simile al tempo medio che un visitatore impiega per osservare la mostra. In argento sono anche altre piccole sculture filiformi illuminate da una candela: nonostante siano dello stesso materiale e affiancate l’una all’altra non riescono a trasmettere un senso di comunità, ma piuttosto sembrano essere delle singolarità inconciliabili. Nella stessa stanza, avvicinandosi alla candela, è possibile ascoltare il freestyle composto dall’artista.
Altre due tenebre che sono state riportate alla luce sono le vite di due personaggi di Venezia, raccontate da due video-interviste: un taxista e un pittore. Nel primo caso il video è accompagnato da una piscinetta per bambini e da una piccola barchetta di legno. La stanza del pittore è invece stata allestita come il suo studio e presenta una selezione di suoi dipinti. In quest’ultimo caso, siamo in presenza di una sorta di alter-ego di g. olmo stuppia, che si immedesima nel ruolo di un pittore il cui lavoro non ha ricevuto la risonanza aspettata. Da una parte c’è quindi la difficoltà di far apprezzare le proprie opere, dall’altra parte c’è l’estrema fatica del processo creativo, che porta l’artista ad avere difficoltà a separarsi dal proprio lavoro.
Si tratta dunque di una mostra completa, non banale, che costringe il fruitore a riflettere sulle tematiche proposte. Esplorando lo spazio espositivo si è immediatamente proiettati nei ricordi che ciascuno ha accumulato durante il lockdown e che ora possono finalmente essere rievocati e metabolizzati. Questo processo non è indolore: nonostante l’urgenza di questa iniziativa, ci si chiede se si è realmente preparati a rivivere e affrontare un periodo complesso per ognuno di noi.
Tenebra, Mostra personale di g. olmo stuppia, a cura di Francesca Giubilei e Luca Berta
Aperta dal 19 febbraio al 30 aprile 2021. Visita gratuita (lun-ven. h10-18) o su appuntamento (a seconda del protocollo Covid19)
Contatti: info@veniceartfactory.org +39 3286583871
SPARC* – Spazio Arte Contemporanea
Campo Santo Stefano – San Marco 2828, Venezia, Italia