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La vitalità caotica dell’arte di Frida Kahlo, in una mostra immersiva a Napoli
Mostre
In questi ultimi mesi, in Italia, le mostre dedicate a Frida Kahlo, si succedono l’una dietro l’altra: da Milano a San Sepolcro, a Roma e a Napoli, a cui seguiranno quelle a Torino e a Trieste. La mostra più recente, visitabile fino al 9 gennaio 2022, è quella napoletana, la seconda a stretto giro nella stessa città. Il suo titolo, “Frida Kalho – Il Caos dentro”, ben rappresenta la confusione delle idee e delle azioni, il fuoco dei sentimenti, la spettacolarità dei comportamenti di Frida che, nata da padre ebreo tedesco ma da madre messicana, risente delle origini materne. Cioè di una storia fatta dalla sovrapposizione di civiltà: da quella dei più antichi Maya a quella dell’impero Azteco. I colonizzatori spagnoli ne rinverdirono la profonda religiosità, in cui sopravvivono, ben radicate, credenze ancestrali. Una sovrapposizione un po’ caotica, come la vita di Frida Kahlo (1906-1954), questa donna bruna dalla corporatura minuta, foltissime sopracciglia e un accenno di baffi sulle labbra.
Una vita travagliata da un fisico infermo sin da bambina (una malformazione della colonna vertebrale) e poi da un incidente automobilistico, che la segnò per sempre e che la costrinse per nove mesi a letto, un letto a baldacchino, costruito per lei dal padre (ne vediamo la riproduzione nella mostra), a cui si appoggiava uno specchio che la ritraeva e la indusse a dipingere i suoi autoritratti. Senza questo specchio, non avrebbe avuto null’altro da vedere che il soffitto della sua camera.
Moltissimi sono, da allora in poi, gli autoritratti di Frida, ma in questa mostra ce ne è soltanto uno in originale: Piden aeroplanos y les dan alas de petate, che ha uno stile decisamente naif. Altri autoritratti in esposizione sono delle gigantografie a cui la tecnica ha dato una certa animazione, con effetti piacevoli per molti visitatori ma non per tutti. In mostra anche le riproduzioni dei vestiti di Frida, i suoi monili, le pagine del suo diario, le sue immagini in fotografia e quelle riprodotte su francobolli. Tentano di suggerirci la quotidianità di questa donna dalla forte personalità e dal grande amore per la vita.
Molto coinvolgente lo spettacolo all’inaugurazione della mostra: quello di due danzatrici che interpretano il dipinto “Le due Fride” (1939) della stessa Kahlo (la Frida desesperada e quella che si libra, avvolgendosi in bianchi lenzuoli, verso l’alto) e quello di tre violini, tre chitarre e uno strumento a fiato che, suonando musiche spagnoleggianti piene di passione e di allegria, esprimono la vitalità del popolo messicano e la passionalità di Frida Kahlo. Ricordano la musica napoletana e non senza ragione: Napoli fu, per secoli, capitale spagnola, come ricorda via Medina, la strada dove si trova la sede della mostra, Palazzo Fondi, dedicata al Virrey de Napoles Ramiro Felipe de las Torres, duque de Medina.
Di Frida Kalho si dice abbia avuto molti amori anche omosessuali, ma che il più importante sia stato quello per Diego Rivera, un pittore muralista, che sposò per due volte. L’aveva tradita e proprio con sua sorella e lei lo lasciò; ma poi ritornò da lui e lo risposò. Un amore che non sembra avere nulla di romantico se guardiamo le fotografie di Diego che sono in mostra: un uomo eufemisticamente robusto, dal viso contratto in volgarissime espressioni, tra il sadico e il vizioso. Che già aveva avuto due mogli con figli e che forse – dicono – si servì di lei per farsi pubblicità, della storia patetica di una donna malata, disperata ma vitalissima, dotata da quella forza selvaggia dell’istinto femminile che viene illustrata da un libro di gran moda qualche tempo fa: Donne che corrono coi lupi, la cui autrice, Clarissa Pinkola Estès, forse non è un caso, è anch’essa messicana.
Da parte dei curatori della mostra, c’è stato l’invito a prendere esempio da Frida Kahlo, dalla sua gioia di vivere nonostante tutto. Ma forse, in questi tempi un po’ appannati, saranno imitate soltanto le sue folte sopracciglia.