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La stretta relazione tra la tecnica preziosa e l’afflato del divino viene messa in mostra nella Galleria Salamon di Milano con l’esposizione “Oro, 1320 – 2020. Dai maestri del Trecento al Contemporaneo”, nella sede di Palazzo Cicogna, fino al 31 gennaio.
L’oro in mostra alla Galleria Salamon
Il percorso della mostra spiega l’evoluzione del fondo oro, a partire dalle antiche e tradizionali tecniche di Cennino Cennini – il cui manuale fu la Bibbia per artisti e artigiani fino ai tempi moderni – giungendo al taglio di Lucio Fontana, colui che rivoluzionò l’idea di oggetto artistico così come di concetto spaziale, toccandone i punti salienti, illustrando fratture e continuità nella storia.
Infatti, se il nostro ricordo primordiale dell’oro è associato all’epoca paleocristiana, in cui il sublime colore non-colore è la più adeguata rappresentazione della trascendenza del divino e, di conseguenza, della sua rappresentazione in terra, con il cristianesimo ne vediamo ricalcate le usanze, nella creazione di ampi spazi di luce che circondano le raffigurazioni di estasi e santità. Prima lo stile Giottesco con gli stilemi di assoluta modernità, poi il raffinatissimo tardogotico, quindi un salto nel Novecento. La corrente contemporanea ha il merito di aver riproposto l’oro al fine di trasmettere il medesimo senso di spiritualità, decontestualizzando totalmente il soggetto.
Opere d’oro, dal Gotico a Lucio Fontana
Con questi presupposti ammiriamo la magnifica Madonna con il Bambino tra quattro santi di Mariotto di Nardo (1365 ca. – Firenze, 1424), raffinatissima tavola tardomedievale in cui i personaggi, disposti uno di fianco all’altro, emergono immobili dal fondo dorato mentre la madonna ci osserva, silenziosa, dolce e pacata, trasmettendoci un grande senso di serenità. L’opera è affiancata al tondo Farfalle di Maurizio Bottoni (Milano, 1950): la brillantezza del fondo sublima i colori vivaci delle farfalle in volo, ognuna caratterizzata e minuziosamente descritta nei suoi particolari estremamente naturalistici.
Sublime l’Angelo Annunciante di Antonio Veneziano (Venezia ? – Firenze, 1388), che con la sua veste rosa perfettamente studiata nella volumetria, le ali sfumate di giallo-arancio, i fiocchi rossi tra i capelli, il gesto benedicente, ci dona tutta la sensazione del divino. Al contrario, la piccola tavola raffigurante uno scheletro disteso ci conduce alla riflessione sulla vanità delle cose terrene, ma con una nota umoristica: Oggi Riposo, come annuncia la targhetta in voluta grafia gotica, è un titolo satirico atto a sdrammatizzare la rappresentazione della morte messa in scena da Bottoni. Il suo omaggio al passato, il surrealismo della visione insieme all’estrema e intima adesione alle antiche tecniche lo rende moderno e tradizionale allo stesso tempo, con risultati di raffinatissima eccellenza.
Il Concetto Spaziale. I Quanta di Fontana, realizzato nel 1960, è celebre per la sua forza espressiva, aumentata dall’uso dell’oro per sublimare il taglio della tela, mentre le Galline dalle uova d’oro di Paolo Londero sono preziose sculture che riflettono sull’intrinseca dialettica del materiale in relazione con il soggetto, chiudendo perfettamente il cerchio espositivo.
La mostra concepita da Matteo Salamon, non solo propone un accostamento di bellissime opere ma lascia anche emergere una novità: nel mantenimento di un pattern vincente, il radicale mutamento di soggetto avvenuto nei secoli. Dal miracolo della rappresentazione della trascendenza del divino al prodigio della bellezza della Natura. Forse perché oggi è Lei la nostra vera divinità?