C’è molto di rivoluzionario ma anche molto di poeticamente classico, nella piccola ma curatissima “Works on paper”, mostra personale di Lawrence Carroll in esposizione allo Studio Trisorio a Napoli, fino al 30 gennaio 2023. Chi conosce e ama il lavoro dell’artista australiano, scomparso nel maggio 2019, avrà modo di godere di una mostra interamente dedicata ai suoi lavori su carta, decisamente meno noti delle opere su tela e delle grandi istallazioni che popolano i musei di tutto il mondo e, recentemente, anche in mostra al Museo Madre di Napoli, in una grande retrospettiva curata da Gianfranco Maraniello, in collaborazione con Lucy Jones Carroll.
Del superamento della bidimensionalità e dei concetti di stratificazione e sedimentazione Carroll ne ha fatto una missione, negli oltre 30 anni di lavoro sul campo, eppure ci si trova stupiti e inermi davanti a questi fogli così classicamente incorniciati, per la loro capacità di toccare le corde più profonde della sensibilità umana. A essere indagata, in questi lavori, è soprattutto la terza dimensione della memoria: In Untitled (object drawing flowers) del 2009, una pittura su tessuto e carta, Carroll dipinge fiori con disarmante e struggente semplicità («M’incantò la rima fiore amore, la più antica, difficile del mondo. Amai la verità che giace al fondo […]» recita Umberto Saba) rinnovando lo sguardo al cospetto delle “cose” che hanno sempre attratto e ispirato l’essere umano.
Cera, vernice e graffite ricorrono e si strarificano, si uniscono nei suoi famosi collage spingendosi oltre i limiti della capacità fisica della materia, come in Untitled del 1990 e Untitled del 2010, due opere in tecnica mista su carta. In questi lavori in particolare, ma anche negli altri esposti, i limiti – quelli imposti da un formato ma anche superati concettualmente – sono sempre al centro dell’interesse dell’autore. Ogni tentativo non è mai nascosto, ogni strappo ricucito è esaltato come cicatrice di una battaglia tutta interiore. Ogni sovrapposizione maschera e mette in evidenza il percorso intellettuale ed emotivo compiuto dall’artista.
Lo stesso concetto di bianco in Carroll è sempre messo in discussione: il colore puro per antonomasia nei suoi lavori è sempre sporcato. Alla riconoscibilità dunque attraverso quelli che sono i punti chiave della sua produzione artistica – il bianco monocromo, la stratificazione, l’utilizzo di materiali differenti spesso anche “antitetici” – si accosta in questa mostra un Lawrence Carroll meno noto. Il coraggio manifesto nelle sue grandi opere e nelle istallazioni che troneggiano nelle sale dei musei si perde al cospetto di un materiale tanto nobile e delicato: la carta.
In fin dei conti il foglio bianco è da sempre l’origine di tutto: artisti, poeti e letterati davanti ad esso hanno tremato, violandolo costoro hanno iniziato un viaggio da cui è impossibile tornare indietro. E al suo cospetto Carroll non dissimula un certo timore reverenziale. Lì dove tutto ha avuto inizio sempre si ritorna: non c’è modo più bello per rendere omaggio a questo grande artista che attraverso un foglio di carta.
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