Chi è Stefan Krygier? Non solo il principale artista d’avanguardia di Lodz, ma anche un architetto ed artista che ha creato installazioni spaziali, dipinti, sculture e grafiche.
L’idea che ha portato alla presentazione a Venezia, negli spazi di CREA Cantieri del Contemporaneo, di alcuni elementi selezionati del suo lavoro è quella di mostrare il legame tra il suo pensiero architettonico e le sue creazioni artistiche. Una serie di opere che si basano sull’inserimento di oggetti apparentemente irreali in spazi esistenti. Infatti, i lavori in mostra non sono sculture, ma piuttosto visioni e costruzioni relative alla trasformabilità dell’architettura e dell’ambiente umano.
Il visitatore si ritrova a camminare tra diverse composizioni spaziali monumentali, tutte formate da componenti mutevoli. Un’idea innovativa è alla base di queste composizioni, il concetto di interazione illimitata che permette la diffusione dell’opera attraverso l’attività dei partecipanti accidentali, in modo da instaurare un forte legame con il pubblico.
Un lavoro interessante quanto sfaccettato quello di Krygier, che vi raccontiamo attraverso le parole della Sig. Monika Krygier.
Io penso che il tema “Laboratorio del futuro” sia strettamente collegato al modo in cui Krygier pensa all’architettura e all’arte. La sua idea di architettura si è formata tra gli anni 50 e 70 del secolo scorso. In seguito, però, ha abbandonato l’architettura e ha deciso di realizzare installazioni, sculture e dipinti. In tutte le fasi del suo lavoro ha trattato a lungo la tematica del futuro; infatti, i suoi piccoli schizzi architettonici conservati, degli anni 50, sono delle visioni, ci proiettano nel futuro con la loro espressione, con un’estetica che era assolutamente unica per il suo tempo.
Questo “ritorno al futuro” di Krygier, attraverso le sue opere, non poteva trovare una cornice migliore che quella di Venezia dove storia e innovazione si intrecciano continuamente.
Una sorprendente continuazione della passione architettonica di Krygier si ritrova nelle opere concettuali, a cavallo tra il mondo dell’arte e quello delle funzioni ad esse assegnata.
Negli anni Sessanta e Settanta, Krygier compie ripetuti soggiorni in Italia e in Egitto. Fu un’esperienza interessante per il suo lavoro, perché, essendo cresciuto nell’ambito della cultura mediterranea, ha potuto così confrontare le sue idee sull’architettura e l’arte di queste regioni con l’immagine in tempo reale delle stesse. Questo ha portato ad una riconsiderazione delle sue opinioni. È però difficile separare attività strettamente artistiche, come la pittura e la scultura, dall’architettura. Nei fotomontaggi creati principalmente sulla base di foto di viaggio degli anni Sessanta, ad esempio, ha introdotto elementi ripresi da altre sue attività artistiche, che hanno portato alla creazione di nuovi contesti.
In uno dei suoi testi Stefan Krygier ha scritto: «Le creazioni artistiche, a prescindere dalla loro natura e dalla loro connessione con correnti specifiche, esistono attraverso la forma. Il modo in cui sentiamo e comprendiamo questo stesso fatto è soggetto a continui cambiamenti, ma la connessione interna tra la forma e il contenuto dell’opera è una condizione permanente per la sua esistenza.» Credo che la comunicatività sia un aspetto indispensabile della comunicazione artistica. L’organizzazione dei singoli elementi del sistema creato dall’artista, e la loro responsabilità in relazione al contenuto, può essere considerata come un messaggio.
È una sorta di idea, un messaggio per i visitatori o gli studenti, ma anche una linea che collega diverse attività. Il tema comune di tutti i suoi lavori è, dal mio punto di vista, il progresso, non importa che si tratti di architettura o di pittura.
Citando sempre le parole di Krygier : «Gli elementi possono essere collocati in varie situazioni sia dagli artisti sia dai dai partecipanti. Gli elementi distribuiti creano un sistema di immaginazione aperto e un gioco libero. Invece che focalizzarmi sull’ambito limitato dell’arte visiva, ho proposto un centro per la condensazione della forma, la cui portata non è limitata nel tempo o nello spazio. La zona di attività si espande costantemente e copre un numero sempre maggiore di situazioni derivanti dall’attività dei partecipanti.»
Le prime due opere, Form Condensation Centre I e Form Condensation Centre II, sono un gioco aperto a tutti i visitatori. Diffondono i loro elementi all’esterno, per cui è possibile portarle in un altro luogo e riorganizzarle secondo la propria idea. Il processo di migrazione degli elementi è poi completato dall’osservatore, secondo il concetto dell’integrazione illimitata. In mostra abbiamo due proiezioni video che fanno vedere la migrazione degli elementi in vari luoghi del mondo. L’autore è Włodzimierz Pietrzyk, un sociologo e fotografo.
Il Centro di condensazione della forma III, presenta invece una composizione chiusa, gli elementi sono contenuti nella costruzione di cubi diventando un rifugio per lo spettatore. L’interazione è comunque possibile, guardando attraverso di essa e scorgendo lo spazio retrostante o le altre persone. In questo lavoro compenetrazione degli elementi e la loro trasparenza è una sorta di riflessione dell’immagine tridimensionale.
Zygmunt Krauze, come Stefan Krygier, è stato affascinato dalla personalità di Władysław Strzemiński. La produzione musicale di Krauze infatti comprende una serie di opere ispirate ai dipinti di Strzemiński. In Krygier, il riferimento a Strzemiński sottolinea, a mio avviso, una fase di cambiamento, in cui l’artista avvia una ricerca di nuove forme emotivamente forti. Krauze e Krygier sono cresciuti nello stesso ambiente, si sono conosciuti personalmente e credo che rappresentino sensibilità artistiche simili che possono dialogare in modo interessante.
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