Villa Medici prosegue nella sua esplorazione degli elementi con la mostra Il canto delle sirene. L’acqua raccontata dagli artisti con le opere di circa 30 artisti contemporanei italiani e internazionali, di cui dieci concepite espressamente per l’occasione.
La mostra invita a esplorare i diversi stati dell’acqua visti attraverso lo sguardo degli artisti, dalla sua rappresentazione alle sue implicazioni politiche, da bene trasformato in risorsa a ricerca metaforica della sua sorgente. L’immersione in questo mondo liquido apre un universo di contraddizioni in un’epoca in cui i racconti delle origini dell’acqua si mescolano a quelli che paventano scenari futuri, dove l’acqua rappresenta una minaccia per le sue inondazioni o per la sua totale scarsità, e il livello dei mari si innalza mentre i fiumi si prosciugano. L’acqua è in crisi, ci ricordano gli artisti che navigano dalle acque inquinate delle città fino agli stretti degli spazi naturali, decretandone la morte, tacitamente o meno, per l’uso sconsiderato che ne facciamo e impegnandosi in una conversazione critica sulla nostra responsabilità collettiva di preservarla. Recuperare terreno, scorrere e riscoprire le proprietà magiche dell’acqua per ripensare il nostro mondo, questo è il filo che Il canto delle sirene. L’acqua raccontata dagli artisti ci invita a seguire.
La Fondazione Sabe per l’arte presenta FOTOGRAFIA E FEMMINISMI. Storie e immagini dalla Collezione Donata Pizzi, mostra collettiva a cura di Federica Muzzarelli, realizzata in collaborazione con il Gruppo di Ricerca FAF/Dipartimento delle Arti, Università di Bologna, all’interno del Progetto PRIN 2020 “La Fotografia Femminista Italiana”.
A partire da una selezione di immagini provenienti dalla Collezione Donata Pizzi, la mostra FOTOGRAFIA E FEMMINISMI mette in dialogo il lavoro di diverse generazioni di fotografe e artiste operanti nel panorama italiano degli ultimi cinquant’anni. In particolare, la collettiva focalizza la persistenza ideale, l’eredità culturale e, insieme, lo sviluppo e i mutamenti dell’immagine e della presenza delle donne attraverso gli snodi offerti da quattro nuclei tematici principali: Album di famiglia, Identità di genere, Stereotipi e spazi domestici, Ruoli e censure sociali. Lo fa accostando, secondo un montaggio parallelo che ne rivela concretamente continuità e dissonanze, i lavori di artiste storicizzate quali Liliana Barchiesi, Lisetta Carmi, Lucia Marcucci, Paola Mattioli e Tomaso Binga, a quelli di Martina Della Valle, Giulia Iacolutti, Moira Ricci, Alessandra Spranzi e Alba Zari. Ma la mostra è anche un racconto nel racconto: quello di un’iniziativa pionieristica e lungimirante che ha portato Donata Pizzi a iniziare un percorso di valorizzazione del lavoro delle donne artiste e fotografe italiane che oggi assume i contorni di un patrimonio storico e culturale eccezionale.
La mostra, a cura di Lucia Pesapane, è la prima retrospettiva antologica completa organizzata in un museo italiano dedicata all’artista. Strutturato in otto sezioni, il percorso espositivo racconta la vita artistica di Niki de Saint Phalle, dagli esordi fino agli ultimi lavori, in un ritmo diacronico ma anche fortemente antologico che ripercorre, attraverso il mondo colorato, polimorfo, tondeggiante e materno delle sue Nanas (e non solo), una vita personale molto meno gioiosa. Negli anni l’artista ha dovuto spesso distruggere per elaborare il dolore e per poi ricostruire, rompendo gli schemi attraverso intense provocazioni, per lasciare alla fine un’impronta duratura nel mondo dell’arte. Realizzata in collaborazione con la Niki Charitable Art Foundation, la mostra espone 110 opere, di cui una decina di grandi dimensioni, oltre a una elegante selezione di vestiti della Maison Dior, che ricordano anche il suo passato di modella nei bellissimi scatti fotografici che la ritraggono e che contemporaneamente raccontano al pubblico una visione personale molto “pop” dell’arte, intesa come percorso verso l’affermazione del femminile.
Con Post Scriptum. Un museo dimenticato a memoria, la grande collettiva che conclude la programmazione del MACRO sotto la direzione artistica di Luca Lo Pinto, il museo si riflette in una mostra, diffusa in tutta la sua architettura, in una superficie di oltre 10.000 metri quadri. Le opere sono quelle di oltre 30 artisti italiani e internazionali: Tolia Astakhishvili (con Thea Djordjadze, Heike Gallmeier, Dylan Peirce), Absalon, Vincenzo Agnetti, Maurizio Altieri, Alex Bag, Beatrice Bonino, Victor Cavallo , Francesca Cefis, Buck Ellion , Luciano Fabro, Hamishi Farah, Simone Forti , Pippa Garner, Alberto Garutti, Isa Genzken, Lenard Giller, Felix Gonzalez-Torres, Adam Gordon, Pierre Guyotat, Sohrab Hura, Thomas Hutton, Allan Kaprow, KUKII (akaLafawndah), Rosemary Mayer, Sandra Mujinga, Charlemagne Palestine, Paolo Pallucco & Mireille Rivier, Lorenzo Silvestri, Diane Simpson, Gillian Wearing e Issy Wood. Il titolo prende in prestito l’espressione “dimenticare a memoria” coniata alla fine degli anni Sessanta da Vincenzo Agnetti per suggerire l’approccio agli esiti di un progetto che in cinque anni ha portato l’istituzione museale a interrogarsi sulla propria identità, le proprie modalità di produzione e relazione con gli artisti e il pubblico.
Milano celebra Enrico Baj (Milano, 31 ottobre 1924 – Vergiate, 16 giugno 2003), uno dei maestri della neoavanguardia italiana e internazionale, con un’ampia retrospettiva protagonista delle mostre d’autunno, studiata per ripercorrere tutti i temi e i soggetti della sua lunga e poliedrica esperienza. Promosso da Comune di Milano-Cultura e prodotto da Palazzo Reale con Electa, il progetto è curato da Chiara Gatti e Roberta Cerini Baj e conta quasi cinquanta opere distillate in un arco temporale che dai primi anni Cinquanta giunge all’alba del Duemila, attraversando le fasi di ricerca e di adesione dell’artista a diversi movimenti nel tempo. I suoi personaggi, entrati nell’immaginario comune, le Dame e i Generali, gli Ultracorpi, gli Specchi, i Mobili e i mostri dell’Apocalisse animeranno una giostra di creature frutto dell’universo surrealista e insieme fantascientifico di un autore che ha fatto dell’ironia e del grottesco un grimaldello per scardinare il conformismo borghese e schierarsi contro ogni forma di potere costituito.
Pirelli HangarBicocca presenta Jean Tinguely, la più estesa retrospettiva realizzata in Italia dopo la scomparsa dell’artista. La mostra tenterà di mettere in luce la radicalità e la natura sperimentale di Jean Tinguely, tra gli artisti che hanno tracciato la storia dell’arte del XX Secolo, rimarcando la sua attualità nel presente e la sua valenza contemporanea ancora oggi. Il percorso espositivo prevede oltre trenta lavori realizzati dagli anni cinquanta agli anni novanta che occuperanno i 5.000 metri quadrati delle Navate di Pirelli HangarBicocca dando vita ad un’unica coreografia sonora e visiva formata dalle opere più rappresentative del suo percorso artistico, da quelle seminali a quelle cinetiche monumentali. Questa retrospettiva, che si apre a ridosso dei cento anni dalla nascita dell’artista, sarà anche l’occasione per ricordare al pubblico il profondo rapporto di Jean Tinguely con Milano dove ha realizzato alcuni dei suoi progetti più ambiziosi.
Dal 10 ottobre 2024 al 2 febbraio 2025 Palazzo Reale a Milano presenta una delle più ampie e dettagliate retrospettive dedicate a uno dei suoi autori più importanti, curata da Denis Curti e Alberto Salvadori.
Oltre 250 immagini, di cui molte mai esposte prima d’ora, preziosi scatti vintage, documenti, libri e filmati, ripercorrono l’intera produzione di Ugo Mulas: dal teatro alla moda, dai ritratti di artisti internazionali, protagonisti della Pop art americana, a intellettuali, architetti, e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo – quali Dino Buzzati, Giorgio De Chirico, Marcel Duchamp, Jasper Johns, Roy Lichtenstein, Arthur Miller, Eugenio Montale, Louise Nevelson, Gio Ponti, Salvatore Quasimodo, Giorgio Strehler, Andy Warhol e molti altri – dalle città fino al nudo e ai gioielli.
MCm — Minimo Comune multiplo si riferisce all’omonimo principio matematico che evidenzia la molteplicità ottenibile da un singolo elemento. Questo principio moltiplicatorio corrisponde sia la pratica artistica di Andrea Mastrovito sia al processo produttivo di Marca Corona, entrambi basati sulla moltiplicazione dell’uno e nel suo rapporto con l’insieme. Mastrovito ha creato un’opera inedita, sotto forma di mosaico in carta, ispirata dai racconti e dai dialoghi con i dipendenti di Marca Corona. L’opera principale, che dà il titolo alla mostra, è accompagnata da una selezione di lavori realizzati da Mastrovito tra il 2009 e il 2024, esemplificativi di una delle modalità operative prevalenti nella sua ricerca: la moltiplicazione con conseguente la giustapposizione degli elementi moltiplicati. Queste opere, esposte all’interno della Galleria Marca Corona e nello showroom, entrano pertanto in in dialogo diretto con la ceramica e con la sua modalità produttiva. La mostra, a cura di Ilaria Bernardi, corrisponde alla terza edizione di Marca Corona per l’Arte, un progetto che mira a connettere il mondo artistico con quello dell’impresa.
Inizia negli anni Trenta il rapporto tra Henri Cartier-Bresson e l’Italia, un legame di scoperta e fascinazione che si interrompe solo negli anni Settanta, quando il celebre autore abbandona la fotografia. In mezzo, Roma, Napoli, Venezia, Matera, l’Abruzzo… solo o accompagnato dalla compagna e artista Leonor Fini, dall’amico André Pieyre de Mandiargues poeta e scrittore: ogni viaggio diventa per il fotografo occasione di nuova riflessione sul paesaggio e sulla bellezza italiana. La mostra Henri Cartier-Bresson e l’Italia – ospitata a Palazzo Roverella di Rovigo fino al 26 gennaio 2025, curata da Clément Chéroux, e Walter Guadagnini e prodotta da Dario Cimorelli Editore – offre un percorso all’interno del lavoro di uno dei più grandi maestri della fotografia del Novecento attraverso più di 160 tra fotografie e documenti d’epoca.
La collaborazione tra ArtVerona e i Musei Civici di Verona – Galleria d’Arte Moderna Achille Forti con il format Habitat, progetto della manifestazione fieristica veronese dedicata agli ambienti artistici immersivi, si consolida attraverso una nuova edizione che ospiterà negli spazi della GAM i lavori di un altro grande artista: Mario Merz, grazie ai prestiti provenienti dalla collaborazione con la Fondazione Merz.
Figura cardine dell’Arte Povera e nota a livello internazionale, Mario Merz ha fatto della compenetrazione tra opera e ambiente il fulcro della propria ricerca e il percorso espositivo concepito dai curatori Patrizia Nuzzo, Responsabile delle Collezioni d’Arte Moderna e Contemporanea, e Stefano Raimondi, Direttore artistico di ArtVerona, si concentra proprio sugli elementi archetipici che costantemente ritornano nella produzione dell’artista.
La Fondazione Palazzo Magnani presenta il progetto ideato dall’artista britannico David Tremlett per la città, che comprende il grande intervento artistico permanente all’Ex Caffarri The Organ Pipes, e la mostra Another Step, a cura di Marina Dacci, negli spazi espositivi dei Chiostri di San Pietro.
The Organ Pipes è uno degli interventi artistici permanenti più grandi che Tremlett abbia mai realizzato: i silos della Ex Caffarri occupano 750 metri quadrati di superficie per una lunghezza complessiva di 75 metri e ciascuno ha una facciata di 100 metri quadrati ed è alto 11,30 metri. La realizzazione dell’opera verrà effettuata nell’arco di circa 20 giorni di lavoro giornaliero con la collaborazione di un team di 3 unità. Il progetto prevede l’utilizzo di oltre 100 litri di colore acrilico e la gamma dei colori è stata selezionata dall’artista con uno studio specifico del territorio in cui l’opera si inscrive.
La mostra Another Step negli spazi dei Chiostri di San Pietro, a cura di Marina Dacci, affianca l’importante intervento di arte pubblica creando un legame tra territori liminali della città e il centro storico. Il focus dell’esposizione verte su alcune costanti nella ricerca artistica di Tremlett dagli anni Settanta ad oggi attraverso una settantina di opere dal 1969 (inizio della sua stagione artistica) al 2023. Si tratta di disegni e di collage, composizioni testuali, provenienti per lo più dallo studio dell’artista e dal prestito di alcuni collezionisti: oltre la metà delle opere non sono mai state esposte in precedenza e sono legate a una specifica produzione in studio, svincolate dalla realizzazione di successivi wall drawing.
La mostra Il Cinquecento a Ferrara. Mazzolino, Ortolano, Garofalo, Dosso costituisce la seconda tappa di una più ampia e ambiziosa indagine del tessuto culturale e artistico intitolata Rinascimento a Ferrara. 1471-1598.
Questa seconda tappa del progetto racconta le vicende della pittura del primo Cinquecento a Ferrara, dagli anni del passaggio di consegne da Ercole I d’Este al figlio Alfonso (1505), fino alla scomparsa di quest’ultimo (1534), committente raffinato e di grandi ambizioni, capace di rinnovare gli spazi privati della corte come quelli pubblici della città.
I nomi di Garofalo e Dosso sono i più noti al pubblico, e il loro percorso è stato approfondito in maniera organica in diverse occasioni (anche nella stessa Ferrara nelle mostre Garofalo pittore della Ferrara estense del 2008 e Dosso Dossi. Pittore di corte a Ferrara nel Rinascimento del 1998). Per Mazzolino e Ortolano si tratta invece di un debutto assoluto, necessario per illustrare compiutamente e comprendere meglio il variegato panorama della pittura ferrarese dei primi decenni del XVI secolo.
Dal 12 ottobre 2024 al 3 marzo 2025 la Collezione Peggy Guggenheim presenta Marina Apollonio. Oltre il cerchio, prima personale mai realizzata in Italia dedicata a Marina Apollonio (n. 1940), tra le maggiori esponenti dell’Arte Optical e Cinetica internazionale, sostenuta e collezionata da Peggy Guggenheim.
Curata da Marianna Gelussi, la mostra è un meritato tributo all’artista triestina. Mettendo in evidenza il rigore della sua ricerca visiva, tra pittura, scultura e disegno, opere statiche, in movimento e ambientali, bianco e nero e ricerca cromatica, sperimentazioni tecniche e di materiali, Marina Apollonio. Oltre il cerchio ripercorre la carriera dell’artista dal 1963 a oggi.
Figura dall’opera marcatamente internazionale, questo omaggio nelle sale della Collezione Peggy Guggenheim, a Venezia, città d’adozione, dove si trasferisce da bambina e compie i primi passi d’artista, diventa ulteriormente prezioso e mette in luce il ruolo di Peggy Guggenheim, collezionista attenta e lungimirante. Nel 1968, dopo aver visitato la personale di Apollonio alla galleria Barozzi di Venezia, Guggenheim le commissiona Rilievo 505, tutt’oggi parte della collezione, riprova del suo sostegno alle giovani avanguardie italiane. La mostra si inserisce nella tradizione espositiva del museo, che, accanto ad esposizioni di respiro internazionale, ospita rassegne volte a celebrare i protagonisti della scena artistica nazionale del secondo dopoguerra, sostenuti dalla mecenate, quali Edmondo Bacci, a cui è stata dedicata la recente monografica, Tancredi Parmeggiani, e ora Apollonio.
Dal 16 ottobre 2024 la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino presenta tre nuove mostre.
Berthe Morisot. Pittrice impressionista, che celebra la storia e il percorso artistico dell’unica donna tra i fondatori del movimento impressionista. La mostra illustra il legame di Morisot con la poetica del movimento e fa emergere il suo personalissimo timbro nel cogliere la labilità dell’attimo, a simbolo della fragilità dell’esistenza, capace di rappresentare con grazia gli elementi della natura e della realtà.
La prima grande mostra italiana dedicata all’artista americana Mary Heilmann, curata da Chiara Bertola, ripercorre i sessant’anni della sua carriera, dai primi dipinti geometrici degli anni ‘70 fino alle recenti tele sagomate in colori fluorescenti. Le sessanta opere in mostra attraversano la sua gioiosa produzione per offrire uno sguardo ampio sul suo approccio ludico all’astrazione, toccando passaggi fondanti e nuclei tematici della sua opera.
La grande antologica dedicata a Maria Morganti traccia un percorso all’interno di una ricerca fortemente unitaria che ha la propria origine nell’essenzialità del gesto pittorico, nella sua ripetizione ed espansione nel tempo, una ricerca sviluppatasi con costanza negli anni, fino a delineare un’architettura di pensiero, uno spazio di lavoro e archiviazione, un luogo fisico e mentale – lo studio dell’artista – dove dare forma al tempo attraverso la semplicità di atti quotidiani che compongono, per lento accumulo, il complesso diario cromatico di un’esistenza.
Dalle tre nuove mostre dedicate a Berthe Morisot, Mary Heilmann e Maria Morganti emergono i temi che ispirano il nuovo allestimento delle collezioni permanenti: luce, colore, tempo. Dopo molti anni riapre il secondo piano del Museo, grazie a un progetto architettonico che ne ha valorizzato la struttura originaria e gli ambienti inondati dalla luce. In una sezione del secondo piano è allestito il Deposito vivente, in cui il visitatore vive l’esperienza immersiva di un deposito museale. Stefano Arienti, infine, è l’intruso chiamato a scompaginare l’ordine prestabilito del Museo.
La nuova edizione di Preserving the Brain, parte del progetto Human Brains che Fondazione Prada dedica dal 2018 alle neuroscienze, si concentra sulla prevenzione delle malattie neurodegenerative. Realizzato in collaborazione con quindici tra i più importanti istituti di neuroscienze di alcune delle più prestigiose università di tutto il mondo e cinque organizzazioni e associazioni italiane di pazienti, Preserving the Brain: A Call to Action è costituito da un convegno scientifico e una mostra accompagnata da un programma di incontri che si svolgono nella sede di Milano. Il 16 e il 17 ottobre si terrà al Cinema Godard della Fondazione il convegno Prevention on Neurodegenerative Diseases. Sempre il 16 ottobre inaugurerà negli spazi della galleria Nord della sede di Milano la mostra espositivo indaga i temi principali affrontati nelle sessioni del convegno attraverso dati scientifici e materiali visivi ideati da ricercatori internazionali ed elaborati graficamente dallo studio di New York 2×4. Il progetto si articola in otto sezioni espositive e in uno spazio di condivisione che accoglie attività di mediazione rivolte ai visitatori.
Il 31 ottobre 2024 verrà presentato For My Best Family, il nuovo progetto espositivo ideato dall’artista Meriem Bennani. Combinando una nuova installazione site-specific con un film d’arte co-diretto con Orian Barki, la mostra esplora i modi di stare insieme in contesti sociopolitici rappresentandoli in chiave pubblica o intima. Questo progetto è l’opera più ambiziosa che Bennani abbia mai realizzato in termini di complessità, dimensioni dei lavori e durata del processo creativo che ha richiesto più di due anni di attività.
Dal 16 ottobre 2024 gli spazi del Centro accolgono la mostra Tina Modotti. L’opera, a cura di Riccardo Costantini, dedicata a una delle figure più rilevanti della fotografia del XX secolo. Le 300 opere esposte a Torino raccontano la poliedricità, le peculiarità artistiche, l’indole curiosa, partecipe e libera di Modotti, che durante la sua breve ma intensa carriera è riuscita a catturare l’intensità e i contrasti dei mondi che ha attraversato, espressi con ritratti di vita quotidiana, ma anche e soprattutto raccontando l’ingiustizia, il lavoro, l’attivismo politico, la povertà, le contraddizioni del progresso e del passaggio alla modernità. In concomitanza, fino al 2 febbraio 2025, la Project Room di CAMERA ospiterà Mimmo Jodice. Oasi, mostra in collaborazione con Fondazione Zegna. Curata da Walter Guadagnini con la collaborazione di Barbara Bergaglio, la mostra presenta per la prima volta 40 immagini appartenenti alla serie realizzata dal fotografo napoletano tra la primavera e l’inverno del 2008, per una committenza ricevuta dalla Fondazione. Uno straordinario corpus all’interno del quale è possibile ritrovare tutta la poetica di Jodice, la sua capacità di trasformare gli elementi della realtà, naturali o artificiali, paesaggi o interni, piante o macchinari industriali, in visioni metafisiche, sospese nel tempo e nello spazio.
Dal 24 ottobre 2024 al 13 aprile 2025, Fondazione Elpis presenta la mostra collettiva YOU ARE HERE. Central Asia, una costellazione di visioni artistiche provenienti dall’Asia Centrale, a cura di Dilda Ramazan e Aida Sulova. L’esposizione presenta le opere di 27 artisti contemporanei nati in Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, realizzate con una gamma di tecniche che include pittura, video, scultura, fotografia, tessuti, installazioni site-specific e performance. Il titolo e la cornice tematica della mostra traggono origine dall’omonima frase di uso quotidiano, usata per indicare una presenza in vari luoghi, strade, città o Paesi. Spesso è accompagnata da un puntatore grafico che indica la posizione e l’orientamento nello spazio fisico. Metaforicamente, la mostra YOU ARE HERE manifesta una consapevolezza di sé e un riconoscimento della propria presenza nei vari livelli dell’esistenza. Con Munara Abdukakharova, Aïda Adilbek, Chyngyz Aidarov, Aika Akhmetova, Vyacheslav Akhunov, Said Atabekov, Medina Bazargali, Azadbek Bekchanov, Bakhyt Bubikanova, Ulan Djaparov, Saodat Ismailova, Anna Ivanova, Kasiet Jolchu, Daria Kim, Jazgul Madazimova, Yerbossyn Meldibekov, Gulnur Mukazhanova, Nurbol Nurakhmet, Rashid Nurekeyev, Qizlar, Marat Raiymkulov, Sonata Raiymkulova, Alexey Rumyantsev, Zhanel Shakhan, Temur Shardemetov, Ester Sheynfeld ed Emil Tilekov.
Roberto Sebastián Antonio Matta Echaurren (Santiago del Cile, 1911 – Civitavecchia, 2002) è uno degli artisti più importanti del XX secolo, ma ha ricevuto sorprendentemente pochi riconoscimenti. Prendendo spunto da due straordinari capolavori dell’artista conservati a Ca’ Pesaro, la mostra si propone di illustrare le sue capacità come pittore, ma intende anche rivelare la portata del suo lavoro e del suo pensiero. Matta era un fervido pittore e disegnatore, ma lavorava anche con altri materiali diversi, tra cui argilla, legno e metallo. Inizialmente studiò architettura nel nativo Cile, entrando poi a far parte dell’atelier di Le Corbusier a Parigi, e gli piaceva definirsi un architetto. La mostra in programma a Ca’ Pesaro affronta diversi temi che permettono di esplorare la molteplicità e la profondità della produzione di dipinti, disegni e sculture di Matta secondo la sua poliedrica creatività che va dall’architettura alla scienza, dalla letteratura alla linguistica, dai temi politici alla matematica, dall’umorismo all’erotismo.
Dominique White, vincitrice della nona edizione del Max Mara Art Prize for Women, presenta la mostra Deadweight alla Collezione Maramotti, costituita da un gruppo di opere realizzate nel 2024.
Il titolo deriva da un termine nautico “deadweight tonnage”, ossia tonnellaggio di portata lorda] che calcola il carico complessivo di una nave per determinare la sua capacità di galleggiare e funzionare come previsto. White inverte volutamente tale significato, sfidando la nozione canonica di stabilità e indicando la possibilità di emancipazione attraverso la distruzione. Le opere – strutture angolari ondeggianti create da metalli manipolati in forme che rievocano ancore, lo scafo di una nave, carcasse o scheletri di mammiferi – combinano forza e fragilità. Forme materiali perdute o abbandonate che, attraverso il trattamento di White, diventano simboli di sfida.
Parte del procedimento ha comportato l’immersione delle sculture nel Mar Mediterraneo: gesto sia fisico che poetico per esplorare l’effetto trasformativo dell’acqua sugli oggetti materiali. Le opere che ne risultano mostrano la ruggine e l’ossidazione dei metalli, la frammentazione degli elementi organici come sisal, rafia e legname spiaggiato, oltre a portare con sé il persistente aroma dell’acqua di mare.
Pietro Ruffo si interroga sull’impatto dell’uomo sulla Terra, esplorando la legittimità del termine Antropocene e condensando nelle opere esposte la storia del nostro pianeta e della conoscenza. La mostra si articolerà nella grande sala del piano nobile di Palazzo Esposizioni e nelle tre sale adiacenti: nella sala più grande, L’Homme avant la Création de l’Homme, un lavoro lungo 21 metri, sarà inserito nell’installazione immersiva L’ultimo meraviglioso minuto che ricreerà l’atmosfera di una foresta primordiale. Al suo interno, i visitatori e le visitatrici potranno camminare tra le testimonianze di una storia antica offerte dalle opere circolari intitolate De Hortus.
Il percorso espositivo proseguirà alla scoperta delle prime tracce umane riproposte attraverso cinque grandi quadri della serie Antropocene Preistoria. Successivamente, i visitatori e le visitatrici prenderanno coscienza del tempo, immergendosi nella video installazione Il Giardino planetario in cui la preistoria, il presente e il futuro sono raccordati in un unico orizzonte stratificato. La mostra terminerà con una riflessione su Roma, vista e sezionata nelle sue varie fasi storiche e geologiche: un palinsesto visivo creato appositamente per Palazzo Esposizioni, che pone sotto un unico sguardo millenni di evoluzione.
Dal 31 ottobre la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta tre nuovi progetti.
Silent Studio di Mark Manders, artista olandese che nel corso degli ultimi decenni si è affermato a livello internazionale per le sue innovazioni nel campo della scultura da un punto di vista concettuale e materico. La mostra presenta un’ampia selezione di lavori realizzati nel corso di oltre trent’anni, a partire da Short Sad Thoughts (1990) fino a nuove produzioni concepite appositamente per la Fondazione.
Your Mouth Comes Second, la prima mostra personale dell’artista newyorkese Stefanie Heinze, riunisce una selezione di opere recenti che riflettono le preoccupazioni centrali dell’artista: l’esplorazione della tenerezza e della vulnerabilità, la compagnia e l’integrazione dello spiritualismo antico e urbano.
Hearsay, mostra personale di Bekhbaatar Enkthur, vincitore del Premio illy Present Future 2023, presenta una nuova serie di opere di Enkhtur che indagano il potenziale simbolico e metonimico degli animali e degli esseri umani per esplorare il rapporto tra rappresentazione visiva e linguistica. Qui, creature fantastiche appaiono in bassorilievo metallico come immagine e forma, essere figurativo e figura del discorso.
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