Con “LA CAVA DELLE NUVOLE BIANCHE”, mostra personale di Diego Soldà a cura di Luca Massimo Barbero (aperta da sabato 25 marzo a domenica 14 maggio 2023, negli spazi di Atipografia ad Arzignano) è possibile esplorare il lavoro dell’artista nativo di questo paese, classe 1981, che ha nella vicina Chiampo il proprio studio.
Diego Soldà è un pittore alchimista che lavora con il rigore di uno scienziato, lasciando la gestualità agire nel tempo e interagire naturalmente coi materiali. Il tempo, stratificato, e spesso a colori, è protagonista dei suoi minuziosi lavori scultorei dall’anima pittorica, che richiedono al visitatore di fermarsi ad ascoltare la materia, e inciamparci.
Atipografia è un ex spazio industriale, una tipografia a conduzione famigliare ora nelle mani di Elena Dal Molin, di formazione storica e critica dell’arte. La fabbrica ha chiuso negli anni ’90, e nel 2014 Elena ha preso in mano lo spazio per fondare l’Associazione Culturale Atipografia con lo scopo di promuovere l’arte contemporanea nel territorio, più specificamente nel nord est. Ad Arzignano, un paese dalla tipica cementificazione veneta frutto dell’intensiva industrializzazione, Atipografia è un luogo di respiro ed un ottimo esempio di rivalutazione di uno spazio urbano, riappropriandosi del territorio. Dopo una personale di Arcangelo Sassolino e la collettiva Unplugged, è ora in mostra, per la prima volta, la personale di un artista nato proprio qui.
Il procedimento adottato da Soldà è esempio massimo della poesia che incontra la materia in maniera quasi spontanea, permettendo a forma, tempo e azione di interagire nel modo più profondo. Opere come 12 settimane (2016) e 30 giorni (2017), determinate da un tempo definito a priori nel corso del quale applicare uno sull’altro strati di pittura i cui colori possono anche essere riflesso di eventi esistenziali e umori, si affiancano a lavori come il recente work in progress Temporaneo (2023), pensato per continuare a crescere e cambiare di giorno in giorno per un tempo potenzialmente infinito, che vede il suo termine solo con la morte dell’artista.
In “LA CAVA DELLE NUVOLE BIANCHE”, il grande ingresso dello spazio accoglie tre pietre posticce, qualcosa di molto piccolo, un anti pièce de résistance che invita lo spettatore a scoprire la grande sala principale che accoglie le opere. Attraverso lavori come 12 settimane, per la quale l’artista ha lavorato ogni giorno dal lunedì sino alla domenica, lasciando che gli strati di colore si accumulassero, si può iniziare a capire come la sedimentazione, spesso colorata, sia il tema al centro dell’opera di Soldà, che vede sempre il colore bianco come punto finale a chiusura dell’opera.
Il processo, in maniera diametralmente opposta a come siamo abituati a pensarlo, è ricostruito a posteriori: la rottura e il taglio sono sperimentazioni non essenziali, ma che determinano, secondo l’artista, l’onestà dell’opera. Così come nelle rotture dove l’opera viene tagliata a metà o frazionata in quarti, è l’atto violento che si oppone alla sinuosità degli oggetti e del pensiero; la frammentazione è in opposizione alla crescita, l’energia messa ‘a dormire’ sotto forma di lastra misteriosa, come in R.I.P. (2020/2021).
L’ambiguità di Soldà affascina: un colorato che nasconde un vuoto che è necessario riempire, colmare, sviluppare, far crescere. Diversamente dal territorio provinciale circondante, l’epidermide di Soldà confonde ma ricostruisce, lasciando un segno nel luogo in cui è stata pensata e creata.
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