Daniele Franzella, Mitologema, Rizzuto Gallery, Installation view
Molte volte pensare al tempo è come imporre una separazione, tracciare una linea invisibile fra l’istante in cui si vive e ciò che è già stato reso storico, per semplificare l’orientamento in un paesaggio delineato dai secoli e per la necessità di collocarvisi al suo interno. È complesso, perciò, ridurre l’entità di questo tipo di considerazione cronologica dell’uomo e dell’universo fenomenico che gli ruota attorno, eppure l’artista è colui che più di altri è in grado di abbattere le separazioni temporali, generando un momento continuo in cui passato e presente coesistono in uno scambio ininterrotto di significati.
Partendo da un lavoro di rielaborazione dei linguaggi e dei sensi a questi attribuiti, Daniele Franzella si addentra in uno studio dove le immagini rievocano i piani di una memoria ricostruita, in grado di ridefinire i tratti dell’immaginario comune. L’artista tenta di cambiare il valore dei simboli sfruttandone la forza del loro stesso contenuto, al fine di tracciare un’analisi del tempo attuale in cui viviamo, pur rimandando soltanto idealmente ad epoche storiche lontane dall’oggi, facendo convergere influenze tecniche, materiali e rappresentative che abbattono i divari temporali.
Sono evidenti, dunque, gli elementi per comprendere il valore di “Mitologema” – la mostra personale di Daniele Franzella presso la Rizzuto Gallery e a cura di Alessandro Pinto – ma soprattutto per comprendere il lavoro e l’intensa ricerca dell’artista, che si uniscono in una miscela per niente slegata fra concettualismo e intellettualità. Franzella – dedito all’attività da archivista e storiografo – tenta ostinatamente di riportare alla luce i significati originari perduti di simboli e figure che appartengono ad un altro tempo e che ormai non sono più in grado di affermare certezze. Senza lasciare vuoti al contenuto, lo studio, nelle opere di Franzella, diventa come un’altra delle materie che si aggiunge agli affreschi digitali e alle sue sculture in ceramica, come nel caso delle opere Atena e Venere e Amorini dove è l’immagine bidimensionale a prendere il sopravvento e a determinare il soggetto, pur mostrando alle proprie spalle la vera materia scultorea.
“Mitologema” apre una discussione basata certamente sulla storia, ma che non intende fermarsi alle datazioni, bensì continuare ad esistere in modo fluido e dinamico per parlare, quasi a ruota libera, dei diversi attuali focus, arricchita da opere che non tardano a ricordare che tutto è mito.
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