È l’edificio che si adatta a questa mostra o è la mostra stessa che ha conquistato i tre piani del complesso? Le opere di Giuliano Dal Molin (Schio, 1960), in mostra fino al 16 marzo 2024 nella sede milanese della galleria Lia Rumma, riflettono una necessità di indagare profondamente sulle forme, stabilendo una solida connessione sia tra loro che con il contesto, rafforzandosi reciprocamente. Così prende vita la sua seconda personale realizzata da Lia Rumma (la prima fu nel 2016 a Napoli).
L’artista, che dalla metà degli anni Ottanta esplora e stressa i limiti dei colori e delle forme, si interroga sulla dualità tra la piattezza della pittura e la complessità tridimensionale della scultura. In Fregio, 2018, esposto al primo piano della galleria, si assiste a un gioco di piani e colori. Ogni rettangolo si rivela una composizione multidimensionale cambiando l’angolo di osservazione, rivelando la complessità dietro l’apparente semplicità. In questo caso, ciò che viene percepito come un “tutto” non lo è necessariamente; è una questione di prospettiva. Oltre alla loro disposizione spaziale, l’uso di colori diversi in ogni figura crea una struttura a motivi, mentre la risonanza di ogni tonalità genera un ritmo che viene interrotto dalla presenza di colori più intensi. «Mentre i primi due piani sono un viaggio visivo veloce con stimoli visivi estremamente forti, l’ultimo piano richiede un tempo e un’attenzione molto diversi per percepire le minime variazioni delle superfici», afferma Dal Molin. Al primo piano, l’assenza di colore nella produzione dell’artista è compensata dalla prominenza di forme curve concave e convesse. Di conseguenza, l’inevitabile gioco di luci e ombre, derivato dalla presenza e dall’assenza di luce, assume un ruolo di primo piano nella stanza.
Nella sua ricerca, l’esecuzione diretta e manuale contribuisce sempre al progetto finale, diventando così parte essenziale di ogni opera d’arte. Date le dimensioni delle opere presenti in questa mostra, l’artista chiarisce che la pianificazione e l’organizzazione preventiva sono essenziali per poterle schematizzare all’interno degli spazi, ma aggiunge che le creazioni artistiche sono il risultato dell’esplorazione e della sperimentazione all’interno del processo creativo. «L’idea progettuale – spiega l’artista – ruota attorno ad alcuni concetti ricorrenti che hanno sempre caratterizzato la mia ricerca e il mio
lavoro: forma, colore, luce, spazio, essenzialità e rigore. Le opere sono tutte ideate appositamente per gli ambienti della galleria e influenzate dalla luce che naturalmente entra negli spazi, le modifica nel corso della giornata e permette di svilupparne un racconto».
Le opere tridimensionali nascono da uno studio approfondito della storia della pittura, dove l’artista trova ispirazione nell’arte antica medievale. Questo legame con il passato dimostra che passato e presente non sono concetti antitetici; anzi, la rivisitazione del passato può fornire strumenti preziosi per la creazione contemporanea. Per quanto riguarda la scelta dei colori, essi possono nascere da un approccio sperimentale, ma a volte l’autore li usa come mezzo per esprimere emozioni. È la vibrazione del colore a suggerire soluzioni nelle sue opere, incanalando così le percezioni provate dall’artista durante la realizzazione. «Se nei primi due piani vi è un viaggio visuale dai ritmi sostenuti e con una sollecitazione visiva molto elevata, all’ultimo piano sono necessari un tempo e un’attenzione diversi per percepire le minime variazioni di superfici». In conclusione, la creazione dell’artista apporta una nuova vitalità cromatica agli spazi minimalisti della galleria Lia Rumma di Milano, conferendo loro volume attraverso un ritmo e una struttura che aggiungono dimensione alle pareti interne.
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