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C’è un comune sentimento di angoscia in chi ha la necessità di urlare alle orecchie e – visivamente – agli occhi degli altri ciò che in qualche modo lo logora dentro, fino a generargli una sensazione di nausea asfissiante. È una questione di urgenza, di necessità, di qualcosa che porta con sé il pensiero costante del “non c’è più tempo”. E l’arte – tra cui la poesia a mio avviso – ha sempre provato a far fronte alle urgenze più soffocanti.
La mostra di Mario Consiglio (classe 1968) dal titolo BANDIERENERE, curata da Adalberto Abbate e accompagnata da un testo di Luisa Montaperto, visitabile fino al 15 settembre 2024 presso Spazio Rivoluzione a Palermo, è esattamente la dimostrazione visivo-simbolica di un’urgenza comunicativa, di un urlo d’angoscia in grado di graffiare le pareti dello stomaco di chiunque.
Le frasi incisive del poeta Davide Banda vengono recuperate da Mario Consiglio e trasformate in slogan anarchici che, come per strada, trovano come spazio immediato di affermazione soltanto i muri. Nere, veloci e deformi, le grandi scritte dell’artista scolano in loro stesse fino a produrre delle complessive pitture astratte, dentro le quali si tenta di scrutare qualcosa. Tra le pieghe e le forme assunte da ogni parola, risiedono le tossicità del nostro contemporaneo, frutti malati di un passato dal quale non si è stati disposti ad apprendere.
Nella semplicità dell’allestimento seriale e accerchiante della mostra, si finisce per cadere inevitabilmente in un doloroso agguato alla coscienza, composto da tutti i volti di qualsiasi forma di violenza al mondo, da quella esercitata dalla polizia (non solo americana, come ci tiene a precisare nel suo testo Montaperto) a quella che tristemente colpisce da qualsiasi altezza, ancora oggi, durante le guerre.
Paradigmantiche in merito sono le opere Please cop don’t kill my son on a sunny day – tramite la quale è possibile accedere emotivamente ad un paradossale tipo di rassegnazione e accettazione da parte di una madre nei confronti dell’uccisione del figlio, fino al punto da pregare il poliziotto di concedergli un ultimo giorno di sole di cui godere e di accompagnare la sua morte quantomeno con la tristezza della pioggia – e Le mie certezze non sono pacifiche – una dichiarata perdita di fiducia nei confronti di un futuro violento, caratterizzato dall’incessante diminuzione di speranza collettiva e privo di prospettive progettuali per una crescita comunitaria.
BANDIERENERE mette in mostra la totale forza espressiva di Mario Consiglio, intrisa della cultura underground, diventando il palco contemporaneo su cui riflettere sul presente e dal quale urlare l’angoscia prodotta da un passato buio e da un futuro che non accenna a schiarirsi.