Una vera scoperta Pavarolo, ridente e verdeggiante comune risalente al XII secolo e incastonato sul versante sud delle Colline del Po (rilievi di modesta altezza che costeggiano la riva destra del fiume a est di Torino), che si raggiunge in poco tempo dopo avere scollinato Superga (uno dei colli più alti su cui si trova l’omonima e celebre Basilica), compiendo un viaggio a ritroso nel tempo attraverso strade che si fanno sempre più strette e un’urbanistica che riporta parecchi lustri addietro, malgrado la presenza di eleganti e discrete villette ben integrate nel paesaggio.
A questo tranquillo e rilassante luogo è legato da un forte attaccamento (ereditato anche dalle generazioni successive) Felice Casorati (Novara, 1883-Torino, 1963), pittore, incisore, designer e scenografo il quale, dopo la scomparsa del padre, si trasferì nel 1917 a Torino, dove diventò figura di spicco tra gli intellettuali aprendo, tra l’altro, la “Scuola di Casorati” per formare giovani artisti e si sposò con la pittrice inglese Daphne Maugham (Londra, 1897-Torino, 1982), discendente da una progenie di artisti e sua allieva dal 1926.
Non meraviglia, come narrano le cronache familiari, che nel 1931 durante una gita fuori porta anche per delibare le prelibatezze del Ristorante dell’Allegria da Maria (che ancora oggi coniuga piatti appetitosi con un’aria un po’ rétro) di cui era ghiotto, abbia esaudito ipso facto il desiderio espresso da Daphne di possedere una casa prospiciente il Ristorante. Felice la comprò e la ammodernò facendola divenire residenza estiva della famiglia e rifugio negli anni della guerra per sfuggire ai bombardamenti. Un’amatissima oasi di pace, fonte di serenità e sicurezza, tanto che il loro figlio Francesco (Torino, 1934-2013), anch’egli pittore, vi trascorse parte dell’infanzia e della prima adolescenza, tornando nel 1945 a Torino pregno di quella natura in cui era cresciuto e che, rivisitata, farà parte della sua poetica che risentirà anche di un altro luogo di ispirazione, Cervo (IM), dove per anni si recò con la moglie Paola e le tre figlie.
Per perfezionare la godibilità del luogo e avere uno studio spazioso e luminoso Felice se ne fece costruire uno poco sotto al giardino, collegato con un’apposita scala e soprattutto con una vista straordinaria sulla piccola valle: un faro su un mare di verde e azzurro, ai tempi con le colline ordinatamente coltivate (presenti in molte opere dell’artista) e punteggiato di animali al pascolo, ieri come oggi. Scomparso l’artista, lo studio fu utilizzato dalla moglie Daphne, per poi divenire abitazione di amici di Francesco, che aveva in animo da tempo di trasformarlo in uno spazio per eventi culturali di alta qualità fruibili dal pubblico e, poco prima della sua scomparsa, ne parlò al sindaco dell’epoca.
Nell’ottobre 2016, dopo importanti interventi di riqualificazione strutturale da parte del Comune di Pavarolo e in virtù di un contributo della Compagnia di San Paolo e della collaborazione con l’Archivio Casorati di Torino, lo Studio Museo Felice Casorati (via del Rubino, 9) è stato inaugurato con una mostra dedicata alle litografie di Felice Casorati e ogni anno ospita artisti in dialogo con la sua arte.
Non si può arrivare in questo luogo senza avere presente tutto questo ricco passato che ancora spira sia in questo spazio sia nella casa, anche se sono evidenti i segni delle vite dei discendenti che sembrano avere ereditato, chi più chi meno, un po’ di scintilla artistica.
Ed eccoci al 2023, in cui grazie al rinnovo della collaborazione (nata nel 2022) tra Comune di Pavarolo, Archivio Casorati, Collezione Giuseppe Iannaccone e Galleria d’arte Ciaccia Levi di Parigi-Milano, presso lo Studio Museo Felice Casorati è nata la mostra Estetica dei visionari (fino al 12 novembre 2023, ingresso gratuito) a corollario della quale Emporium Project presenta presso Casa Casorati (via Maestra, 31) Visionaria, opere video di giovani artisti selezionati dalla Galleria Ciaccia Levi.
Il titolo Estetica dei visionari si ispira al saggio Esthétique des visionnaires (1926) di Henri Focillon, uno dei più grandi storici dell’arte del Novecento, che analizzando l’opera di Piranesi «Genio fantastico e allucinato» la rapporta a quella di altri grandi pittori che include nella categoria estetica dei «Visionari…I visionari formano un ordine a parte, singolare, confuso, in cui prendono posto artisti di talento molto diverso e forse anche d’ingegno ineguale. Talvolta fanno apparire quanto di più ardito e libero caratterizza la genialità creatrice, una forza profetica tutta concentrata sui domini più misteriosi dell’umana fantasia, gli effetti infine di un’ottica speciale che altera profondamente la luce, le proporzioni e persino la densità del mondo sensibile. Li si direbbe a disagio nei limiti dello spazio e del tempo. Interpretano più che imitare, e trasfigurano più che interpretare…rappresentano una famiglia intellettuale…».
Se la serenità di Pavarolo e dello Studio ha preso per mano il Maestro sollevandolo da ansie, dubbi e preoccupazioni, bisogna anche evidenziare il fatto che fino a tutto il secolo XIX la nostra società proponeva valori e certezze pur con tragiche limitazioni nelle libertà personali, mentre guerre e corse verso una libertà mal concepita hanno distrutto certezze e serenità in una continua ricerca affannosa culminata nel trionfo nell’unico Dio odierno: il denaro come fonte di potere. Ecco allora che la visionarietà che connota questa mostra e in genere la maggior parte delle manifestazioni culturali odierne si traduce spesso in rappresentazioni i cui attori sono il male in tutte le sue sfaccettature, il dolore, la sofferenza e l’impossibilità di annullare incubi, catastrofi e quanto di deteriore può esprimere l’animo.
Sembra quasi che ciascuno di questi artisti sia qua per bere un po’ della quiete che aleggia nello studio. Tuttavia cos’altro se non sofferenze, speranze, angosce e attesa… avrebbe potuto esprimere con grande passione e attraverso colori forti e cupi e simboli biblici e danteschi Scipione (Macerata, 1904-Arco, 1933), pseudonimo di Gino Bonichi, pittore, disegnatore, scrittore e poeta di grande sensibilità come si evince in Profeta in vista di Gerusalemme e in Autoritratto dove si colgono aneliti appassionati e dolenti nei confronti della vita che sente sfuggire.
E poste in dialogo con le due opere di Scipione sono altre nove tra cui S (2000) di Margherita Manzelli (Ravenna, 1968), artista la quale, dopo gli studi nella città natale, vive e lavora a Milano prediligendo figure femminili e longilinee e adolescenti seminude che, dopo un primo impatto in cui le forme paiono regolari, rivelano grande capacità pittorica malgrado la voluta sproporzione fisica. Molteplici i piani di lettura dello sguardo venato di melanconia e forse di sfida a leggerla oltre la sua vulnerabilità.
Inquietante e ambigua Chess game versus Matthew Barney (2022) di Alessandro Fogo (Thiene/VI) che vive e lavora a S. Benedetto del Tronto/AP che dopo approfonditi studi racconta tra simbolismo e misticismo la complessità dell’esistenza attraverso la metafora dell’enigmatico gioco degli scacchi, mentre finalmente serena è Untitled (2022), splendida sanguigna su un foglio di block notes sopra cui con pochissimi tratti è abbozzato un viso giovanile dall’espressione intensa, di David Horváth (Baia mare/Romania, 1998), che vive e lavora nella sua città natale; in Self-portrait in heaven (2022), altra sua opera presente, le pennellate di stampo impressionista e divisionista conferiscono all’autoritratto un senso di atemporalità in cui sono contenute tutte le sue esperienze e consapevolezze.
L’empatica lettura dei dipinti e dei video – che costituiscono un unicum di questa proposta da non perdere – è molto soggettiva per cui si affida la loro interpretazione alla sensibilità di chi riuscirà a recarsi a Pavarolo con la certezza che ciascuno ne uscirà con un indimenticabile scrigno di ricordi e di nuove conoscenze.
Opere di Amber Andrews, Charles Avery, Srijon Chowhdury,Alessandro Fogo, David Horváth, Margherita Manzelli,Wangechi Mutu, Scipione. La mostra sarà visitabile fino al 12 novembre 2023.
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