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Lihi Turjeman a Quartz Studio, Torino. Intervista
Mostre
di Silvia Conta
A Torino Quartz Studio presenta la prima personale in Italia di Lihi Turjeman (Tel-Aviv, Israele, 1985), “Unearth”, a cura di Noam Segal.
«Con una nuova serie di dipinti, incentrata sui legami tra cultura antica e cultura contemporanea, l’artista a Torino reimmagina il nostro rapporto con gli attuali concetti di tempo, archeologia, restauro e manufatti storici. Per la mostra site-specific da Quartz Studio, Turjeman crea un dipinto-installazione caratterizzato dall’anelito di passato che testimonia un atteggiamento critico nei confronti della cultura del presente», ha spiegato Quartz Studio.
Negli ultimi dieci anni – ha ricordato l’organizzazione – Turjeman ha esposto in diverse istituzioni fra cui The Israel Museum di Gerusalemme, Tel-Aviv Museum of Art, Center for Contemporary Art Tel-Aviv, Petach Tikva Museum of Art, Haifa Museum of Art. Le sue opere si possono trovare in collezioni pubbliche e private d’Israele, d’Europa e degli Stati Uniti.
La mostra resterà aperta fino al 17 aprile 2021, su appuntamento.
Intervista a Francesca Referza, Direttrice di Quartz Studio, e a Lihi Turjeman
In che modo questa mostra s’inserisce nel programma di Quartz Studio?
«La personale di Lihi Turjeman, a cura di Noam Segal, aperta il 10 febbraio, rientra perfettamente nel programma a vocazione internazionale di Quartz Studio. Nello specifico – precisa la Direttrice Francesca Referza – mi interessava la riflessione, in chiave politico-culturale, sul tema dell’archeologia del Medio Oriente, tematica presente anche nella coinvolgente mostra di Michael Rakowitz, ospitata dal Castello di Rivoli nel 2019. Nell’interpretazione della Turjeman, a mio avviso, il tema archeologico resta sospeso ed aperto, nonostante l’artista si riferisca specificatamente alla sua terra d’origine, la Cananea, nome biblico usato per indicare i territori di Israele e Palestina.
Le riflessioni innescate dalla Turjeman, condensate nell’immagine moltiplicata del vaso di terracotta, si prestano a una molteplicità di letture: antropologica e sociale, ma anche velatamente femminista. Questa compresenza di semplicità e complessità è alla base di molte mostre prodotte da Quartz Studio».
Quali opere sono esposte? Che percorso creano nello spazio espositivo?
«Per la personale da Quartz Studio Turjeman ha realizzato una installazione pittorica caratterizzata dall’anelito del passato, che testimonia un atteggiamento critico nei confronti della cultura del presente. Protagonista della mostra è l’anfora di terracotta, un oggetto presente sin dagli albori della civiltà. Le anfore sono strumenti, contenitori che dovrebbero avere una funzione ben precisa, ma al tempo stesso sono vettori di mitologia e, in questo caso, fittizi.
Earthen Pots (2020) e Holding Pattern (2020) contengono un accumulo di anfore di terracotta vuote, su uno sfondo nero. Alcune sono più evidenti e spiccano in maniera netta, altre sono scure, offuscate o appena abbozzate. Grazie alla disposizione, evocativa di una coreografia di corpi umani, le anfore alludono alla possibilità di uno sguardo altro.
Idol (2020), il dipinto centrale della mostra, trae ispirazione da una statuetta “pensierosa” di 4mila anni fa (l’età del bronzo) posta su un recipiente di terracotta riesumato in Israele/Palestina. La scultura asessuata, ritratta nell’insolito atteggiamento pensoso, è stata rinvenuta nella tomba di un guerriero cananeo. Storicamente i guerrieri venivano sepolti con statuette che fungevano da guide spirituali per l’aldilà e con altri oggetti di terracotta, ad esempio armi e ossa di animali. Turjeman ha realizzato un ingrandimento di quella statuetta che, con gli occhi spalancati e vuoti, tenta di svelare un momento presente mai (ri)visitato prima.
Le tele nere sono l’elemento dominante del progetto espositivo: la superficie nera è l’unico riferimento spaziale, però lo è sotto forma di negazione, presente anche nel titolo “Unearth”. Si tratta della negazione del luogo, della natura o della materia? A interessarmi – dichiara l’artista – non è la presenza materiale dell’oggetto nel mondo, ma ciò che contiene e non tanto il contenuto materiale quanto quello astratto, il campo nero.
Il colore della superficie crea spazi all’interno dell’oggetto, spazi che a loro volta creano profondità e rimandano a ciò che “si trova nell’oggetto”, proprio come le cose si nascondono nelle parole. Per me l’archeologia non si occupa di oggetti antichi e inanimati, ma si muove nello spazio e spunta/appare sotto forma di contenitore. Esiste nell’anfora o nella sua “immagine”, un movimento che viene astratto dalla materialità. È così che uso l’archeologia, per discostarmene cercando un sapere nascosto, toccando i luoghi del nostro presente di cui non riusciamo a fare esperienza o a cogliere il senso».
Una domanda alla curatrice: puoi riassumere i fondamenti della ricerca di Lihi Turjeman?
Noam Segal: «Spinta da motivazioni personali, che spesso rispecchiano quelle dell’intera umanità, Lihi Turjeman crea a partire da un luogo specifico, sia esso culturale, storico, geografico o mitologico. E inventa la sua tecnica lavorando con materiali e pigmenti vari, intonaco e “chimica”. Ogni serie ruota attorno a uno spazio fisico e immaginato, con tutte le sue forme e i suoi significati. Turjeman reimmagina i limiti della rappresentazione inserendo sempre narrazioni complesse nelle pieghe dei suoi dipinti.
L’attrazione per il passato è un elemento chiave per comprendere le sue opere. Uno dei progetti più importanti è stato il soggiorno di quattro anni in una vecchia casa di Tel-Aviv, in Brenner Street, destinata alla demolizione. Distillando l’essenza di quanto sarebbe venuto dopo, le opere create in quel periodo intenso sono diventate una pietra miliare del suo lavoro. Grattando, staccando e trattando il vecchio intonaco, più volte sovrapposto, è affiorata una storia locale che fondeva Turjeman alla casa stessa e ai suoi strati.
La storia di una vecchia abitazione di Tel-Aviv ben si adattava alle sue circostanze: era come se l’artista avesse scavato nel suo passato recente, negli anni della vita familiare che le chiedevano di continuare a esplorare, anche solo in senso speculativo, gli strati umani e culturali per scoprire l’affascinante legame fra un individuo e un luogo. Dal modo in cui dipinge, occupa territori tramite le tele, copre pavimenti e pareti degli spazi espositivi da cui scaturisce un rimando politico alla terra. Turjeman opera con i confini, fisici, personali o universali. Instaurare un rapporto con il territorio è, inevitabilmente, un gesto politico».
Dove saranno allestite le prossime mostre di Lihi Turjeman?
«Le prossime mostre di Lihi Turjeman saranno una collettiva presso Studi0, una galleria gestita da artisti a St Moritz, in Svizzera, ed una personale presso la galleria Ncontemporary di Milano. La personale a Milano sarà un’occasione per presentare una selezione di lavori recenti in cui risulterà centrale il processo realizzativo e la ricerca tecnica».
Quali saranno i prossimi progetti e le prossime mostre di Quartz Studio?
«Il prossimo artista ospitato da Quartz sarà Gernot Wieland (Horn, Austria, 1968) con un progetto a cura di Zasha Colah. Il lavoro di Wieland si sviluppa in modo narrativo e visivo tra i temi della psiche e quelli della memoria, ricorrendo ai registri del grottesco e dell’ironico in modo originale».