La mostra Stanisław Fijałkowski, curata da Alberto Zanchetta, riporta i lavori dell’artista in Italia dopo la partecipazione alla XXXVI Biennale d’Arte di Venezia nel 1972. Il pubblico può vedere da vicino una selezione di 27 opere che ben riassumono l’evoluzione pittorica di Fijałkowski (1922-2020). Un percorso in cui è evidente la predilezione dell’artista sia per il linguaggio astratto sia di un forte valore emotivo all’uso del colore.
Un tratto in particolare caratterizza tutte le opere, le ampie campiture che spaziano dai colori delicati dei primi anni alle sfumature più cupe dell’ultimo periodo, e che spesso fanno da sfondo a segni grafici e forme riconducibili a elementi geometrici.
Nel corso degli anni Sessanta si vedono i primi cambiamenti nello stile dell’artista, la matericità e l’esuberanza cromatica si attenuano e lasciano posto a una pittura pura. Sulle tele appaiono forme circolari, coni, nastri oppure linee che dagli anni Settanta evolveranno nelle famose Autostrade, che tendono verso l’alto, tracciando un percorso di elevazione. La pittura è un mezzo molto potente per l’artista, capace di liberarlo da ogni catena che lo vincola al mondo esteriore. Un passaggio nascosto verso la comunicazione con il divino.
Un’ascesa, quella alla libertà, predetta da Fijałkowski, strettamente legata all’interiorità e alla vita spirituale.«In un mondo moderno sempre più privo di sacralità, la rinuncia al materialismo diventa una fonte di speranza e salvezza.» Come sosteneva il pittore russo Wassily Kandinsky, il colore e l’astrazione offrono un accesso privilegiato all’anima, permettendo di risvegliarla e farla vibrare. Le opere di Fijałkowski,sono certo distanti dall’idea di arte tradizionale, ma lo sono allo stesso modo dalla sola categoria dell’astrazione. «L’artista s’immergeva completamente nel processo pittorico, usandolo come mezzo per estraniarsi dal tempo e dallo spazio, cercando di superare i limiti della bidimensionalità e circoscrivendo il quadro come un rito fondativo, preservando i propri segreti.»
Come scrive il curatore Alberto Zanchetta:«La principale preoccupazione dell’artista non consisteva nel creare qualcosa di nuovo ma di autentico. Privando l’arte di orpelli narcisistici e di elucubrazioni intellettuali, Fijałkowski si immedesimava nel proprio medium espressivo: la pittura fluiva spontaneamente, guidata da un rapimento estatico.»
Dai dipinti giovanili influenzati dal post-cubismo e dai Fauves, alle opere mature che esplorano la pura pittura e l’ascesa spirituale dell’individuo, il percorso artistico di Fijałkowski si manifesta in tutta la sua maturità: attraverso la riduzione ai minimi termini di segni e colori, l’artista enfatizza l’intensità emotiva delle sue opere. Ogni quadro è un’entità singolare e rappresenta l’espressione autentica di un’avventura legata a un’intensa e irripetibile condizione mentale-emotiva.
La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue, italiano e inglese, che contiene il testo del curatore Alberto Zanchetta, la biografia aggiornata dell’autore oltre ad alcune foto storiche, le installation view delle sale della galleria oltre alla riproduzione fotografica di tutte le opere esposte.
La mostra è stata realizzata col patrocinio del Consolato Generale della Repubblica di Polonia in Milano.
Stanisław Fijałkowski (Zdołbunów 1922 – Łódź 2020) è stato allievo di Władysław Strzemiński e Stefan Wegner all’Accademia delle Arti di Łódź, in Polonia, dove diventerà a sua volta professore. Tra gli artisti polacchi più riconosciuti, le sue opere fanno parte delle maggiori collezioni di musei e gallerie del mondo, tra cui la Tate di Londra, il Museum of Modern Art di New York e il Pushkin Museum di Mosca.
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